L'analisi

«Intervento giusto, ma la situazione resta instabile»

Parla Antonio Mele, professore USI: «Il peggio potrebbe non essere passato» – Reazione positiva dei mercati alla decisione della BNS di tendere una mano a Credit Suisse
© KEYSTONE (EPA/JUSTIN LANE)
Dimitri Loringett
16.03.2023 22:44

Il titolo Credit Suisse (CS) rimbalza in Borsa dopo la rovinosa seduta di mercoledì, grazie all’intervento della Banca nazionale svizzera (BNS), che ha annunciato la messa a disposizione di liquidità con una linea di credito sino a 50 miliardi di franchi. A Zurigo, il titolo CS Group ha chiuso a 2,02 franchi, in progressione del 19,15%. In serata il Consiglio federale, che si era riunito in sessione straordinaria, ha comunicato di non volersi pronunciare, per il momento, sulle difficoltà di Credit Suisse.

Sugli avvenimenti di questi giorni che hanno coinvolto la seconda banca svizzera abbiamo interpellato Antonio Mele, professore di Finanza all’Università della Svizzera italiana a Lugano, a cui chiediamo subito se l’intervento della BNS sia giusto e se non arriva un po’ in ritardo. «Una banca centrale non decide autonomamente di intervenire, è semmai la banca che si trova in difficoltà che chiede aiuto alla sua banca centrale di riferimento. Il più delle volte, tuttavia, questa “chiamata di soccorso” non viene fatta prima per evitare lo stigma. Bisogna anche dire che oggi, purtroppo, i mercati si muovono molto rapidamente, in modo quasi esponenziale. Guardiamo solo a quanto è successo in queste ultime due settimane: il CS è stato colpito da alcune notizie poco rassicuranti, dal ritiro completo di un azionista storico (la Harris Associates, il 6 marzo, ndr) alla dichiarazione, mercoledì mattina, di un altro azionista di pes, la saudita SNB, che afferma di non poter aumentare la propria quota azionaria. A questo punto, il mercato (e i clienti) si fanno due domande sulla solidità e sulla liquidità della banca. Un caso da manuale, direi».

Nell’ultimo rapporto annuale della banca, pubblicato martedì scorso, c’è l’indicazione sui deflussi di capitali, che nel 2022 sono ammontati a 123 miliardi di franchi, di cui 110 nel solo periodo ottobre-dicembre. Si direbbe che la corsa agli sportelli del CS sia iniziata già da tempo e che quanto è accaduto in Borsa mercoledì sia dovuto a un classico effetto contagio...

«Questi episodi - spiega Mele - avvengono sostanzialmente per un problema di “coordinamento”. In economia parliamo dei cosiddetti “sunspots” (macchie solari, ndr), ovvero di variabili casuali che non influiscono sui fondamentali economici. Questo fenomeno è stato studiato da due premi Nobel per l’Economia 2022 Douglas Diamond and Philip Dybvig. Ulteriori studi hanno accertato che, storicamente, le corse agli sportelli non avvengono a casaccio e che questo problema di coordinamento avviene quando ci si trova in un ciclo economico particolarmente avverso, come quello in cui ci troviamo attualmente. Siamo usciti da una crisi pandemica e la tanto annunciata ripresa non si ancora attuata, o meglio, è piuttosto modesta. Poi si è aggiunto l’aumento dell’inflazione, che ha comportato la virata delle banche centrali con i loro cicli di aumenti dei tassi d’interesse. Per certi versi, la situazione ricorda un po’ quella degli anni Ottanta - con le dovute proporzioni - quando l’allora governatore della Fed Paul Volker effettuò un drastico rialzo dei tassi per tenere a bada la forte inflazione. Questo provocò però la crisi delle banche di deposito e risparmio (savings & loans) che venne poi risolta con un salvataggio, a carico dei contribuenti, da oltre 150 miliardi di dollari».

Quindi, dobbiamo preoccuparci? Ancora Mele: «Il rialzo dei tassi da parte delle banche centrali è ancora in corso. Ci si aspetta quindi un periodo di instabilità e alcune banche, specie quelle mal gestite, potrebbero avere dei problemi, come abbiamo visto con la Silicon Valley Bank. Riguardo il CS, ci sono diversi fattori che possono spiegare, oltre al contesto di instabilità generale, quanto gli sta accadendo, come i problemi di gestione aziendale, i pessimi risultati registrati nel 2022, gli scandali, i piani aziendali non ben definiti, i problemi con la SEC che ha rimandato di qualche giorno la pubblicazione dei risultati 2022 per effettuare delle ulteriori verifiche, i deflussi dei depositi che sono sì diminuiti ma che non si sono arrestati... Una classica “tempesta perfetta”, insomma. Tutte queste cose determinano in un modo o l’altro la sfiducia del pubblico (e dei mercati) nei confronti della banca».

Credit Suisse è una banca definita di rilevanza sistemica, il che significa che sottostà a tutta una serie di regole, come quelle stabilite nel pacchetto di riforme «Basilea III». Come mai allora la banca si trova in difficoltà? «Qualche perplessità c’è, in effetti. Il fatto che il CS abbia dei requisiti patrimoniali comunque buoni e conformi significa che la rispetta le regole di Basilea III. Ma non significa che sia completamente “immune” al rischio di insolvenza dovuta alla corsa agli sportelli, soprattutto se negli anni ha dimostrato di avere una gestione aziendale un po’ discutibile».

Un'ultima domanda, i mercati hanno sempre ragione? «Il titolo CS Group si è ripreso. Significa che l’intervento della BNS è credibile. Credo però che mercoledì molti operatori “irrazionali” si sono lasciati prendere dal panico per via dello status di banca sistemica che ha il Credit Suisse. Non è detto che il peggio sia passato, dovremo vedere che succede nei prossimi giorni», conclude Mele. 

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