Imposta di circolazione: è il caos

Le firme e gli obiettivi dell’iniziativa popolare, la complicata ricerca di un compromesso e il bastone tra le ruote allo strumento democratico del voto. L’antipasto di quanto attende da lunedì il Gran Consiglio sul caldo tema dell’imposta di circolazione è stato servito nell’ultima puntata della stagione de La domenica del Corriere, con ospiti i protagonisti del dossier al momento più scottante. Tre sono i rapporti sul tavolo, ma già sono arrivate come un torrente in piena altre proposte per correggere la rotta e non si esclude che tutto possa finire in un nulla di fatto per un ricorso alle istanze giudiziarie.
Insomma, sull’imposta di circolazione dobbiamo essere pronti al caos politico-istituzionale, perché quella dei prossimi giorni è l’ultima chiamata per mettere in atto uno sgravio sull’imposta più cara di tutta la Svizzera. Se la politica dovesse fallire, nel 2023 si pagherà esattamente quello che versiamo oggi. Uno scenario che tutte le forze politiche dicono di voler evitare.
Il ruolo dei «partitini»
Non a caso, quello andato in scena ieri sera è stato un dibattito tra ombre (con i politici tutti arroccati sulle proprie posizioni) e luci (talvolta qualche ramoscello d’ulivo è stato lanciato). Ma iniziamo dalla fine, con le parole del capogruppo del PPD Maurizio Agustoni, partito che aveva dato il via nel 2017 all’iniziativa popolare per sgravare di 30 milioni di franchi l’imposta. L’obiettivo era, e rimane, portare dagli attuali 110 a 80 milioni l’incasso massimo e modificare alcuni meccanismi. E questo perché, diceva il testo dell’iniziativa, «Gli automobilisti non sono bancomat». Ma come andrà a finire? Agustoni non azzarda previsioni: «Molto dipenderà da come voteranno i deputati che non fanno gruppo e non siedono nelle commissioni». L’ago della bilancia potrebbero essere gli esponenti dei cosiddetti «partitini».
Lo scenario delle crocette
Tre sono gli elementi sul tavolo: il montante dello sgravio; il fatto che si vada a votare; e soprattutto su cosa si andrà a votare. Il PLR, seguendo l’improvvisa sterzata dal Governo, ha presentato quello che ai loro occhi è un «testo conforme» (ovvero la concretizzazione dell’iniziativa popolare secondo i principi sottoscritti da proponenti e cittadini) avanzando uno sgravio di 15 milioni, e non di 30 milioni. «Legittimo – dice Agustoni – se fosse un controprogetto (ossia una soluzione alternativa), ma grave è ritenere che con quell’idea rispondano integralmente all’iniziativa». In sostanza, se dovesse passare questa logica, sulla scheda di voto ci sarà la proposta zero milioni di risparmio e quella con -15 milioni. Mancherebbe la soluzione -30 milioni firmata dagli iniziativisti.
Veniamo dunque al PLR, con il vicecapogruppo Sebastiano Gaffuri che respinge ogni accusa: «Non siamo assolutamente antidemocratici e riteniamo la nostra proposta conforme al senso dell’iniziativa. Io sono piuttosto stupefatto nella misura in cui siamo di fronte a una situazione più unica che rara per diminuire l’imposta di circolazione, una volontà espressa da parte di tutti, addirittura anche dalla sinistra. Ma quello che vogliono PPD, Lega e UDC è una forzatura». Daniele Caverzasio (Lega) sulla proposta del Consiglio di Stato giunta cinque minuti a mezzanotte rileva che «il Governo sapeva bene cosa volevamo fare, poi è arrivato un venerdì pomeriggio in maniera rocambolesca e con un comunicato stampa (senza informare prima i deputati), con un’idea spacciata per testo conforme. La cosa più democratica e logica è che il popolo decida, ma sulla scheda ci deve essere la nostra proposta, contrapposta al controprogetto del PLR e del Governo. Due possibilità, due crocette, questa è vera democrazia». A sinistra il capogruppo del PS Ivo Durisch condivide «che è corretto abbassare l’imposta. Ma la proposta che noi avanziamo è completa perché va nella direzione della transizione energetica ed ecologica della politica federale. C’è ovviamente il concetto di “chi inquina paga”, ma pure degli incentivi per i mezzi di trasporto pubblico».
Il battibecco Bourgoin-Morisoli
I Verdi stanno con il PS, ma Samantha Bourgoin si è subito adirata per la situazione venutasi a creare: «Se oggi ci troviamo senza una soluzione è perché siamo figli del caos che si è generato dopo il pasticcio del “decreto Morisoli” (ndr. il sì popolare al pareggio del bilancio entro il 2025 andando ad agire sulla spesa pubblica) con il Governo che ha fatto melina, mentre si sapeva che l’iniziativa del PPD era sul tavolo. Ognuno ora vuole la sua piccola vittoria». E il capogruppo dell’UDC Sergio Morisoli cosa ne dice? «È una baggianata totale. Il decreto è stato votato un mese fa, l’iniziativa è del 2017. In cinque anni il Governo e la Commissione non sono stati capaci di trovare una soluzione». Per Agustoni, invece, a essere grave «è che la strategia di evitare di votare sull’idea dei -30 milioni sia del Governo, che ora si accorge che (a loro modo di vedere) questi milioni sono troppi, dimenticando quanto hanno pagato in esubero i ticinesi per anni». A rincarare la dose è infine arrivato Caverzasio: «Basta fare finta di nulla. Se la soluzione non la trova il Parlamento, facciamo decidere al popolo».