In Ticino chi bada alle badanti?

I sindacati tornano a denunciare gli abusi: «Ma le lavoratrici sono più consapevoli» - I progressi? Un apposito diploma e una struttura d'accoglienza per le emergenze
Romina Borla
14.11.2016 06:00

BELLINZONA - «Badante costringe anziano al matrimonio». «Lascia il bancomat alla badante della madre e lei gli ripulisce il conto», «Badante ubriaca picchia l'anziano che assiste». A far notizia sono spesso i casi di abusi nei confronti degli assistiti. Ci si sofferma meno sul mondo delle collaboratrici familiari. Un universo fatto di condizioni lavorative pessime, lontananza da casa e dagli affetti, sofferenza e sensi di colpa. Ma come vivono le badanti in Ticino? Lo abbiamo chiesto ad alcuni esperti.Obbligo di lavorare 15-17 ore al giorno, magari 7 giorni alla settimana, senza pausa e senza vacanze. Compiti che vanno ben al di là di quelli previsti. Pressioni inverosimili. Stipendi inadeguati che tardano ad arrivare o non arrivano mai. Licenziamenti in tronco al minimo accenno di rivendicazione. Nessun luogo dove rifugiarsi nelle situazioni di emergenza. E questo per quel che riguarda le badanti regolari. Ancora più critica la situazione delle tante che operano in nero, «in balia dei datori di lavoro, senza nessuno strumento per difendersi». Tre anni fa si presentava così il mondo delle collaboratrici familiari in Ticino, almeno secondo i sindacati che avevamo interpellato: VPOD, UNIA e OCST (vedi edizione del 18 ottobre 2013, pagine 4 e 5).

Come vivono oggi quelle centinaia di badanti – provenienti soprattutto da Polonia, Bulgaria e Romania – che continuano a sgobbare giorno e notte nel nostro cantone? Qual è la loro situazione lavorativa? «Purtroppo non è cambiato molto rispetto ad allora», sostiene Fausto Calabretta, responsabile del Settore sanità del Sindacato dei servizi pubblici (VPOD). «I problemi sono più o meno gli stessi. Non esiste ancora un contratto collettivo di lavoro per il settore ma solo un contratto normale che spesso non viene rispettato». Fortunatamente le badanti sono più consapevoli di un tempo.

«Non sono sufficienti pochi anni per ribaltare una situazione disastrosa», sottolinea Enrico Borelli, segretario di UNIA Ticino. «Tuttavia il tema è emerso, è argomento di prese di posizione. Di badanti si parla durante convegni, incontri, riunioni. Inoltre progressi sono stati fatti sul piano della formazione. Siamo riusciti a concretizzare il corso per il conseguimento del Diploma cantonale di collaboratrice familiare (badante). È una prima a livello nazionale. È stato un parto lungo e laborioso. Si tratta di un passo importante perché più formazione significa maggiori garanzie di qualità e di protezione, sia per il datore di lavoro che per la dipendente». Altra piccola vittoria, dice Borelli, la creazione di una struttura di accoglienza di emergenza a Monte Carasso per le badanti in difficoltà, per quelle che magari perdono il lavoro dall'oggi al domani e si ritrovano in mezzo a una strada, disperate.

In edicola il reportage completo, compreso di presentazione del libro "Orfani bianchi" dello scrittore Antonio Manzini, dedicato al tema, e a un'intervista a Fulvio Manghera, direttore dell'associazione Opera prima, che afferma fra le altre cose che stanno spuntando le prime badanti ticinesi.