Israele bombarda Gaza e Libano, nuova crisi in Medio Oriente?

Sono più di 10 i siti di Hamas colpiti dall'aviazione israeliana nella notte a Gaza. Nel sud del Libano ne sono stati attaccati 3. È stato il portavoce militare a riferirlo, aggiungendo che Hamas avrebbe lanciato da Gaza contro Israele 44 razzi. Uno ha colpito una casa a Sderot (senza vittime), 14 sono caduti in area aperta, 8 sono stati intercettati, 12 sono caduti in mare e 9 dentro la Striscia. I residenti attorno alla Striscia sono stati invitati a restare nei rifugi. Ma che cosa sta succedendo? In Israele si rischia una nuova escalation di violenza?
Un periodo sacro
Lo scorso anno, in questo periodo, si parlava di scontri sulla Spianata delle moschee. Un crocevia di fedeli: la moschea di al-Aqsa, il Muro del Pianto e la Basilica del Santo Sepolcro. Nel 2022, infatti, per la prima volta negli ultimi dieci anni i giorni della Pasqua cristiana erano all’interno della settimana della Pasqua ebraica, che si festeggiava a sua volta lo scorso anno durante il mese sacro per i musulmani, il Ramadan. E il Venerdì santo cristiano, il secondo di preghiere del mese sacro di Ramadan, nonché l'avvio dei sette giorni della Pasqua ebraica, gli incidenti avevano avuto inizio sin dalle prime ore del mattino.
Quest'anno il copione non è cambiato molto. Lo Stato ebraico ha accusato ieri fazioni palestinesi legate ad Hamas di essere responsabili del lancio di 34 missili dal Paese dei Cedri verso la Galilea occidentale. Razzi preceduti da altri 7, di cui 5 verso Israele, tirati direttamente dalla Striscia in apertura della giornata in cui si festeggia la Pasqua ebraica. Con la spianata delle Moschee a Gerusalemme che, negli ultimi giorni, fa da cornice agli scontri. Forze di sicurezza israeliane sono entrate all'interno della moschea di Al Aqsa – terzo luogo sacro islamico dopo La Mecca e Medina – proprio durante le preghiere islamiche nel mese del Ramadan. L'obiettivo era sgomberare musulmani che si erano asserragliati nel complesso. Dall'inizio del mese sacro, più volte i fedeli hanno tentato di restare di notte nella struttura religiosa, ma questo solitamente viene permesso solo durante gli ultimi dieci giorni del Ramadan. Gli agenti, colpiti con sassi e petardi, hanno reagito con lacrimogeni, granate stordenti e l'uso di manganelli. Secondo la Croce Rossa palestinese in 37 sono rimasti feriti, mentre le forze di sicurezza israeliane hanno riferito dell'arresto di oltre 350 persone, suscitando la dura reazione dei palestinesi e del mondo arabo-islamico.
Le dichiarazioni dei leader
Da qui la pioggia di razzi su Israele dal Libano e da Gaza. Raid già definiti come «i più gravi dal conflitto del 2006». A cui è stata data una risposta. Come detto, l'aviazione israeliana ha attaccato nella notte Gaza e il sud del Libano. E le milizie palestinesi nella Striscia di Gaza hanno reagito lanciando 44 razzi verso Israele. L'AFP riferisce tre almeno tre violente esplosioni nella regione di Tiro, nel sud del Libano. Almeno due proiettili d'artiglieria sarebbero caduti vicino a un campo profughi palestinese, un altro proiettile è caduto sul tetto di un'abitazione vicino al campo. Al Manar, network televisivo pro-iraniano, ha reso noto che i bombardamenti si sono concentrati su tre zone nel sud del Libano, fra cui il settore del campo di Rachidiye.
L'esercito israeliano ha annunciato di avere rafforzato la presenza di fanteria e artiglieria nel nord e nel sud del Paese. Il portavoce ha dichiarato che l'attacco di ieri non poteva essere ignorato dal gruppo sciita libanese Hezbollah, e che «lo Stato del Libano è responsabile di ogni aggressione proveniente dal suo territorio. Nessuno vuole un'escalation a questo punto», ha aggiunto: se gli attacchi cesseranno, cesseranno anche i bombardamenti.
Ieri sera, Benyamin Netanyahu ha convocato il gabinetto di sicurezza e il ministro della difesa Yoav Gallant ha dato mandato di preparare «tutte le opzioni di risposta». Il premier israeliano ha quindi promesso di «colpire i nemici», che «pagheranno un prezzo per ogni atto di aggressione». Il Libano, da parte sua, aveva negato «qualsiasi escalation dal suo territorio», per bocca del premier libanese, Najib Mikati: «Il governo libanese si oppone all'uso del suo territorio per operazioni che destabilizzano la situazione».