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Il tumore al seno va affrontato con spirito d’équipe

A Lugano domani verrà fatto il punto sulla forma di cancro femminile più diffusa
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Paolo Rossi Castelli
23.10.2019 06:00

In Ticino le nuove diagnosi di tumore al seno sono circa 340 ogni anno. Di queste pazienti, 251 sono state operate, nel 2018, dai chirurghi del Centro di senologia della Svizzera italiana (in sigla CSSI). Le altre 90 donne si sono affidate, invece, a strutture diverse, con una «polverizzazione» delle cure che, in linea generale, non viene ritenuta ideale dalle linee guida internazionali (di norma si auspica un alto numero di casi trattati dai singoli chirurghi e globalmente dalla struttura in cui lavorano, con una forte integrazione delle diverse figure professionali coinvolte nella cura del tumore, per ottenere i risultati più efficaci). Nel suo complesso, comunque, la sanità ticinese offre standard elevati, con risultati assimilabili a quelli dei migliori Paesi europei.

Le varianti

«In particolare – spiega Francesco Meani, responsabile clinico del CSSI – la sopravvivenza media, cinque anni dopo la diagnosi, è intorno all’87% delle pazienti, anche se naturalmente la situazione può variare molto da donna a donna e dipende dall’età, dalla precocità della diagnosi, dal tipo di tumore, e da altro ancora. Se, in particolare, il carcinoma della mammella viene scoperto subito, quando è ancora molto piccolo, la percentuale di guarigione sale intorno al 95%».

In realtà, esistono decine e decine di varianti, a seconda delle molecole (i cosiddetti recettori) presenti sulla superficie esterna delle cellule cancerose, che le rendono più o meno sensibili ai farmaci. E molto dipende anche dalle caratteristiche genetiche del tumore, cioè dalle mutazioni che si verificano in determinati punti del DNA e ne determinano l’aggressività (queste mutazioni compaiono per vari motivi: contatto con sostanze che mangiamo, o respiriamo, o con radiazioni, onde elettromagnetiche ionizzanti; ma in alcuni casi, rari, si tratta anche di difetti congeniti).

I progressi

«I progressi delle terapie sono stati notevolissimi, negli ultimi trent’anni, sia per quanto riguarda la chirurgia, che per gli altri tipi di cura - continua Meani - E una “spinta” notevole verso questi miglioramenti è arrivata anche dalla consapevolezza, sempre più forte, che il carcinoma della mammella non va affrontato da un singolo medico, come accadeva in passato, ma da un’équipe di specialisti, ben coordinati fra loro. I centri integrati di senologia oncologica, come il CSSI, sono ormai quello che gli americani chiamano “comprehensive cancer center”: centri completi, cioè, dove sono presenti la chirurgia, naturalmente (terapia fondamentale nella cura del cancro), ma anche l’oncologia medica (dunque i farmaci: chemioterapici, ormonoterapici e altri), le migliori attrezzature radioterapiche, in grado di risparmiare il più possibile i tessuti sani, la medicina nucleare, i laboratori di biologia molecolare (per “tipizzare”, come si dice, le cellule), uno staff di anatomopatologi specializzati per leggere questi risultati, genetisti, psicologi, e infermieri abituati a trattare le pazienti con un carcinoma mammario. Uno studio pubblicato dal British Medical Journal dimostra che la sopravvivenza a cinque anni delle donne operate nei centri “completi” e coordinati è superiore fino al 18%, rispetto a quella delle altre pazienti».

Un altro aspetto importante è quello della ricostruzione del seno, grazie alla chirurgia plastica. Nelle strutture più avanzate, come il CSSI, sono presenti chirurghi specializzati, capaci di utilizzare, se indicato, tecniche di microchirurgia vascolare, che consentono ricostruzioni con tessuti della stessa paziente, prelevati in altre zone del corpo.

La doppia attestazione

Il Centro di Senologia della Svizzera Italiana, che ha due sedi (ospedale Regionale di Bellinzona e valli, e ospedale Regionale di Lugano), è l’unico certificato in Ticino, e il primo in Svizzera ad avere ottenuto una doppia «attestazione», quella svizzera (Q-Label, rilasciata dalla Krebsliga) e anche la certificazione europea Eusoma, rilasciata dalla European Society of Breast Cancer Specialists. Possono conseguire queste attestazioni di qualità solo i centri che lavorano in modo multidisciplinare e che, fra le altre caratteristiche, si avvalgono di chirurghi che eseguono almeno 50 interventi all’anno (Eusoma). La Q-Label richiede, invece, un numero più basso: 30. In alternativa, possono operare anche chirurghi con un’esperienza minore, ma devono sempre essere affiancati da un chirurgo senior, con la certificazione. «Forse pochi lo sanno - dice Meani - ma nella “classifica” svizzera dei centri di senologia certificati, siamo fra i primi tre come numero di casi trattati ogni anno».

Quello che le donne non dicono

La radioterapia intraoperatoria

Al Senoforum verranno annunciate alcune novità importanti: in particolare, l’avvio al Centro di senologia della Svizzera italiana della radioterapia intraoperatoria (in sigla, IORT), dopo una serie di test preliminari. Di cosa si tratta? «È una tecnica in grado di fornire tutta insieme, in un’unica seduta, la dose di radioterapia che, invece, viene normalmente somministrata in cinque o sei settimane, dopo l’intervento - spiega Antonella Richetti, primario della radio oncologia dell’EOC - Così si evita alle donne di dover tornare in ospedale tutti i giorni, per più di un mese, e si danneggiano meno i tessuti circostanti, perché la radioterapia viene portata direttamente nella sede in cui il tumore è stato asportato, mentre la paziente è ancora sul letto operatorio, addormentata. Non sempre, però, è corretto usare questa tecnica: bisogna per ora limitarla a casi selezionati».

Le macchine di nuova generazione

In verità, la IORT è già utilizzata da diversi anni in altri centri europei e statunitensi, soprattutto nell’ambito della ricerca. «In passato, però, le apparecchiature erano molto costose e complesse da utilizzare - aggiunge la dottoressa Richetti - e le sale operatorie dovevano essere adeguatamente schermate, per motivi di radioprotezione. Adesso, invece, le “macchine” di nuova generazione sono portatili (possono anche essere trasferite da una sala operatoria all’altra, o da un ospedale all’altro), nonché più semplici da usare e meno costose. Questo ci ha aiutato a introdurle nei nostri ospedali, tra i primi in Svizzera e unici in Ticino».

Effetti collaterali e forme di disagio

Oltre alla IORT, durante il Senoforum verrà annunciata anche la preparazione di un nuovo archivio degli effetti collaterali e delle altre forme di disagio che colpiscono le donne sottoposte alle terapie antitumorali. «Esistono molte ricerche, a questo proposito - spiega Olivia Pagani, oncologa medica del CSSI e professore all’Università di Ginevra e all’USI - ma per ora non c’è in Svizzera un programma che raccolga tutti gli aspetti, così significativi, della vita e dei problemi delle pazienti oncologiche. Le donne, spesso, non raccontano tutto ai medici, per varie ragioni. Si confidano di più con le infermiere o con le amiche, e tengono per sé molti aspetti reali, “veri”, relativi alla psiche, al fisico, alla sessualità, anche se sono elementi decisivi nella gestione delle terapie».

Il progetto Kaiku

Il progetto Kaiku (così si chiama) prevede l’invio di una serie di questionari mirati, secondo ritmi regolari (ad esempio, ogni settimana per la chemio, ogni tre mesi per l’ormonoterapia), da parte di un’azienda specializzata finlandese. I questionari sono stati sviluppati dal personale curante del CSSI con l’apporto fondamentale di alcune giovani pazienti del gruppo “Anna dai Capelli Corti” (che ha finanziato il progetto) e affrontano tutti gli aspetti del processo di cura. «Questa indagine procederà per almeno due o tre anni - dice Olivia Pagani - e non cancellerà, naturalmente, la normale assistenza. Sarà qualcosa in più: un modo per conoscere, finalmente, quello che le donne non dicono, se vogliamo ispirarci alla celebre canzone di Fiorella Mannoia».

Una giornata per approfondire

Un’intera giornata, quella di domani, per parlare del tumore al seno: la forma di cancro più diffusa fra le donne, ma anche una di quelle più curabili con successo. L’appuntamento, intitolato Senoforum 2019, prevede una mattinata aperta al pubblico, dalle 9 alle 12.30, nell’aula magna dell’Università della Svizzera italiana, in via Buffi 13 a Lugano, seguita da una sessione per addetti ai lavori nel pomeriggio (ma anche i non specialisti potranno partecipare, se vorranno). Questa è la decima edizione del Senoforum, organizzato dal Centro di senologia della Svizzera italiana (una struttura dell’Ente ospedaliero cantonale), e come sempre l’ingresso per il pubblico sarà gratuito.