Premi di cassa malati

Iniziative, il piano del Governo: ma i partiti vanno al contrattacco

Le proposte accolte dal popolo entreranno parzialmente in vigore solo nel 2027, ma bisogna trovare la copertura finanziaria - Lega, PS, PLR e Centro stanno studiando una via alternativa per forzare la mano: il Preventivo 2026 potrebbe contenere novità
©Chiara Zocchetti

La comunicazione ufficiale del Consiglio di Stato è arrivata questa mattina, all’indomani dell’incontro con i sindacati, l’economia e i Comuni. Grandi novità, dobbiamo ammetterlo, non ci sono. La nota governativa riprende e sviluppa le anticipazioni fatte dal presidente del Consiglio di Stato, Norman Gobbi, sul Mattino della Domenica alcune settimane fa, confermando, di fatto, il piano d’azione che il Governo intende adottare per implementare le due iniziative sui premi di cassa malati. Quindi: applicazione a tappe e in maniera graduale dal 2027 (e non dal 2026 come vorrebbero gli iniziativisti), implementazione in parallelo dei due testi, e messaggio entro la prossima primavera. L’unica novità, semmai, è la conferma politica che «l’entrata in vigore potrà avvenire solo contemporaneamente all’approvazione delle misure di finanziamento». In altre parole: non ci si muove fintanto che la sostenibilità finanziaria è data. Al riguardo, il Consiglio di Stato precisa che «intende applicare le due iniziative attraverso l’introduzione di meccanismi transitori, sia per l’applicazione del principio del 10%, sia per l’integrazione delle deduzioni fiscali, in modo da creare un sistema unitario e coerente». Per il resto, nulla di più: nessuna indicazione concreta sulle misure di finanziamento che intende adottare. Per i partiti non basta: e c’è già chi spinge per una soluzione che faccia leva sul Preventivo 2026.

Senza il paracadute

«Nei prossimi mesi dovremo definire come finanziare la prima tappa e, al contempo, delineare già i possibili scenari di intervento per l’implementazione definitiva», commenta al Corriere del Ticino il presidente del consiglio di Stato Norman Gobbi. Il quale aggiunge: «Implementare le due iniziative senza un paracadute, quindi senza un sistema di finanziamento sostenibile, sarebbe un salto nel vuoto che non possiamo permetterci. Il nostro compito è anche quello di garantire la stabilità delle finanze cantonali nel tempo». I prossimi passi serviranno quindi a definire le misure di finanziamento e a preparare il messaggio entro le tempistiche previste. «Nella prima fase lavoreremo sul sistema attuale, sfruttandone la natura dinamica». Ad esempio, come spiegatoci dal direttore del DSS, Raffaele De Rosa, per applicare parzialmente l’iniziativa del 10% «il Governo sta valutando di modificare alcuni parametri di calcolo (ndr. del sistema di sussidi), quali ad esempio le costanti del modello attualmente in vigore, così da ampliare sia la cerchia dei beneficiari sia l’ammontare del sostegno». Ma come, come riferito da Gobbi, «per l’implementazione piena, soprattutto dell’iniziativa del 10%, servirà invece una riflessione più profonda. E non escludiamo che si debba passare da una rivoluzione copernicana». Concretamente? «Sarà oggetto del messaggio», risponde Gobbi, per il quale il nodo centrale resta comunque la sostenibilità economica: «Se avessimo un forziere pieno, non sarebbe un problema. La realtà, però, è che già oggi destiniamo circa il 10% della spesa corrente ai sussidi di cassa malati: per il 2026 sono previsti 450 milioni. Applicare le iniziative significa quasi raddoppiare questa cifra, che è già una delle più alte pro capite in Svizzera». Insomma, se da un lato l’Esecutivo è tenuto a offrire una risposta al delicato problema dell’aumento dei premi (si veda l’articolo sotto) e dell’impoverimento della popolazione, dall’altro Gobbi ribadisce la necessità di procedere con cautela. In questo contesto sarà essenziale trovare un punto d’intesa con tutti gli attori: «Continueremo a coinvolgere i sindacati, l’economia e i Comuni. Lo abbiamo fatto con questo obiettivo, ma anche per fornire una visione d’insieme della situazione finanziaria del Cantone».

Posizioni lontanissime

Già, il punto d’intesa. Un elemento centrale, che però appare lontanissimo. Non solo gli iniziativisti, ma anche gli altri partiti di governo criticano l’agire dell’Esecutivo. E tutti, ed è questa la novità, aprono alla possibilità di forzare la mano. Detto altrimenti, all’orizzonte si intravvede sempre più nitidamente la possibilità di muoversi tramite il Parlamento, e dunque con i rapporti sul Preventivo 2026.

«Se il Governo non intende assumersi le proprie responsabilità, che sia il Parlamento ad assumersele», dice non a caso Laura Riget. La co-presidente socialista è stufa di questo modo di procedere. «Siamo molto delusi, sì», spiega. «La proposta dell’Esecutivo sull’implementazione è semplicemente inaccettabile, la volontà popolare – specie di fronte a un tema motivo di grande preoccupazione per i cittadini – va rispettata».

Come il PS, anche la Lega non è soddisfatta dell’agire del Consiglio di Stato. «Il Governo dovrebbe fare il Governo», attacca il coordinatore Daniele Piccaluga. «La volontà espressa dal popolo deve essere applicata il prima possibile». Dunque, senza aspettare il 2027 o il 2028. Come fare, allora? Anche il movimento «apre» a una via alternativa. E cioè a un’alleanza in Parlamento per forzare la mano a livello di preventivo. «Da parte nostra c’è la volontà di capire se anche gli altri partiti intendono andare in questa direzione», conferma Piccaluga. Al momento, aggiunge, non c’è una data per un incontro con le altre forze politiche. Ma l’incontro si farà.

Il metodo e la forma

La prima critica di Fiorenzo Dadò, invece, è sul metodo. Il Governo, finora, ha incontrato gli iniziativisti, i sindacati, i rappresentanti dell’economia e quelli dei Comuni. Ma non i partiti e i gruppi parlamentari. «Se il Governo vuole avere una minima possibilità di collaborazione, la prima cosa da fare in assoluto è intavolare una discussione per condividere le proposte e le intenzioni con tutte le parti in causa. E i partiti nonché i parlamentari sarebbero i primi a dover essere coinvolti», sottolinea il presidente del Centro. «È il Legislativo che dovrà decidere sul messaggio dell’Esecutivo». Sui contenuti, invece, Dadò non si sbottona troppo. Ma per una ragione ben precisa: «Per fare una valutazione di quanto comunicato dal Governo, bisognerebbe disporre di elementi che al momento non ci sono», dice. «Che cosa significa a tappe? E quanti soldi, dove si prenderanno? Questioni centrali, che al momento però non vediamo». Quindi, ecco una possibile soluzione: forzare la mano tramite il Legislativo, come aveva suggerito Fabrizio Sirica ma anche Maurizio Agustoni. «Non escludo questa pista», conferma Dadò. «La mia è un’opinione personale, dobbiamo ancora parlarne a livello di partito. Ma non è detto che si possa inserire delle indicazioni in tal senso già nel Preventivo 2026».

«Pronti a collaborare»

«Lo abbiamo detto da subito: noi ci siamo per costruire soluzioni con gli altri partiti. Su questo fronte come su altri, il compito del Gran Consiglio non è quello di andare a traino, ma di essere anche una locomotiva». Anche Alessandro Speziali, dunque, è pronto a intavolare delle discussioni con gli altri partiti per provare una via alternativa al Governo sull’implementazione dell’iniziativa. Aggiunge il presidente PLR: «Su questo tema non conta la procedura, bensì il traguardo per i cittadini. La proposta dell’Esecutivo mi sembra molto generica, priva di garanzie e con una tempistica incerta. In questo momento, la stella polare rimane la ricerca di una soluzione praticabile il più presto possibile».

I ragionamenti per affrontare il «problema di fondo»

Il Consiglio di Stato, nella nota con cui ha annunciato la sua «road-map» per l’applicazione delle due iniziative, ha voluto anche ricordare che «il voto del 28 settembre non risolverà il problema di fondo, che consiste nell’aumento della spesa sanitaria». Ossia: se i premi di cassa malati aumentano tutti gli anni lo dobbiamo alla crescita della spesa sanitaria. Non è un caso, dunque, che tra i tre elementi su cui il Governo intende lavorare per applicare le due misure figura anche un «ulteriore contenimento della crescita della spesa sanitaria».

Su questo fronte abbiamo sentito il direttore del Dipartimento sanità e socialità, Raffaele De Rosa, che in primis ha voluto ricordare quanto già fatto dall’Esecutivo: «Negli ultimi anni il Consiglio di Stato ha adottato direttamente o proposto al Gran Consiglio svariate misure volte a limitare l’aumento dei costi a carico della LAMal». Solo per fare qualche esempio: «La riduzione del valore del punto tariffale per le prestazioni mediche, il finanziamento dell’ambito ospedaliero stazionario con un sistema che disincentiva l’erogazione di volumi eccessivi di prestazioni, il blocco di nuovi medici autorizzati a esercitare in determinate specialità, la moratoria nel settore delle cure a domicilio e degli infermieri indipendenti, l’inasprimento dei criteri per l’autorizzazione all’esercizio e l’accesso al finanziamento residuo sempre nel settore delle cure domicilio». De Rosa, come già fatto più volte in passato, ricorda pure che «i margini di intervento dei Cantoni sono limitati dal diritto federale» ed «essi non possono ad esempio agire sui prezzi dei farmaci, i cataloghi delle prestazioni, il loro costo, l’accesso al sistema sanitario o le strutture tariffali». Tuttavia, aggiunge il consigliere di Stato, «il Governo proseguirà con determinazione negli sforzi sin qui intrapresi, ad esempio nell’ambito della pianificazione ospedaliera, dove è previsto di applicare i criteri dei numeri minimi di casi e delle quote minime di mercato per favorire una concentrazione dell’offerta, con effetti attesi anche sul contenimento dei costi». Ma non solo: «Valuterà inoltre l’adozione degli strumenti attribuiti ai Cantoni parallelamente all’entrata in vigore della riforma EFAS, segnatamente la possibilità di imporre moratorie sulle categorie di operatori sanitari che presentano costi più elevati in confronto alla media nazionale». Oltre a ciò, «approfondirà anche la possibilità di definire ulteriori criteri per il riconoscimento e il finanziamento dei servizi di assistenza e cura domicilio» ed «è pure in elaborazione un nuovo regolamento sui servizi ambulatoriali e, con il contributo di esperti esterni, sono in corso approfondimenti sulla struttura dei costi sanitari in Ticino rispetto al resto della Svizzera». Ma, secondo De Rosa, sarà pure importante «accelerare il passaggio dell’attività ospedaliera chirurgica dal regime stazionario a quello ambulatoriale, meno caro, e sensibilizzare anche i pazienti all’adeguatezza delle cure, evitando sovraconsumi inutili se non addirittura dannosi». Infine, «il Cantone continuerà a essere attivo e propositivo anche a Berna, come dimostra la recente approvazione da parte del Gran Consiglio di due iniziative cantonali sui prezzi dei farmaci e l’utilizzo dei generici e dei biosimilari».