Iran

Il Medio Oriente attende la decisione di Donald Trump

Dopo aver spostato i bombardieri nel Golfo, gli Stati Uniti potrebbero entrare in guerra a fianco di Israele – La decisione dovrebbe arrivare nelle prossime 24-48 ore, anche se la Casa Bianca parla di 2 settimane
©Leo Correa
Francesco Pellegrinelli
19.06.2025 21:00

«Donald Trump deciderà se attaccare o meno l’Iran nelle prossime due settimane». Lo ha dichiarato queta sera la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, smentendo le indiscrezioni che davano un attacco degli Stati Uniti imminente, nelle prossime 24-48 ore. Il commander-in-chief avrebbe per il momento rinviato la decisione di dare il via libera ad un intervento militare, riservandosi di prendere una decisione nel giro di 15 giorni, nella convinzione che la via diplomatica sia non solo ancora percorribile ma anche l’unica per evitare di trascinare l’America nell’ennesimo conflitto dagli esiti incerti.

La decisione è stata comunicata dopo che l’agenzia Bloomberg, questa mattina, ha pubblicato le indiscrezioni di un possibile attacco contro l’Iran, già nel fine settimana. Evidentemente, dopo un’attenta valutazione assieme ai membri più importanti del suo Governo, i vertici dell’intelligence e quelli militari, Trump ha deciso di dare un’altra chance al negoziato. Per il presidente la possibilità di un accordo con Teheran è «ancora sostanziale», ha sottolineato la portavoce.

Tra le varie incognite che incombono, quello su cui il presidente vuole avere la certezza, prima di prendere una decisione è che un intervento militare raggiunga l’obiettivo di distruggere l’impianto nucleare iraniano di Fordow senza trascinare gli Stati Uniti in una guerra prolungata in Medio Oriente. Secondo gli esperti, una sola super bomba non basterebbe, e questo è quello che preoccupa di più Trump.

Prima che il presidente facesse una parziale marcia indietro rispetto ai giorni scorsi e tendesse la mano per tornare al tavolo delle trattative, Teheran aveva alzato il livello dello scontro minacciando la chiusura dello Stretto di Hormuz in caso di un’escalation della guerra. «La possibile chiusura dello Stretto è una delle opzioni attualmente sul tavolo», aveva dichiarato in giornata un membro del Parlamento iraniano. Il blocco della striscia d’acqua avrebbe conseguenze devastanti in tutto il mondo. Alla sola minaccia di chiusura, infatti, il gas naturale sulla piazza Tft di Amsterdam ha superato i 41 dollari, mentre il Petrolio si è avvicinato a 78 dollari.

«La linea rossa superata»

Intanto il settimo giorno di guerra è stato segnato da una nuova grave escalation con l’attacco da parte dell’esercito iraniano di un ospedale a Bèer Sheva, nel sud di Israele. L'offensiva, condotta con una trentina di missili, ha colpito anche altre aree del Paese, tra cui la zona metropolitana di Tel Aviv e Gerusalemme. Il bilancio provvisorio è di oltre 270 feriti, di cui almeno quattro in condizioni gravi. La reazione del Governo israeliano non si è fatta attendere. Il ministro della Sanità ha accusato Teheran di aver «superato la linea rossa». Il ministro della Difesa, Israel Katz, ha minacciato di morte la guida suprema iraniana, Ali Khamenei, definendolo un dittatore che «non può continuare a esistere», aggiungendo poi che «la sua eliminazione è uno degli obiettivi dell’operazione». Intanto, sul fronte militare, la risposta israeliana si è concentrata sul reattore nucleare iraniano di Arak. La notizia dell’attacco è stata confermata anche dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA). L'ente ha precisato che l’impianto era ancora «in costruzione», quindi «non funzionava e non conteneva materiale nucleare», escludendo così rischi di radiazioni.

Sempre oggi hanno fatto parecchio discutere le dichiarazioni del direttore generale dell’AIEA, Rafael Grossi, il quale ha precisato che «non risulta che ci sia stato alcuno sforzo sistematico da parte dell’Iran di avere la bomba».

Diplomazia e avvertimenti

Diversi leader internazionali sono intervenuti, sottolineando l’urgenza di trovare una soluzione negoziale al conflitto. Oltre a chiedere accordi condivisi, non sono mancati anche gli avvertimenti, come quello di Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, riguardo a un possibile coinvolgimento militare USA nella guerra: «Vorremmo mettere in guardia Washington dall’intervento militare in questa situazione, che sarebbe un passo estremamente pericoloso con conseguenze negative davvero imprevedibili». I presidenti di Russia e Cina, Vladimir Putin e Xi Jinping, hanno condannato con forza gli attacchi di Israele all’Iran, dicendo che violano la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale. Entrambi hanno ribadito che il cessate il fuoco è «l’assoluta priorità» del conflitto tra Israele e Iran. Il presidente cinese Xi Jinping, nel colloquio telefonico con l’omologo russo, ha affermato che «l’uso della forza non è il modo giusto per risolvere i contenziosi internazionali» e che «la risoluzione delle questioni relative al programma nucleare iraniano non può essere raggiunta con la forza». Il presidente cinese ha quindi lanciato un appello affinché la comunità internazionale, in particolare le grandi potenze che esercitano un’influenza sulle parti in conflitto, «dovrebbe impegnarsi per promuovere un raffreddamento della situazione, anziché il contrario». Qualsiasi ulteriore intervento militare «potrebbe avere conseguenze drammatiche, non solo per le parti interessate, ma per l’intera regione», ha avvertito dal canto suo il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.

Domani a Ginevra

Proprio domani, a Ginevra, i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Gran Bretagna incontreranno l’omologo iraniano Abbas Araghchi per i colloqui sul programma nucleare di Teheran. L’incontro, che sarebbe il primo tentativo di riaprire concreti negoziati tra Iran e Occidente dall’inizio della guerra con Israele, è organizzato in coordinamento con l’UE – a Ginevra sarà infatti presente anche l’Alta rappresentante Kaja Kallas – ma anche con gli stessi USA, ha tenuto a precisare la fonte di Reuters che ha anticipato l’indiscrezione. L’obiettivo dell’incontro sarebbe di ottenere dall’Iran «ferme garanzie» sul fatto che il suo programma nucleare sarà utilizzato soltanto per scopi civili.