La «grippe» del 1918

Il «morbo crudele» che mieteva vittime tra i giovani d’allora

Nelle vecchie pagine del Corriere del Ticino la cronaca di come il nostro Paese vide arrivare e poi affrontò la pandemia alla fine della Prima guerra mondiale - Le disattenzioni iniziali, i provvedimenti restrittivi, l’illusione del rientro estivo dell’emergenza
Fabio Pontiggia
Fabio Pontiggia
18.04.2020 06:00

L’epidemia detta spagnola di un secolo fa ebbe caratteristiche diverse dalla pandemia del coronavirus di oggi. Non solo, evidentemente, dal profilo medico, ma anche epidemiologico. Tre in particolare: a) il Ticino fu il cantone meno colpito; b) il virus fece vittime soprattutto fra i giovani; c) si diffuse grandemente e in prima battuta tra i militari. Di queste ultime due tragiche caratteristiche sono testimonianza triste e dolorosa gli annunci funebri che nelle settimane estive del 1918 e poi anche successivamente, a causa della seconda ondata epidemica, apparvero numerosi sul Corriere del Ticino di allora (che, ricordiamo, era costituito di quattro pagine fitte fitte in formato lenzuolo e veniva stampato e distribuito nel pomeriggio, riportando quindi quasi in tempo reale le notizie del mattino).

La reazione delle autorità fu giudicata anche allora tardiva. Ricordiamo le due date di riferimento: il 18 luglio 1918 il Consiglio federale approvò il decreto in base al quale i Cantoni venivano autorizzati ad adottare provvedimenti per arginare l’epidemia; il 24 luglio successivo il Consiglio di Stato ticinese varò il decreto di cui abbiamo dato conto nell’edizione di sabato scorso e che contemplava drastiche misure di contenimento e divieti molto simili a quelli che sono stati adottati nelle settimane scorse contro la COVID19. Ad aggravare l’impatto dlela spagnola sul Paese contribuirono lo stato di prostrazione della società sul finire della Prima guerra mondiale, con serie difficoltà di approvvigionamento alimentare, e la disorganizzazione del sistema sanitario militare nazionale, colto alla sprovvista dalla diffusione della «grippe» e per questo oggetto di virulente polemiche e critiche, con tanto di apertura di un’inchiesta ufficiale a Berna.

Della situazione in Svizzera, più grave, come detto, che in Ticino, diede conto un articolo di cronaca federale pubblicato nel Corriere del Ticino di venerdì 26 luglio 1918 sotto il titolo neutro La grippe spagnuola. «Nel cantone di Berna continua a infierire con violenza. Nella capitale si registrarono in cinque giorni 59 decessi. La circolazione nelle strade è notevolmente diminuita, le tramvie registrarono una diminuzione giornaliera di 10 mila persone. La direzione di polizia ed il servizio sanitario sono a disposizione permanente». L’epidemia non risparmiò i sanitari: «Disgraziatamente - si legge ancora in quell’articolo - il corpo medico ha molto sofferto per l’epidemia; in questi ultimi giorni 11 dottori sono caduti ammalati». E poi di nuovo la situazione in diverse città e cantoni: «A Thoune son segnalati 14 casi di morte. Il Dipartimento cantonale d’igiene di Basilea segnala 623 casi in due giorni. Dal 14 al 20 luglio si sono avuti 17 decessi fra la popolazione civile e 8 fra i militari. Nel cantone di Soletta dal 29 giugno al 20 luglio si sono registrati 29 decessi. A Interlaken, fra gli internati francesi, si trova il figlio dell’ex presidente dei ministri, signor Delcassé, che è stato colpito dalla grippe e la condizione del quale è molto grave. Nell’Oberland bernese in poche ore gli albergatori hanno mandato alle autorità militari 300 letti destinati ai soldati ammalati. Alla Chaux-deFonds sono segnalati 58 decessi, 17 dei quali da lunedì 22 ad oggi». Una situazione quindi molto seria.

Interessante, dal profilo medico, quanto riferito in merito a come la malattia aggrediva l’organismo umano. Sempre il 26 luglio il Corriere del Ticino riferiva i risultati delle autopsie effettuate dal prof. Lubarsch, direttore dell’Istituto bernese di farmacologia, su 14 vittime: «Si tratta soprattutto di giovani dai 16 ai 30 anni, fortemente formati e che sono morti in seguito a pneumonia dovuta alla grippe. All’autopsia noi abbiamo riconosciuto i sintomi simili a quelli della difterite. Nelle vie respiratorie e nei canali dei bronchi si formano delle pellicole bianche ed i malati muoiono per asfissia».

Si è detto del ritardo rimproverato alle autorità nell’adottare provvedimenti di contenimento. La Città di Lugano non fece eccezione. Mentre sulla stampa apparivano le prime notizie che facevano stato di una «decrescenza» dell’epidemia nel nostro cantone, il Municipio decise provvedimenti in base al decreto federale del 18 luglio e al decreto cantonale del 24. Il Corriere del Ticino del 26 pubblicò il testo integrale del decreto luganese articolato in cinque punti. Molto dure le sanzioni stabilite contro gli eventuali trasgressori, anche con il carcere: «1. Sono vietate tutte le rappresentazioni cinematografiche, concerti in locali chiusi, feste, riunioni, balli anche privati, ed assembramenti d’ogni genere. 2. Ogni contravvenzione sarà punita con multa fino a fr. 5000 e con la prigionia fino a tre mesi. 3. Gli agenti di polizia ed uscieri sono incaricati della relativa sorveglianza. 4. Ai conduttori di esercizi pubblici è fatta viva raccomandazione di sottoporre il vasellame, vetri e terraglie usate dal pubblico a frequenti lavature con acqua portata alla temperatura d’oltre 60 gradi. 5. Alla cittadinanza viene pure consigliata la massima pulizia personale e delle abitazioni come uno dei mezzi preventivi più indicati dalla scienza medica a preservare dalla grippe spagnuola».

Il Corriere aggiunse sue indicazioni sotto il titolino Più nessuna riunione né festa. Ad esempio, «le ripetizioni delle società di musica e di canto, le assemblee politiche, amministrative che non abbiano un carattere d’urgenza, i culti in tutte le chiese si fanno all’aria libera ma non in città. Ciò che bisognerà ancora evitare sono i viaggi in ferrovia per quanto possibile. Evitiamo quindi nella misura del possibile - esortava il nostro giornale - tutte le riunioni che favoriscono i contatti e quindi il contagio». E niente spazio alle mezze misure: «Se delle società persistono ad invitarvi a dei concerti non ascoltatele, è più saggio di rifiutarsi ogni svago per qualche giorno, si vedrà allora il bene che ne deriva, mentre che non osservando che a mezzo queste raccomandazioni, è come non si facesse nulla».

Divieti, limitazioni e raccomandazioni intervennero quando la curva dei contagi aveva già invertito la tendenza. Tant’è che nella stessa seconda pagina di venerdì 26 luglio il Corriere del Ticino pubblicò questa notizia sotto il titolo La grippe in decrescenza: «Oggi possiamo dare, sulla fede dei sanitari, notizie più tranquillanti sul corso della epidemia di grippe. L’epidemia è in decrescenza, malgrado che si sia pronunciato qualche nuovo caso. Al nostro Civico Ospedale si stanno licenziando gli ammalati guariti; un solo caso è grave; in generale miglioramento». Ma attenzione: «È assolutamente necessario però persistere e più che mai nelle rigorose misure preventive fino a che il contagio non sia scomparso. Una ripresa acuta del morbo - scrisse con preveggenza il nostro giornale - è sempre possibile con un peggioramento della situazione e dei suoi effetti». Si dava notizia inoltre che anche l’Hotel Europe «è stato stamane requisito dalle autorità militari per alloggiarvi i soldati in convalescenza».

Tra la fine di luglio e i primi giorni di agosto del 1918 le notizie via via pubblicate confermano la progressiva diminuzione dei contagi. La «decrescenza» diventa il termine più utilizzato. Nell’edizione di sabato 27 luglio, nella cronaca federale, si legge che «il numero dei morti causato dalla grippe nella giornata di mercoledì è stato di 18. I medici segnalano ancora numerosi casi assai gravi, ma in complesso si nota una decrescenza. Il numero delle vittime fra le file dell’esercito era, fino a mercoledì, di 305. Fortunatamente il numero degli ammalati diminuisce».

In Ticino la situazione era diversa tra Sopra (meno toccato inizialmente) e Sottoceneri (più colpito). Anche la capitale Bellinzona decise comunque provvedimenti restrittivi. Sempre l’edizione del 27 luglio, sotto il titolo Misure precauzionali contro la grippe in cronaca bellinzonese, riferì che «oltre alla chiusura del cinematografo ed alla proibizione dei balli ed altro, hanno preso provvedimenti anche le autorità religiose per quanto riguarda le sacre funzioni. La sagra di S. Antonio solita a celebrarsi a Roveredo Mesolcina con larga partecipazione di gitanti specialmente dal bellinzonese è stata sospesa». Nessun allarme tuttavia: «Lo stato di salute della nostra città è buono. Il morbo spagnuolo vi ha fatto la sua comparsa ma finora poche persone ne furono colpite e in forma benigna. Che noi si sappia nessun decesso si ebbe a registrare finora».

Si diede notizia anche di un convegno dei medici di Lugano: «Fu constatato con piacere che la malattia si presenta in forma affatto benigna nella popolazione civile e resta in proporzioni molto limitate (...). I signori medici raccomandano come misura prudenziale efficace la massima pulizia nelle abitazioni e nella persona; l’astensione da ogni disordine o strapazzo fisico e l’isolamento più assoluto degli ammalati».

La festa nazionale venne celebrata in modo contenuto nel nostro cantone, sempre sul chi vive nonostante i miglioramenti. Lunedì 5 agosto 1918 nuove conferme sul piano nazionale: «Secondo notizie delle diverse località della Svizzera la grippe spagnuola è in un periodo di decrescenza sensibile fra i militari e lieve fra i civili, vengono registrati ancora dei decessi ma in minor numero. Il fatto che nella popolazione civile la decrescenza della grippe è minore indica che nei civili non si adottano le misure igieniche preservative suggerite».

Il foulard, la mascherina, la mani lavate

Ecco cosa veniva consigliato a Lugano a chi aveva a che fare da vicino con gli ammalati
La Festa nazionale di quell’anno a Lugano non sarebbe stata celebrata «né con corteggi, né con luminarie, né con discorsi» annunciò il Corriere del Ticino del 1. agosto. Il giornale, oltre alla guerra, si occupò anche quel giorno dell’epidemia di spagnola e diede notizia delle Misure precauzionali contro la grippe. In mancanza di un comunicato delle autorità sulle misure per chi era in contatto con ammalati, riportò i consigli della Commissione di salute pubblica del Canton Neuchâtel. Eccoli.

«1. Gargarizarsi frequentemente (10 a 12 volte al giorno) con una soluzione disinfettante di acqua ossigenata o di pergamanganato di potassa (mezzo gr in un litro d’acqua bollita). 2. Coprirsi i capelli con un fazzoletto annodato, portare un grembiale intero, come sopra-veste, nella camera degli ammalati; levarlo e esporlo al sole quando si è occupati in altre faccende. 3. Se si hanno contatti immediati con ammalati che hanno tosse non avvicinarsi se non muniti di una piccola maschera di garza ricoprente la bocca ed il naso. Questa maschera, di 10 per 10 centimetri circa di superficie, sarà fissata a mezzo di una piccola benda passante sopra gli orecchi e annodata dietro la testa. La si bagnerà frequentemente con poche gocce di eucaliptas o di essenza di trementina. 4. Lavarsi frequentemente le mani ed il viso con acqua tiepida e sapone, poi con una soluzione disinfettante, per esempio: un cucchiaio a caffè di lusoformio in un litro d’acqua bollita».

«I malati più pericolosi? Sono quelli colpiti leggermente»

La circolare dei medici: «I bacilli della malattia non si ritrovano nell’aria, ma si riscontrano soprattutto negli sputi e nelle secrezioni del naso e della gola»
Il Dipartimento di igiene e lavoro del Governo cantonale il 31 luglio 1918 diffuse un lungo comunicato che riportava la «circolare dei signori medici» sulla grippe spagnola «a proposito della natura e del trattamento da seguire».

«Le voci più fantastiche continuano a circolare nel pubblico intorno all’attuale epidemia - si legge nel testo pubblicato integralmente dal «Corriere del Ticino» nell’edizione del 1. agosto 1918 - per cui è necessario fornire alla popolazione informazioni per quanto possibile esatte». Ribadito che non si trattava né di peste, né di colera, né di tifo «bensí di influenza o grippe», i medici ricordavano che nella maggior parte dei casi la malattia aveva un decorso favorevole «benché si siano disgraziatamente registrati un certo numero di decessi, dovuti soprattutto a complicazioni polmonari».

La circolare descriveva poi i sintomi (febbre, stanchezza, mal di testa, dolori renali, mal di gola, tosse, sputi). «Nel suo interesse, come in quello della collettività, l’ammalato deve restare a letto e in camera sino a completa guarigione, poiché le ricadute sono frequenti e generalmente gravi. Si ammette che i bacilli della malattia non si trovano nell’aria, ma che si riscontrano soprattutto negli sputi degli ammalati e nelle secrezioni del naso e della gola. Un individuo, guarito in apparenza, può quindi, quando tosse o sputa, essere un portatore di germi che diffonderanno la malattia attorno a lui. Per la grippe, come per molte altre malattie contagiose, si può dire che i malati più pericolosi sono quelli colpiti leggermente e che restano nella circolazione, come vere sorgenti di infezioni».

Non vi era, un secolo fa come oggi con la COVID-19, un vaccino. «Non esistono rimedi o procedimenti che possono mettere al coperto dal pericolo d’infezione. Il miglior modo di proteggersi - scrivevano i medici - è quello di evitare ogni contatto coi malati o con quelli che son sospetti di esserlo. È per questo che qualsiasi riunione numerosa deve essere vietata».

La circolare dei medici indicava poi gli accorgimenti già ricordati per chi era a stretto contatto con i contagiati: «Siccome è riconosciuto che l’infezione avviene soprattutto per mezzo delle vie respiratorie, sarà utile procedere a frequenti lavature della bocca e a gargarismi antisettici».

I necrologi: sul giornale le tristi notizie delle vittime

Lunedì 5 agosto 1918
La giovane mamma Lidia AlioliAlberti morì a Bedigliora il 3 agosto 1918 «rapita nella primavera della vita da morbo crudele all’affetto dei famigliari ed al sostegno dei figli pargoletti». L’annuncio uscì il 5.

Giovedì 8 agosto 1918
Annuncio funebre per Anselmo Biraghi e breve articolo in memoriam nella cronaca cittadina: «Il fatale morbo epidemico ha voluto un’altra sua vittima nella popolazione civile di Lugano. È morto ieri sera a Besso, dopo una serie di giornate e di notti tormentose, il salumiere Anselmo Biraghi, di 37 anni. Lascia alla vedova una bambina di sei anni ed un bimbo di quattro. Italiano d’origine ma qui residente da molti anni, buono ed affabile, attivo ed intelligente, si era attorniato di una larga cerchia di amicizie ed aveva avviato in Besso - formandosi contemporaneamente la piccola famiglia ch’egli adorava - un bel negozio di salsamenteria. Tutta Besso (...) ha appreso con vivo dolore la notizia della sua dipartita. Nessuno credeva che la sua fibra forte e robusta si sarebbe così presto infranta; ma la grippe l’aveva assalito in modo violento, e con crisi acute e continue lo trasse alla tomba innanzitempo».

Lunedì 13 agosto 1918
Annuncio per Augusta Tognetti nata Traversa «colpita da breve crudele morbo nel fiore dei suoi vent’anni, mentre più radiosa le sorrideva la vita». In cronaca il giornale ricordò la defunta «non ancora ventenne e da poco più di tre mesi sposa adorata al prof. Serafino Tognetti. Colpita dalla grippe, venne successivamente attaccata da bronco-polmonite e da nefrite. La sua fragile costituzione non potè resistere all’infuriare di così crudeli malattie. Invano sanitari e parenti si affannarono attorno al suo letto (...). Quando si accorse che stava per morire ebbe ancora la forza di consolare i genitori ed il marito, trovò ancora parole sublimi per lenire il grande sconforto di quanti assistevano alla sua straziante agonia».

Il commento del 26 luglio 1918: «Diventa un delitto enorme»

Nell’edizione di venerdì 26 luglio 1918 il Corriere del Ticino pubblicò questo commento non firmato: Difendiamoci a tempo. Il 24 luglio il Consiglio di Stato aveva emanato il decreto che vietava assembramenti in Ticino per arginare i contagi causati dalla grippe spagnola.

«Ieri abbiamo pubblicato il testo del decreto col quale il nostro lodevole Consiglio di Stato, rispondendo alle vive e legittime preoccupazioni del nostro pubblico, emana misure severissime contro qualsiasi assembramento di persone, nei ritrovi o nelle vie, destinati a servire di infallibile veicolo al propagarsi della temibile epidemia di grippe. Primi fra coloro che non hanno esitato a reclamare di simili misure, non vogliamo essere tra gli ultimi nell’approvazione che il decreto del Governo si merita. Speriamo che anche l’autorità ecclesiastica, sull’esempio di quanto si è fatto nella Svizzera interna da cantoni pronti ed energici, assecondi l’opera dell’autorità cantonale per quanto riguarda i luoghi di culto. Non domandiamo la chiusura completa delle chiese, ma una coscienziosa previdenza nell’impedire che i germi non contratti nei ritrovi pubblici, i fedeli vadano a pescarli nell’affollamento dei Servizi Divini, non nuocerà al rispetto che si deve alla fede del popolo; tutt’altro.

L’opera di previdenza però non finisce qui. Il problema della tutela della salute pubblica imposto dalla lunga e terribile guerra, dallo stato di prostrazione in cui la macchina umana si trova anche nei paesi neutrali, per effetto del difettoso regime alimentare o per altro, diventa sempre più vasto e più preoccupante. Senza allarmar oltre il bisogno l’opinione pubblica, vediamo per esempio che gli Stati scandinavi, minacciati davvicino, non hanno esitato a dichiarare come zona infetta dal colera, non soltanto la Russia ma anche l’Austria-Ungheria. Ci pare che l’Austria-Ungheria sia in più immediato contatto coi nostri confini che con quelli degli Stati scandinavi. In tali condizioni, possiamo essere noi più riguardosi, ai nostri danni, di quanto non lo siano gli altri paesi? Ricordiamo quello che si è fatto nel 1911 verso l’Italia: oggi la situazione è cento volte peggiore; oggi i focolai di infezione sono molto più vasti, e le condizioni generali di immunità molto meno propizie.

Naturalmente, non è compito delle nostre autorità cantonali il sospendere le comunicazioni con uno Stato; sono, quelle che reclamiamo, delle misure le quali spettano esclusivamente alla Confederazione; ma non sarà inutile che una voce sorga anche dai cantoni per ricordare alle autorità federali che esse non devono cadere negli errori imperdonabili che oggi tutti espiano e soprattutto la nostra gioventù cui non sembrò sufficiente chiedere che sacrificasse i propri interessi e quelli delle famiglie per accorrere alle frontiere in difesa della neutralità.

Lo ripetiamo: il problema della salute pubblica diventerà sempre più grave; esso rappresenta uno dei compiti più colossali che ogni Stato dovrà affrontare accanto alla guerra che dura, e anche dopo la guerra; l’imprevidenza diventa un delitto enorme contro il quale nessuna sanzione basterebbe. Nessuna esagerazione nelle nostre parole; ma quand’anche vi fosse, se non della esagerazione, almeno dell’abbondare in tempo e in intensità, nelle misure preventive, piuttosto che ridurci a lottare poi col contagio già dilagante nella nostra casa e con l’angoscia delle vittime mietute».