Cina

Il «mondo nuovo» di Xi Jinping che azzera i valori dell’Occidente

L’annuale riunione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai sancisce la strategia del leader di Pechino - Il gigante d’Oriente è ormai il fulcro di un gruppo eterogeneo ma molto consistente di Paesi determinati a opporsi alle politiche statunitensi, soprattutto a quelle economiche-commerciali
Il leader cinese Xi Jinping tenta di costruire nuove alleanze sfruttando le politiche protezionistiche e daziarie del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. ©XINHUA / LI GANG
Dario Campione
29.08.2025 22:30

Se il mondo disegnato a Yalta era finito il 9 novembre 1989, quando la storia si era incaricata di dare il primo colpo di piccone al Muro di Berlino, un nuovo mondo potrebbe nascere in questi giorni tra Pechino e Tianjin, la metropoli della Cina settentrionale - sulle rive del Mare di Bohai - dove domani e dopodomani si tiene la riunione annuale dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), organismo intergovernativo fondato nel giugno 2001 da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan e ormai allargato a 26 Paesi (tra cui Turchia, Egitto, Arabia Saudita, Qatar e Pakistan.

A Tianjin saranno chiari a tutti almeno tre elementi: il primo, che la Cina di Xi Jinping è ormai il fulcro di un gruppo (eterogeneo ma sempre più consistente) di Paesi determinati a opporsi alle politiche unilaterali di Washington in campo economico-commerciale; il secondo, che gli Stati Uniti rischiano seriamente, e per scelta propria, di rimanere isolati nel panorama internazionale. Isolati, certo, dall’allegra compagnia di tiranni radunata dal capo del Partito Comunista cinese, ma anche da nazioni un tempo alleate (l’India, per esempio); il terzo, che la spinta propulsiva del pensiero democratico-occidentale si è definitivamente arrestata, per la debolezza crescente dell’Europa e per la scelta americana di imboccare le accidentate strade del populismo neo-autoritario.

Secondo molti commentatori, nel suo discorso di apertura della sessione della SCO, Xi Jinping non risparmierà critiche al presidente americano, ma probabilmente in cuor suo lo ringrazierà per quanto fatto nei primi mesi alla Casa Bianca, per essersi cioè messo contro praticamente tutto il pianeta. «Nel mondo di oggi, vecchie mentalità di egemonismo e di politiche di potere hanno ancora influenza, con certi Paesi che cercano di imporre i loro interessi agli altri Paesi, minacciando seriamente la pace e la stabilità», ha detto il viceministro cinese degli Esteri Liu Bin presentando alla stampa la riunione di Tianjin. Difficile, ascoltando queste parole, non pensare proprio a Donald Trump.

La parata militare

L’assemblea di Tianjin sarà seguita, il 3 settembre, dalla più grande parata militare organizzata dalla Cina popolare nella sua storia. Dopo l’arte della diplomazia, Pechino mostrerà, quindi, anche i muscoli: per l’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale e della guerra sino-giapponese, il regime comunista cinese farà sfilare il suo arsenale. Un altro messaggio dal significato poco equivocabile.

Sul palco, a fianco del leader cinese, ci saranno sicuramente il presidente russo Vladimir Putin e il dittatore nordcoreano Kim Jong-Un. È annunciata la presenza anche del presidente iraniano Masoud Pezeshkian e del capo della giunta militare del Myanmar, Min Aung Hlaing, uno che raramente si muove oltre i confini del suo Paese.

Un quartetto, ha scritto la Reuters, che «gli analisti politici ed economici occidentali hanno descritto come l’Asse dello sconvolgimento», ovvero la «coalizione di Stati decisi a rimodellare l’ordine globale guidato dall’Occidente e a minare gli interessi degli Stati Uniti: sia su Taiwan, sia bloccando le rotte marittime». Un asse lungo il quale questi Paesi neutralizzano anche «le sanzioni occidentali fornendosi l’un l’altro un’àncora di salvezza economica».

«Quando era solo un leader regionale, Xi Jinping guardava a Putin e vedeva il tipo di leader da cui poteva imparare; ora è un leader globale, e sta tentando di dimostrare di essere molto forte, oltre che di essere ancora potente e ben accolto in Cina», ha detto all’agenzia di stampa britannica Alfred Muluan Wu, professore associato della Lee Kuan Yew School of Public Policy dell’Università Nazionale di Singapore.

Presenti e assenti

Gli unici capi di Stato o di Governo occidentali che parteciperanno alla parata militare di Pechino saranno Robert Fico, primo ministro della Slovacchia (Paese membro dell’Unione europea), e Aleksander Vučić, presidente della Serbia. Fico, assieme al primo ministro magiaro Viktor Orbán, si è sempre opposto alle sanzioni alla Russia per la guerra contro l’Ucraina, mentre Vučić - da mesi apertamente contestato in patria da manifestazioni cui partecipano centinaia di migliaia di persone - è tradizionalmente vicino sia a Mosca sia a Pechino, pur rimanendo impegnato nel tentativo di far aderire la Serbia all’UE.

Tra gli altri leader attesi il 3 settembre in Cina ci saranno sicuramente il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e il presidente indonesiano Prabowo Subianto. Sul palco, a fianco di Xi Jinping, potrebbero materializzarsi anche il presidente dell’Assemblea nazionale della Corea del Sud, Woo Won-shik, e l’ex primo ministro giapponese Yukio Hatoyama, stando almeno a quanto riferito nella conferenza stampa di presentazione dell’evento da Hong Lei, per anni portavoce della diplomazia di Pechino e oggi direttore generale del Dipartimento del protocollo del ministero degli Affari esteri.

«Un futuro condiviso»

L’obiettivo cinese è chiaro: sostituirsi, fin dove è possibile, agli Stati Uniti. Esercitare un’egemonia politica, economica, culturale e anche tecnologica (come suggeriscono le battaglie sullo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale). Nel segno dell’armonia e della condivisione. Niente toni ultimativi. Ma blandizie. E soldi. Tantissimi soldi. Sul Giornale del Popolo - l’organo ufficiale del Partito Comunista cinese - il viceministro degli Esteri di Pechino, Ma Zhaoxu, parlando della parata del 3 settembre ha ribadito alla stampa che «la comunità internazionale riconosce ampiamente come la visione cinese vada oltre l’egoismo e il protezionismo, superando la logica della “supremazia di un solo Paese”. La costruzione di un futuro condiviso per l’umanità, che riflette la visione originale della Cina al riguardo - ha detto - è ritenuta di grande importanza per promuovere unità, cooperazione e un futuro migliore per tutti i popoli. L'idea della “comunità dal futuro condiviso per l’umanità” rappresenta la voce della comunità internazionale e porta pace, sviluppo e speranza al mondo». Un futuro condiviso, ovviamente sotto la guida luminosa di Xi Jinping e del suo politburo.

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