Il motoscafo di Maradona scomparso e poi ritrovato in una vigna

Di quel primo incontro nel cantiere sul lago di Como rimane una fotografia, che ancora adesso è appesa negli uffici insieme ad altre che ritraggono personaggi noti passati da queste parti. È il 1988, Tullio Abbate ha un giubbotto in pelle e mostra l’Exception 46 a Diego che lo ascolta con le mani in tasca. Era stato il presidente del Napoli di allora, Corrado Ferlaino, a regalare al più grande giocatore della storia del calcio un motoscafo Abbate di 14 metri che montava due motori turbo diesel Caterpillar da 470 cavalli ciascuno per una velocità di crociera di 40 nodi. Che il Pibe battezzò Dalmin in onore della figlia Dalma, nata un anno prima, quello della vittoria dello scudetto numero uno dei partenopei. Il motoscafo negli anni ha sfrecciato dal porto di Napoli alla Costiera sino alle isole, da Capri a Procida, da Ischia sino alla meravigliosa Ponza. E a bordo dell’Exception 46, dagli interni di colore azzurro, Maradona ha festeggiato il secondo scudetto del Napoli.
Si erano perse le tracce
Poi, dopo l’addio di Diego e la sua partenza da Napoli del Dalmin si erano perse le tracce. Questa è una storia incredibile. Perché dopo un lungo periodo, l’anno scorso un giornalista e scrittore, Michelangelo Iossa, ha ritrovato il motoscafo in una vigna. Ha raccontato lo stesso Iossa al Corriere della sera: «Passeggiavo tra i vigneti del Massico in compagnia dell’avvocato Salvatore Avallone, capitano d’azienda e figura-chiave di Villa Matilde Avallone, maison vitivinicola dell’Alto Casertano fondata negli anni Sessanta da suo padre Francesco Paolo Avallone e oggi guidata dallo stesso Salvatore e da sua sorella Maria Ida. All’ombra del vulcano spento di Roccamonfina, tra i filari nei quali nasce il nobile falernum, io e Salvatore conversiamo amabilmente mentre raggiungiamo uno slargo che si apre davanti ad un antico casale, simbolo di attività coloniche, vinicole e agricole» E qui ecco che sbuca «un’elegante imbarcazione di oltre 14 metri, protetta accuratamente e perfettamente conservata, sostenuta da larghi supporti e collocata tra le vigne dell’azienda: il «Mataibis II», questo il suo nome».
La procedura di fallimento
Ed ecco il retroscena: «Mio padre era stato avvocato di Diego negli anni ‘90 - rivela Avallone - e aveva seguito personalmente le fasi legali connesse alle procedure di fallimento di Maradona. Spesso accompagnavo mio padre in Tribunale e questa barca era uno dei beni appartenuti al campione argentino che erano al centro di un ampio contenzioso legale. Sapevo che aveva intenzione di rilevare quella imbarcazione per preservarla dall’oblio e, in qualche misura, per tutelare la memoria di Diego».
La scoperta nei documenti
Iossa ha avuto accesso ai documenti d’archivio della famiglia Avallone. E, come ha raccontato, «il ricordo e la sensazione provata osservando lo scafo avevano trovato conferma: quel «Mataibis II» è proprio il leggendario «Dalmin», che restò di proprietà di sua moglie Claudia Villafane fino ai primi anni Novanta, periodo in cui l’avvocato Francesco Avallone lo rilevò, liberandola da un sequestro cautelativo imposto dal Tribunale e preservandola per sempre».
La barca è stata usata per gli ospiti dell’Hotel Parker’s di Napoli, di proprietà degli Avallone. È stata poi messa in vendita. E la storia continua.