Guerra

Il parroco di Gaza amico di papa Francesco: «Io rimango qui»

Il sacerdote ferito alla gamba parla con il ministro italiano degli Esteri - Pochi giorni fa l’intervista all’agenzia della Santa Sede, Vatican News, in cui descriveva le drammatiche condizioni di vita nella Striscia
Padre Gabriel Romanelli, parroco di Gaza, ferito ieri nel raid dell'esercito israeliano contro la chiesa della Sacra Famiglia. ©Hamza Z. H. Qraiqea
Dario Campione
18.07.2025 06:00

«La nostra chiesa è molto danneggiata e abbiamo morti da piangere. Io sono stato colpito a una gamba. Ma andrò avanti, voglio restare vicino alla mia comunità». Sono le prime parole pronunciate poche ore dopo l’attacco dell’IDF alla sua parrocchia, da don Gabriel Romanelli in una telefonata con il ministro italiano degli Esteri, Antonio Tajani.

Nella breve conversazione, riferita dal Corriere della Sera, il sacerdote non ha nascosto la drammaticità della situazione, pur riuscendo a strappare un sorriso al titolare della Farnesina. Tajani avrebbe infatti chiesto a don Romanelli quale fosse la gamba ferita e se potesse ancora giocare a pallone. «Sì, è la sinistra, e io sono destro», ha risposto il parroco della Sacra Famiglia di Gaza.

Molto legato a papa Francesco, che fino all’ultimo lo ha chiamato ogni sera attorno alle 19 per fargli sentire la propria vicinanza, don Romanelli aveva parlato del dramma di Gaza solo pochi giorni fa in un’intervista all’agenzia della Santa Sede, Vatican News, descrivendo la realtà difficilissima della sua comunità: «Siamo ancora circa 500, accampati in ogni angolo della chiesa. Prima del 7 ottobre (il giorno dell’attacco di Hamas, nel 2023, ndr) i cristiani a Gaza erano 1.017; circa 300 sono riusciti a uscire dalla Striscia quando era ancora aperto il valico di Rafah con l’Egitto, 54 sono morti, 16 sono stati uccisi nel bombardamento che aveva colpito la chiesa di san Porfirio del Patriarcato ortodosso», il 20 ottobre 2023.

Tra i cattolici, ha proseguito don Romanelli, «è stata uccisa, nel novembre 2023, l’anziana musicista Elham Farah e, un mese più tardi, hanno perso la vita Nahida e Samar, madre e figlia, uccise appena fuori della chiesa. Gli altri cristiani morti sono comunque vittime della guerra: si tratta di persone che non hanno più potuto ricevere le cure necessarie. Poi ci sono circa 50 tra disabili e bambini malati che sono curati amorevolmente dalle suore di madre Teresa. Ora c’è tanta stanchezza, e preoccupazione perché percepiamo di essere rimasti quasi soli in questa zona. L’unica cosa che ci consente di rimanere coesi e con qualche speranza è la preghiera. In questa situazione la forza della preghiera è veramente grande, è l’unica cosa che ci tiene uniti e non ci precipita nella disperazione».

A padre Romanelli si è rivolto ieri, in un messaggio inviato per il tramite della Segreteria di Stato, anche papa Leone XIV. Il pontefice si è detto «profondamente rattristato» per l’assalto alla parrocchia e ha affidato le anime dei defunti «all’amorevole misericordia di Dio Onnipotente», assicurando nel contempo la sua «vicinanza spirituale» all’intera comunità e la preghiera «per la consolazione di coloro che sono nel lutto e per la guarigione dei feriti».

Nel messaggio, papa Prevost ha inoltre rinnovato il proprio appello per «un immediato cessate il fuoco» nella Striscia di Gaza e ha espresso la «profonda speranza» di «dialogo, riconciliazione e pace durevole nella regione».