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Iran: uccisa Hadith Najafi, «la ragazza della coda» simbolo delle proteste

Vent'anni, capelli biondi, che prima di buttarsi tra la folla legava con un elastico, senza velo – È morta sabato sera a Karaj, colpita da sei proiettili
© Twitter
Red. Online
25.09.2022 17:56

In Iran proseguono le proteste, da dieci giorni, a seguito della morte di Mahsa Amini, 22 anni, originaria del Kurdistan iraniano, deceduta a Teheran dopo essere stata arrestata dalla «polizia della moralità» per non avere indossato correttamente il velo islamico come prescritto dalle leggi iraniane. Ma nonostante la ribellione e le manifestazioni in tutto il Paese, un'altra donna è stata uccisa. Si tratta di Hadith Najafi, diventata con altre il simbolo delle proteste. La giornalista iraniana Masih Alinejad, sul suo profilo Twitter, ha scritto: «Sua sorella mi ha detto che aveva solo 20 anni ed è stata uccisa da 6 proiettili nella città di Karaj».

Perché era diventata un simbolo? Grazie a un gesto ai nostri occhi molto banale. Il video in cui si lega con un elastico i capelli biondi, prima di unirsi alle proteste. Immagini che hanno fatto il giro il mondo e hanno dato forza alle altre donne che stanno facendo udire la loro voce, pur sapendo a quali conseguenze (proprio loro) potrebbero andare incontro. Quello di legare i capelli, senza velo, era diventato quasi un grido di battaglia per Hadith Najafi, che ripeteva prima di manifestare per le strade di Karaj, vicino a Teheran. Aveva solo 20 anni, ed è morta ieri sera. I proiettili - stando alle notizie diffuse online - l'hanno raggiunta al petto, in viso e al collo. Si diceva contraria all'uso obbligatorio del velo e alle leggi discriminatorie dei diritti delle donne nella Repubblica islamica a maggioranza sciita.

Anche il regista premio Oscar

Anche il regista iraniano Asghar Farhadi, premio Oscar per Il cliente e Una separazione si è unito alle proteste. E ha diffuso un video appello: «Sono il regista Asghar Farhadi. Avrete ascoltato le recenti notizie dall'Iran e visto immagini di donne progressiste e coraggiose che guidano le proteste per i loro diritti umani insieme agli uomini. Lottano per diritti semplici ma fondamentali che lo Stato nega loro da anni. Questa società, in particolare queste donne, ha attraversato finora un percorso duro e doloroso e ora ha raggiunto un punto di riferimento». Un appello rivolto agli artisti e agli intellettuali di tutto il mondo perché si mobilitino in segno di solidarietà verso il suo popolo. «Le ho viste da vicino queste notti. La maggior parte di loro è molto giovane: diciassette anni, vent'anni. Ho visto indignazione e speranza nei loro volti e nel modo in cui marciavano per le strade. Rispetto profondamente la loro lotta per la libertà e il diritto di scegliere il proprio destino nonostante tutta la brutalità a cui sono soggette. Sono orgoglioso delle donne potenti del mio paese e spero sinceramente che attraverso i loro sforzi raggiungano i loro obiettivi. Attraverso questo video, invito tutti gli artisti, i registi, gli intellettuali, gli attivisti per i diritti civili di tutto il mondo e tutti i paesi, e tutti coloro che credono nella dignità umana e nella libertà, a essere solidali con le donne e gli uomini potenti e coraggiosi dell'Iran, in video, per iscritto o in altro modo». Segnali che possono «rafforzare ulteriormente la speranza dell'Iran di raggiungere questo obiettivo bellissimo e fondamentale che stanno cercando in un paese in cui senza dubbio le donne saranno le pioniere delle trasformazioni più significative. Per un domani migliore».

«Una risposta decisa e senza indulgenza»

Il capo della magistratura iraniana, l'ultraconservatore Gholamhossein Mohseni Ejei, ha nel frattempo dichiarato che non deve esserci «alcuna indulgenza» nei confronti delle proteste, che da oltre una settimana, guidate dalle donne, attraversano l'Iran. Proteste la cui repressione ha lasciato decine di morti, per lo più manifestanti. Il capo del potere giudiziario iraniano ha «sottolineato l'urgenza di una risposta che sia decisa e senza indulgenza» contro gli istigatori dei «disordini».

Denunciate interferenze internazionali

Le autorità iraniane hanno convocato gli ambasciatori di Regno Unito e Norvegia per denunciare le «interferenze» da parte di questi paesi negli affari interni della Repubblica islamica sul caso di Mahsa Amini. Il ministero degli esteri ha protestato con l'ambasciatore britannico a Teheran, Simon Shercliff, per gli atti di «incitamento alle rivolte e ai disordini», divulgati attraverso le stazioni televisive che hanno sede a Londra. «Si tratta di un'ingerenza negli affari interni della Repubblica islamica dell'Iran e di un atto contro la sovranità nazionale del nostro paese», ha sostenuto il ministero, senza però precisare di quali canali tv si tratti. La BBC in lingua farsi, che ha sede nel Regno Unito e diffonde in Iran, è regolarmente criticata dalle autorità del Paese. Da parte sua l'ambasciatore norvegese Sigvald Tomin è stato convocato dopo le dichiarazioni del presidente del parlamento di Oslo, che il ministero degli esteri iraniano ha qualificato come una «ingerenza negli affari interni dell'Iran».

Intanto anche gli Stati Uniti si dichiarano «accanto alle donne e cittadini iraniani che chiedono un futuro migliore». Lo ha detto il consigliere nazionale per la Casa Bianca, Jake Sullivan, in un'intervista a NBC news. «Abbiamo compiuto passi concreti come le sanzioni contro la polizia morale di Teheran e le misure per facilitare l'accesso a Internet e continueremo a farlo perché queste proteste sono una questione di diritti fondamentali e dignità», ha sottolineato.

L'Alto Rappresentante UE per la Politica Estera, Josep Borrell, ha dichiarato: «Per l'UE e i suoi Stati membri, l'uso diffuso e sproporzionato della forza contro manifestanti non violenti è ingiustificabile e inaccettabile. I cittadini in Iran, come in qualsiasi altro Paese, hanno il diritto di protestare pacificamente. Tale diritto deve essere garantito in ogni circostanza. L'UE valuterà tutte le opzioni a sua disposizione in vista del prossimo Consiglio Affari esteri, per affrontare l'uccisione di Mahsa Amini e il modo in cui le forze di sicurezza iraniane hanno risposto alle manifestazioni che ne sono seguite».

«Bella ciao» in persiano

Le proteste, comunque, non si placano e corrono in tutto il mondo anche grazie al web. Pure con una canzone, simbolo di rivoluzione: «Bella ciao». Che oggi risuona sugli smartphone dei giovani iraniani in una versione in farsi diventata una sorta di inno delle proteste contro l'obbligo di indossare l'hijab e contro il regime degli ayatollah.

AGGIORNAMENTO

Hadith Najafi è morta, ma non sarebbe la ragazza che si lega i capelli in un video diventato virale, simbolo delle proteste in Iran. La BBC in lingua farsi ha parlato con una donna che dice di essere la protagonista del video e di essere ancora viva. La donna ha spiegato che il suo scopo nel registrare il video era incoraggiare le ragazze iraniane ad «avere il coraggio di scendere in strada» e non voleva che la falsa notizia della sua morte preoccupasse e spaventasse i manifestanti. La ragazza ha anche inviato alla BBC persian un video in cui ripete il gesto dei capelli per dimostrare di essere la stessa persona. In un videomessaggio dice: «Combatto per Hadith e per Mahsa».

Ma spunta un altro video e questa volta si tratta davvero di Hadith Najafi. Si tratta dell'ultimo messaggio inviato agli amici: «Ora che ci sto andando - dice la 23.enne con il viso coperto dalla mascherina nera e il velo - penso che non vedo l'ora di rivedere questo video tra qualche anno, mi vedrò felice di essere andata a queste proteste, perché finalmente tutto è cambiato».

Radio Zamaneh, un'emittente persiana di base ad Amsterdam, ha riferito: «Il corpo di Hadis Najafi non è stato consegnato alla sua famiglia fino a venerdì 23 settembre. Durante questo periodo, la famiglia di Hadis è stata sottoposta a notevoli pressioni dalle forze di sicurezza, che hanno anche chiesto alla famiglia di dichiarare che la causa della sua morte era un ictus, ma il padre ha rifiutato».

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