Regno Unito

Il rimpasto di Sunak, in affanno dopo soli 100 giorni

Sullo sfondo della crisi economica, di scioperi e proteste sociali a pioggia, del deserto di consensi in cui i Tories restano sprofondati, sondaggi alla mano
© AP/Frank Augstein
Ats
07.02.2023 22:37

Un mini rimpasto che lascia già intravvedere scenari da ultima spiaggia, o quasi, dopo soli 100 giorni e poco più a Downing Street. I dolori del giovane Rishi Sunak partoriscono un primo giro di valzer nel governo del terzo premier britannico di questa legislatura da Folies Bergère, sullo sfondo della crisi economica, di scioperi e proteste sociali a pioggia, del deserto di consensi in cui i Tories restano sprofondati, sondaggi alla mano.

L'operazione è stata portata a termine con un blitz mattutino a margine della tradizionale riunione del Consiglio dei ministri del martedì. Ed è andata oltre la prevista sostituzione nel ruolo di presidente del Partito Conservatore e membro dell'Ufficio di Gabinetto di Nadhim Zahawi: ministro d'origine curdo-irachena silurato a fine gennaio per aver «violato gravemente i codici di condotta» governativi nell'ambito di una controversia milionaria con il fisco risolta con il pagamento sotto banco di una pesante penale. Sunak ha infatti provveduto ad allegarvi una riorganizzazione più ampia della compagine, rimescolando le deleghe di tre ministeri chiave: in particolare su dossier strategici come l'energia, la transizione verde legata all'emergenza climatica, l'innovazione, i piani di rilancio di una produzione e di un Pil che boccheggiano.

Al posto di Zahawi - in un ruolo da cui dipende la macchina elettorale del partito di maggioranza, attesa non solo dalla sfida di una disfatta pronosticata come pressoché certa alla prossima tornata primaverile di elezioni locali, ma anche e soprattutto da quella di dover inseguire un miracolo per sperare di salvare il salvabile almeno alle politiche in calendario non più tardi a fine 2024 - è stato issato Greg Hands, 57 anni: veterano di partito in fama di moderato, finora viceministro del Commercio e in passato numero due di altri dicasteri.

Mentre lo spacchettamento ha riguardato sia le Attività Produttive, con la creazione di un nuovo ministero per la Sicurezza Energetica e l'Obiettivo Emissioni Zero affidato al titolare in carica, Grant Shapps, e l'accorpamento del resto al Commercio Internazionale sotto la responsabilità di Kemi Badenoch, figura emergente della nuova destra interna; sia il dipartimento Cultura, Media, Digitale e Sport, suddiviso in un dicastero per la Scienza, l'Innovazione e la Tecnologia lasciato nelle mani di Michelle Donelan (attesa peraltro da un periodo di assenza per maternità in primavera) e in uno focalizzato su Media, Sport e dossier culturali assegnato a Lucy Frazer, esordiente in veste di ministra a pieno titolo.

Alle prese con la navigazione incerta di questi affannosi mesi di leadership seguiti alla caduta di Boris Johnson e alla disastrosa parentesi di Liz Truss, il 42enne Sunak - primo, ricchissimo premier di radici indiane nella storia britannica - ha spiegato gli aggiustamenti in corsa come premessa di un'azione «più incisiva» su temi chiave: dall'impegno a ridurre assieme all'inflazione il peso delle bollette su milioni di famiglie, a quelli di prospettiva sul consolidamento energetico e sui piani di rilancio dell'unica economia del G7 stimata al momento in recessione nel 2023 (anche a causa degli effetti collaterali d'un dopo Brexit intessuto finora di troppe mirabolanti promesse tradite).

Svolta comunque tutta da realizzare, mentre un ennesimo scandalo continua a pendere sull'esecutivo per il caso dei comportamenti di presunto «bullismo» denunciati in passato da vari dipendenti ministeriali niente meno che contro il vicepremier Dominic Raab, non coinvolto dai cambiamenti odierni ma la cui sorte rimane appesa al verdetto d'una inchiesta indipendente. E mentre in seno alla stessa parrocchia Tory riemerge la minaccia di congiure alimentata dalle velleità di rivincita d'una Truss tornata a farsi viva dopo tre mesi d'imbarazzato silenzio; ma soprattutto dall'ombra mai sopita di un ipotetico richiamo in sella di Boris Johnson: unica carta elettoralmente spendibile, da giocare alla disperata almeno per limitare i danni, laddove i sondaggi di Rishi continuassero a non risollevarsi neppure un po'.