Ticino

In stallo le trattive contrattuali, lavoratori edili pronti a scendere in piazza

Decisa una giornata di mobilitazione per lunedì 20 ottobre - Giangiorgio Gargantini (UNIA): «La situazione è grave, siamo a cinque minuti dalla mezzanotte»
© CdT/Gabriele Putzu
Martina Salvini
22.09.2025 17:30

I lavoratori dell’edilizia sono pronti a scendere in piazza. La giornata di mobilitazione, annunciata ieri, si terrà lunedì 20 ottobre a Bellinzona. Il motivo, dice al CdT il segretario regionale di UNIA, Giangiorgio Gargantini, è semplice: «Le negoziazioni in vista del rinnovo del Contratto nazionale mantello sono in stallo, e la situazione è grave». Di conseguenza, in occasione dell’assemblea organizzata dai sindacati UNIA e OCST - a cui hanno partecipato circa 200 lavoratori – è stato deciso di organizzare un primo giorno di mobilitazione in Ticino. «A livello nazionale siamo alla quarta tornata di trattative, e ne restano solo due. Ma finora non è stato possibile trovare un’intesa su nulla. Non era mai capitato di arrivare a metà settembre in una situazione simile». Va ricordato infatti che il contratto scadrà a fine anno, e finché non sarà trovata una quadra a livello nazionale, anche le discussioni attorno al Contratto collettivo ticinese rimarranno sospese. «A fronte della richiesta dei sindacati di intavolare prime discussioni, infatti, la SSIC cantonale ha per ora rifiutato di iniziare le trattative». Di qui, la decisione dei lavoratori di far sentire la propria voce. «Vogliamo aumentare la pressione, anche perché le questioni aperte sono diverse», dice Gargantini ricordando le rivendicazioni avanzate dai lavoratori. «Da parte nostra chiediamo una diminuzione del tempo di lavoro, con una riduzione della giornata a otto ore, e il pagamento dei tempi di trasferta, visto che oggi i primi trenta minuti di trasferta non vengono riconosciuti ai lavoratori». Dal profilo salariale, invece, «chiediamo un aumento salariale e il riconoscimento automatico del rincaro. Senza dimenticare l’interruzione dei lavori all’aperto quando la temperatura supera i 33 gradi». Dal canto suo, invece, Società svizzera impresari costruttori (SSIC) vorrebbe una liberalizzazione degli orari di lavoro (con 400 ore annuali di flessibilità) e il lavoro al sabato. «Ad oggi, lo ribadisco, non c’è intesa su nulla. Il contratto, lo ricordo, deve essere chiuso al più tardi a metà novembre, ciò significa che siamo davvero a cinque minuti dalla mezzanotte». Insomma, la situazione appare tesa. «Tutti - sindacati e associazione padronale - riconosciamo un grosso problema di carenza di manodopera, quindi sarebbe il momento di rendere più attrattiva la professione, specialmente per cercare di richiamare i giovani. Invece, le proposte della SSIC vanno nella direzione opposta, peggiorando il contesto lavorativo».

Si chiede più sicurezza

Durante l’assemblea della scorsa settimana, i lavoratori edili hanno anche votato una risoluzione che chiede «misure urgenti a tutela della salute e della sicurezza». Ricordando il 48.enne (membro del comitato cantonale edilizia dell’OCST) che ha perso la vita martedì scorso a Palagnedra mentre stava eseguendo dei lavori alla guida di un escavatore, i colleghi hanno voluto lanciare un chiaro messaggio. «Non possiamo non esprimere una forte rabbia, per l’ennesima ingiusta vittima di un sistema che va urgentemente ripensato», si legge nella risoluzione. «Da anni - viene spiegato - esprimiamo preoccupazione per i ritmi pressanti in cui ci troviamo a svolgere la nostra attività lavorativa: un mestiere bello, che svolgiamo con orgoglio, ma che è esercitato in condizioni sempre meno accettabili». La richiesta, dunque, è «un concreto impegno da parte degli impresari e committenti affinché si elaborino e attuino urgenti misure a tutela della nostra salute e sicurezza». In particolare, «chiediamo un impegno a elaborare e accettare solo offerte che garantiscano termini di consegna presentabili e realistici», ma anche che «si smetta di considerare ogni drammatico incidente sul cantiere come frutto di fatalità».