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Imposta minima OCSE: le imprese si battono per il «sì»

Le conseguenze di un rifiuto alle urne sarebbero serie, hanno motivato oggi durante un incontro con i media a Berna
©ANTHONY ANEX
Ats
22.03.2023 14:20

I rappresentanti delle aziende elvetiche e delle autorità cantonali spingono in favore del «sì» sull'imposizione minima per le grandi imprese, progetto dell'OCSE sul quale il popolo si esprimerà il prossimo 18 giugno. Le conseguenze di un rifiuto alle urne sarebbero serie, hanno motivato oggi durante un incontro con i media a Berna.

L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) propone un'aliquota fiscale del 15% per le società con un fatturato superiore ai 750 milioni di euro. Per poter introdurre questa novità in Svizzera è necessario modificare la Costituzione: i cittadini saranno quindi chiamati a dire la loro sul tema fra circa tre mesi.

«Nessuno di noi ha voluto questo progetto, ma nessuno si oppone alla sua realizzazione», ha precisato alla stampa Frank Marty, responsabile delle finanze e delle imposte presso Economiesuisse. L'esperto ha parlato a nome dei membri dell'associazione SwissHoldings, che riunisce le 60 maggiori imprese quotate dell'industria e dei servizi.

Uno dei motivi principali per cui la comunità imprenditoriale è a favore del progetto è che questa riforma fiscale verrà attuata a livello mondiale, con moltissimi Paesi coinvolti. Se la Svizzera dicesse «no», perderebbe entrate fiscali fino a 2,5 miliardi di franchi all'anno, soldi che sarebbero investiti altrove, e vedrebbe la sua reputazione rovinata.

Stando a Martin Hess, specialista di tasse di SwissHoldings, una nuova versione della proposta richiederebbe due anni e mezzo. Durante questo lasso di tempo, si verificherebbe un deflusso di denaro proveniente dalle imposte.

Daniel Wipfli di Novartis ha ammesso che, con la novità, la Svizzera perderebbe un importante vantaggio. Tuttavia, la Confederazione resterebbe comunque una delle nazioni più attrattive per i grandi gruppi.

I presenti hanno sottolineato come i tre quarti del gettito fiscale aggiuntivo andrebbe ai Cantoni interessati, mentre il restante quarto finirebbe nelle tasche della Confederazione. «La Svizzera può uscire economicamente e finanziariamente rafforzata da questa riforma», ha detto Hess, «a patto di fare le cose per bene».