Il "Gioco del rispetto" che fa tanto discutere

Crea confusione sull'identità sessuale o aiuta davvero i minori a superare gli stereotipi?
(foto Maffi)
Romina Borla
23.03.2015 06:00

È uno scandalo, gridano alcuni: «giochi ambigui» nelle scuole dell'infanzia, «attività hot» – con travestimenti, toccamenti e discussioni sui genitali – che creano confusione rispetto all'identità sessuale dei più piccoli e «minano la cellula fondamentale della società ovvero la famiglia». Altri, invece, difendono quelle che considerano attività ideate da professionisti per contrastare gli stereotipi, favorendo il rispetto tra i generi e le pari opportunità. Di cosa stiamo parlando? Del «Gioco del rispetto», un progetto nato nel 2013 in Friuli Venezia Giulia, che il Comune di Trieste intende portare in 45 scuole dell'infanzia e che sta incuriosendo istituti di diverse città d'Italia. E, più in generale, di una tendenza in atto un po' ovunque in Europa – e anche in Svizzera – a ragionare in modo diverso sul tema dei ruoli maschile e femminile.

Ma torniamo al «Gioco del rispetto». Si tratta di un kit didattico che mira, si legge sull'opuscolo informativo, «a verificare le conoscenze e le credenze di bambini e bambine su cosa significa essere maschi o femmine, a rilevare la presenza di stereotipi di genere e ad attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri, offrendo ai piccoli anche un punto di vista alternativo rispetto a quello tradizionale» (www.giocodelrispetto.org). In pratica, il kit comprende: la storia illustrata di «Red & Blue», un bambino e una bambina che affrontano con coraggio difficili prove. Un «memory» delle professioni, dove le carte non sono perfettamente uguali: quello che cambia è il genere. «Così facendo – si legge nel manuale a disposizione degli insegnanti – possiamo suggerire e legittimare che è uguale e indifferente se a fare il /la idraulico/a sia una donna o un uomo, così come l'insegnante di asilo nido oppure se ad essere impegnati in attività domestiche (lavare il pavimento, stirare, ecc.) siano la mamma o il papà». Il «Gioco del rispetto» prevede anche altre attività. Come «Osservo e gioco... al contrario» dove si incoraggiano i bambini a sperimentare giochi diversi da quelli che scelgono abitualmente, in un continuo scambio di ruoli. Così i maschi si possono ritrovare nell'area cucina o nella casetta con una bambola in mano, mentre le femmine costruiscono palazzi nel deserto o combattono contro draghi e animali feroci. «Se io fossi te», invece, «serve a scoprire le differenze e le similitudini tra maschi e femmine». I piccoli sono invitati ad osservarsi allo specchio, a raccontare quello che vedono, infine si fanno un ritratto. Il docente – si spiega – li spinge a soffermarsi sugli eventuali stereotipi. Ad esempio: anche le bambine hanno i capelli corti? I maschietti li possono portare lunghi? Un'altra attività – che ha non poco scaldato gli animi – prevede che l'insegnante, dopo un po' di attività fisica, faccia notare: «Le percezioni e le sensazioni provate da bambine e bambini sono uguali, nonostante le differenze fisiche». Le ideatrici del progetto rilevano quanto sia importante «confermare loro che maschi e femmine sono diversi in questo aspetto, e nominare senza timore i genitali maschili e femminili» e spiegare che «tali differenze non condizionano il loro modo di sentire, provare emozioni, comportarsi con altri».

Esplorazioni corporee«Per rinforzare questa sensazione i/le bambini/e possono esplorare i corpi dei loro compagni, ascoltare il battito del cuore a vicenda o il respiro». In «Se io fossi» i piccoli si travestono da principessa, strega, re, poliziotto, ecc. «I/le bambini/e– è spiegato sulla scheda informativa – potranno indossare dei vestiti diversi dal loro genere di appartenenza e giocare così abbigliati». Un'altra attività prevede che anche la docente si travesta e mimi delle professioni chiedendo ai bambini di indovinarle: la meccanica, la medica, l'infermiera, ecc. Segue una discussione sui mestieri che si reputano «da uomo» e quelli che si considerano «da donna». Infine, in «Le mamme e i papà» si invitano i bimbi a raccontare quali sono le attività abituali svolte da mamma e papà a casa: chi lava i piatti, stende i panni, cucina, stira, ecc.?

In Ticino non esistono in ambito formativo progetti con lo scopo di decostruire gli stereotipi di genere e promuovere le pari opportunità, almeno per quanto riguarda la scuola dell'infanzia. Ma in Svizzera qualcosa si sta muovendo. Nel 2006, ad esempio, è stato lanciato «La scuola dell'uguaglianza», un progetto di sensibilizzazione promosso dagli Uffici dell'uguaglianza e dei Dipartimenti dell'educazione pubblica della Svizzera romanda (www.egalite.ch).

L'iniziativa mette a disposizione del materiale «stimolante ma facoltativo» per allievi dai 4 ai 16 anni (attività per gli alunni e linee guida per i docenti) con lo scopo di educarli all'uguaglianza e favorire la parità tra uomini e donne.

A questo punto si pone un quesito: quelle appena descritte sono attività educative o giochi pericolosi? Lo abbiamo chiesto a Pepita Vera Conforti, presidente della Commissione consultiva pari opportunità tra i sessi del Canton Ticino e alla consigliera nazionale ticinese Roberta Pantani.