Stagione venatoria

La caccia, un racconto tra attese e scrupoli

Domani il via ai cacciatori fino al 22 settembre - Lo scrittore Leo Tuor: «I movimenti degli animali non si possono prevedere. È la cosa che più mi piace in un’era in cui vorremmo programmare tutto, persino la vita e la morte»
(Foto Shutterstock)
Paolo Galli
30.08.2019 06:00

«Settembrini non era mai andato a caccia senza tornare con qualcosa. Perciò apprezzava quel ricco mestiere che gli apportava un po’ di carne di tanto in tanto, e a noi sempre nuove storie. “Continuo a raccontare, circondato da resti di storie, di angeli spiaccicati, del cielo stellato, nel quale non ci sono più stelle fisse. Le stelle camminano, quelle con la coda più veloci, quelle senza coda più piano. Il cielo è di fuoco e le stelle luccicano nei colori. Rosse, gialle, bianche, blu, come il metallo a seconda del colore”».

La caccia è fatta di prede e di storie. Lo sa bene anche Leo Tuor, grigionese, cacciatore e scrittore, scrittore e cacciatore. Il brano iniziale è tratto dal suo romanzo Settembrini. Vita e opinioni (Edizioni Sottoscala). Domani si aprirà, in Ticino, la stagione della caccia. Tempo quindi anche di nuovi racconti. «Sì, in effetti si può dire che i cacciatori siano anche dei raccontatori. Si sono anche accorti che devono sempre aggiungere qualcosa, ai loro racconti, in modo da arricchirli, altrimenti la storia reale rischierebbe di non essere così interessante». Un’immagine che stride con l’ideale del cacciatore silenzioso e solitario: lui e la natura. Il resto del mondo fuori. «Penso che questa sia un’immagine appunto idealizzata del cacciatore: il cacciatore che diventa una cosa unica con la natura. Non lo so, per me è una storia inventata. Ci sono ovviamente cacciatori con questo carattere, ma il 90% dei cacciatori sono dei grandi narratori. Perché nella caccia alla fine gira tutto attorno alla loro forza, conta la lista dei capi abbattuti, e questa è una cosa che ho criticato nel mio libro. La caccia per me non ha a che fare solo con l’uccidere: uccidere è qualcosa di molto problematico per i veri cacciatori».

«Più divento vecchio, più è difficile»

In effetti, in un altro brano del suo romanzo, Tuor scrive: «Al principio l’essere umano non faceva differenza tra se stesso e i grandi animali. L’uomo primitivo era della loro stessa specie. È il sentimento che avevo ora che stavo là, di fronte all’occhio nero della bestia ferita che non si poteva più rialzare. Eravamo fratelli. Ma solo in quella situazione. (...) Non mi era mai successo di essere così sconvolto dal fatto di aver ucciso». La caccia che avvicina l’uomo all’animale, ma anche al suo stesso essere animale. Leo Tuor ci spiega: «Attraverso la caccia in effetti si sviluppa l’istinto, che abbiamo un po’ atrofizzato, e si entra in sintonia con l’animale. Il problema è che poi bisogna ucciderlo e per me, più divento vecchio, più diventa difficile, perché è un atto di violenza. Per cui non lo trovo più così “divertente”, ma è ovvio che la caccia è legata all’uccidere e alla morte». Una sensibilità che ha a che fare con l’età? «Forse perché con l’età si diventa più saggi o forse perché con l’avanzare dell’età si vede la propria morte avvicinarsi sempre di più. Per cui si esita maggiormente; subentrano degli scrupoli nell’uccidere giovani animali, o anche vecchi animali. Perché ogni volta che si uccide, si toglie a un essere vivente la vita e la sua essenza - non a caso, dal latino, animale deriva da anima - e forse diventando più vecchi, con la morte che si avvicina, si riflette di più su queste cose».

«C’è sempre più burocrazia»

Riferiamo a Tuor della nostra chiacchierata con la 18.enne Rachele Corti (si veda sotto), alla sua prima vera battuta di caccia da protagonista. Da una parte quindi un cacciatore che ammette di invecchiare, di fronte alla caccia, dall’altra una giovane donna con tutta la sua dirompente energia. «Per i giovani cacciatori è qualcosa di molto entusiasmante, si avventurano in qualcosa di completamente nuovo, eccitante, lontano dalla civilizzazione. Per la mia esperienza, benché la caccia nei Grigioni venga quasi messa sullo stesso piano della libertà,vedo che ogni anno arrivano nuove regolamentazioni e formulari da riempire. Riguardo a come si è sparato all’animale, adesso c’è un test che chiede quali munizioni ha usato il cacciatore e come hanno reagito gli animali. Per i vecchi cacciatori è una catastrofe, infatti il computer li spinge sempre più ad abbandonare la caccia ». L’attesa dell’animale da una parte, l’attesa della stagione della caccia dall’altra. Il mestiere del cacciatore è insomma fatto anche di tante attese, di tanta attesa. «L’attesa dell’animale è qualcosa di meditativo: arriva o non arriva? Non è qualcosa che si può pianificare - o meglio, si può pianificare ma poi succederà sempre qualcosa di diverso - e questo è un aspetto molto affascinante in un’era in cui si ha l’impressione di poter pianificare tutto, di poter pianificare persino la vita e la morte. Nella caccia non funziona per niente così, per me questo è uno degli aspetti più belli e puri».

«Più preparazione che istinto»

L’attesa, nel caso di Rachele, è stata riempita anche con la preparazione. Riprendiamo il libro di Leo Tuor. «“Un cacciatore”, affermava mio zio, avanzando davanti a me fra gli arbusti e trattenendo i rami affinché non mi rimbalzassero sul naso, “un cacciatore non deve aver letto troppi libri sulla vita degli animali, su armi e munizioni”. Un cacciatore deve essere cauto nel leggere. Perché leggere troppo ammazza la gioia della caccia. Don Chisciotte, l’ingegnoso idalgo, era cacciatore prima che si mettesse a leggere senza posa romanzi di cavalleria. Quei libroni gli hanno guastato il piacere della caccia». Preparazione, del cacciatore e di una singola uscita, e istinto: cos’è la caccia? Oggi Tuor spiega: «Io penso che la preparazione sia il lavoro più grosso da fare prima che si sia davvero pronti. Si comincia a casa, e ancora prima se un cacciatore ha una baita in montagna non raggiungibile con la macchina, per cui deve trasportare tutto il materiale a mano. L’istinto è una parte più piccola, che però è molto legata alla componente di gioia della caccia». Se i teorici definiscono la caccia come un’arte nobile, ciò mai è avvenuto nei Grigioni. «No, nei Grigioni non lo è mai stata. La popolazione grigionese è sempre stata una popolazione di cacciatori e la caccia non ha mai avuto niente a che fare con la nobiltà. Al contrario, già dal tardo Medioevo, diciamo dal XV-XVI secolo, dai tempi della Riforma protestante, era considerata disdicevole per il vescovo e per i nobili. Ecco allora che nei Grigioni abbiamo un altro tipo di tradizione della caccia, non come arte nobile. Diciamo che la caccia non era un’attività di piacere ma un modo per procacciarsi il cibo a casa».

Dati e date

Da quando a quando

La stagione di caccia inizierà domani, sabato, e terminerà domenica 22 settembre, prendendosi però una pausa domenica 15 settembre, in occasione della festa federale. Il regolamento venatorio per il 2019 detta i seguenti orari per la caccia alta: dalle 4.50 alle 19.40 (tra il 31 agosto e il 14 settembre) e dalle 5.15 alle 19.15 (tra il 16 e il 22 settembre).

Quanti in Svizzera

Stando alla statistica federale di caccia, nel 2018 i cacciatori registrati in Svizzera erano 28.422, di cui 958 donne. Donne che risultavano assenti dalle statistiche fino al 2013 compreso. Nel 2014, erano 355. Nel 2009, a titolo di paragone, i cacciatori erano 30.917, per l’appunto tutti di sesso maschile.

Quanti in Ticino

Lo scorso anno, i cacciatori che avevano staccato la patente in Ticino – fonte UCP Ticino – erano 1.802; 72 i candidati cacciatori, di cui 44 promossi. Quest’anno, 39 i nuovi cacciatori, di cui 4 le donne, compresa Rachele Corti (si veda sotto).

Quante catture

Sempre riferendoci al rapporto dell’UCP Ticino, nel 2018 erano stati catturati 662 camosci, 1.936 cervi – raggiunto solo il 94% del piano di abbattimento, fissato a 2.059 capi – e 454 caprioli. I cinghiali catturati nel 2018 sono stati invece 1.588.

Leo Tuor

Classe 1959, Leo Tuor è stato insegnante e pastore. È scrittore, oltre che cacciatore. In lingua italiana, si trovano Giacumbert Nau, Caccia allo stambecco con Wittgenstein (Casagrande) e Settembrini (Sottoscala).