Edilizia

Il rinnovo del CCL traballa: «UNIA cerca lo scontro»

Secondo gli impresari costruttori il contratto cantonale rischia di saltare a causa delle richieste avanzate dal sindacato per stabilire l’orario di chiusura dei cantieri in caso di canicola – La replica: «La parola ai lavoratori»
© CdT/ Chiara Zocchetti
Martina Salvini
11.05.2023 17:28

«Da parte nostra non ci saranno ulteriori concessioni. Se UNIA continuerà a opporsi, l’unico riferimento rimarrà il contratto nazionale mantello». Il presidente della Società svizzera impresari costruttori sezione Ticino (SSIC-TI) Mauro Galli ha voluto mandare un messaggio molto chiaro ai sindacati, in occasione ieri dell’Assemblea generale ordinaria. A dividere le parti, le condizioni di lavoro in caso di canicola, ritenute insufficienti dal sindacato UNIA. L’obiettivo, ha spiegato Galli, era quello di far entrare in vigore il nuovo contratto cantonale dal 1. maggio. «Ora, però, UNIA ha deciso di consultare i lavoratori e di dare una risposta solo alla fine del mese. Ad oggi, quindi, non sappiamo dire se vi sarà un nuovo CCL cantonale».

«Tutto all’aria per un’ora»

A spiegare nel dettaglio l’oggetto del contendere è stato il direttore Nicola Bagnovini: «Rimanevano cinque punti aperti, e da parte nostra abbiamo accettato di andare incontro a quasi tutte le richieste sindacali. Fatta eccezione per un punto, quello relativo alla gestione della canicola». In estrema sintesi, nel nuovo contratto lo stop dei lavori in cantiere a causa del caldo eccessivo passerebbe dalla raccomandazione all’obbligo. Ma mentre l’OCST si è detta d’accordo nel fissare l’orario di chiusura del cantiere alle 15, UNIA si è opposta, sostenendo che il termine dovesse essere anticipato alle 14. «Stanno cercando lo scontro frontale», ha commentato Galli. «Sono disposti a mandare tutto all’aria per una sola ora», gli ha fatto eco Bagnovini. «Una guerra di principio», l’ha invece definita il membro dell’ufficio presidenziale Massimo Cereghetti: «In caso di canicola, infatti, sono gli stessi datori di lavoro a rendersi conto che è necessario mandare a casa in anticipo gli operai». In tutti i casi, ora la SSIC non intende fare ulteriori concessioni. «Se non accettano, resteremo senza CCL», ha tagliato corto il presidente.

Tra privato e pubblico

Il contratto collettivo non è però l’unico grattacapo per la SSIC. «Dal 2020 abbiamo assistito a una policrisi: COVID, guerra, rincari, crisi energetica. Tutto ciò ha reso molto difficile fare impresa», ha chiosato Galli, che si è detto «preoccupato per l’erosione delle riserve di lavoro nell’edilizia del privato». Un calo che gli appalti pubblici non riescono più a compensare. «Nonostante infatti il numero di domande di costruzione sia in aumento, si tratta perlopiù di piccoli interventi di risanamento degli edifici». A beneficiarne, quindi, sono le ditte specializzate, mentre le imprese di costruzione medie e grosse restano spesso a bocca asciutta. «Nel 2022 - ha evidenziato dal canto suo Bagnovini - le licenze di costruzione sono state parecchie, 4 mila, ma gli importi sono stati piccoli. E questo svantaggia gli impresari». Eppure, il potenziale di lavoro ci sarebbe, anche nel privato. Ancora Bagnovini: «Nel 2021 erano presenti in Ticino oltre 113 mila edifici abitativi, oltre la metà dei quali antecedenti al 1961. Ed è di questo segmento che dobbiamo approfittare, concentrandoci sul risanamento immobiliare esistente, in un’ottica di risparmio energetico». Anche perché «il calo di spesa registrato nel settore privato - pari al 7% tra 2019 e 2020 - non è stato compensato dal pubblico, che ha registrato nel medesimo periodo solo un +3%». Un punto, quest’ultimo, sul quale si è concentrato anche Cereghetti. «Quest’anno, almeno per i primi mesi, c’è stato un drastico calo degli appalti pubblicati sul foglio ufficiale: da circa 13 al mese del periodo pre-pandemia si è passati nel 2022 a circa 10 e nei primi mesi del 2023 a 6. Non vorremmo che fosse un pericoloso segnale di falsi risparmi effettuati sul fronte degli investimenti in un momento in cui le finanze pubbliche sono sotto pressione». Poter mantenere «una buona quota» degli investimenti nel settore della costruzione è infatti «fondamentale per l’intera economia del nostro Paese», ha sottolineato Cereghetti. Per quanto riguarda i grandi appalti, poi, l’auspicio della SSIC sarebbe di suddividere, quando possibile, le grandi opere in piccoli lotti. «Con l’assegnazione di un unico grosso appalto possono beneficiarne un paio di ditte, mentre con un certo numero di appalti, sempre importanti ma di dimensioni minori, a beneficiarne possono essere molte più imprese». In questo senso, «un esempio virtuoso è il cantiere delle nuove Officine FFS a Castione, dove una serie di opere minori - dal valore complessivo di 80 milioni - sono state messe in appalto singolarmente, con un vantaggio per l’economia locale».

Carenza di profili

Tra i temi giudicati sensibili c’è poi la carenza di manodopera qualificata. «Sempre più spesso - ha spiegato il presidente Galli - le ditte faticano a trovare collaboratori. Occorre agire sulla formazione e sulla fidelizzazione dei giovani». Le cifre degli apprendisti muratori, a livello svizzero, «sono impietose e negli anni hanno subito un calo vertiginoso», ha spiegato da parte sua Paolo Ortelli, direttore del centro di formazione professionale di Gordola e granconsigliere del PLR. In Ticino, i dati sono più rassicuranti, «ma la tenuta a livello cantonale non deve ingannarci, perché solo il 35% di chi termina l’apprendistato poi rimane attivo nel settore delle costruzioni». Che fare, dunque? Da un lato, secondo Ortelli, occorre migliorare il livello formativo dei giovani che escono dalla scuola dell’obbligo («Abbiamo bisogno di ragazzi più solidi»), mentre dall’altro servirebbe lavorare sulla valorizzazione della professione e sull’orientamento.

UNIA non ci sta

«Manderemmo tutto all’aria per un’ora? Potremmo dire lo stesso di loro». Dario Cadenazzi, responsabile del settore edilizia di UNIA, rispedisce le accuse al mittente. E aggiunge: «Se non avessimo voluto rinnovare il CCL non ci saremmo presentati alle 12 tornate di trattative. Piuttosto, è la SSIC che non ha voluto anticipare i lavori di rinnovo del contratto: si sono presentati a fine gennaio con un pacchetto di rivendicazioni che mirava a eliminare tutti gli aspetti migliorativi contenuti nel contratto cantonale rispetto al contratto nazionale mantello. Direi quindi che siamo riusciti a tamponare un attacco senza precedenti». Di fronte a una situazione «che ci pareva poco equilibrata - conclude - abbiamo chiesto l’opinione dei lavoratori, ci pare un atto di democrazia».