La serie

Il Supervissuto, perché senza Vasco tutto il resto è noia

Nella docuserie di Netflix, il rocker si espone in prima persona – Il risultato è un racconto intimo, dedicato non solo ai fan, la storia di una vita spericolata narrata attraverso la musica che unisce le generazioni
© KEYSTONE (ANSA/DANIEL DAL ZENNARO)
Jenny Covelli
03.10.2023 10:00

«Ho passato una sera con me, ed è stato davvero incredibile». Inizia così Gli sbagli che fai, nuovo singolo di Vasco Rossi, sigla della docuserie Netflix Il Supervissuto. Cinque puntate che accompagnano lo spettatore per «una sera», alla scoperta del rocker di Zocca. Il mito, la leggenda. Che lo si ami o meno, è infatti indubbia la sua carriera. Lunga una vita e ancora attivissima (proprio ieri sono stati annunciati i concerti del 2024, con quattro date a San Siro – 7, 8, 11 e 12 giugno – e una a Bari, allo stadio San Nicola, il 25 giugno). «Mi sono messo in gioco e parlo in prima persona – ha dichiarato lo stesso Vasco –. C'è un intenso lavoro interiore, è un bel tuffo nel mio passato e nel mio presente. Ho rivisto quel ragazzo pieno di sogni che voleva vivere a modo suo». Ed è proprio lui il narratore della sua storia, una vita piena di eccessi ma non solo, sempre alla portata di chi la immagina.

Vasco non ha la presunzione di ergersi a esempio. Non è mai stato un genio, ma l'avventura – quella sua vita spericolata in ribellione a «un'esistenza da ragioniere» – se l'è costruita da solo. Con momenti altissimi e altri molto bassi. Che ha pagato lui. E che ha raccontato alla videocamera, nel periodo della pandemia, tra Zocca e Los Angeles. Una voce interrotta solo da chi questa grande storia l'ha seguita da vicino, sin dagli inizi, alla fine degli anni Settanta.

Vasco Rossi, che piaccia o meno, è sempre stato in grado di parlare il linguaggio della gente. Canta a tutti ed è per questo che, ancora oggi, ai suoi concerti si vedono nonni, genitori, giovani, adolescenti, bambini. Perché nelle sue canzoni ci si può ritrovare chiunque. Quella parole, cantate o a volte urlate, toccano tutti. La vita, l'amore, la rabbia, la felicità, la sregolatezza, la calma, la noia, la leggerezza, la perdita. Perché «la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia». E lui, il supervissuto, lo sa bene. Con la sua esistenza vissuta intensamente e trasformata in musica, nel bello e nel brutto. Anche quando fuori piove, «senti che bel rumore».

La serie Netflix  – scritta da Igor Artibani e Guglielmo Ariè, insieme a Pepsy Romanoff, anche regista – è un viaggio introspettivo. È Vasco che racconta la sua versione della storia. Lui che è sopravvissuto prima di tutto a se stesso. E che ha scelto, anche, di commettere la più grande della trasgressioni: mettere su famiglia. Sacrificando tutto per la musica, per quelle canzoni senza tempo. In cui (ri)trovare un pezzo di vita.

È inutile: da Vasco non si scappa. Anche chi non lo apprezza, non può dire di non essersi mai ritrovato a canticchiare qualcuno dei suoi versi. Lo spettatore di Vasco Rossi – Il Supervissuto non è quindi solo il fan. Se è vero che non è presente alcuna voce critica, le cinque puntate regalano uno sguardo intimo e privilegiato sul Komandante, attraverso la sua voce, ma anche interviste, materiali di archivio e testimonianze. C'è pure qualche perla inedita, svelata al pubblico per la prima volta. Vasco in versione chitarra acustica e voce, poi, è un regalo. Da lui che non si prende mai troppo sul serio. Assetato di latte e zucchero. Lui che, con tutti i suoi difetti, non ha mai smesso di essere se stesso, anche quando esserlo non rappresentava più nulla di trasgressivo. Con quelle canzoni che, a distanza di anni, rinascono ogni volta. Come nelle favole.

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