La Chiesa ha scelto un Papa Americano, è Leone XIV

Ancora una volta, la Chiesa è riuscita a sorprendere. Robert Francis Prevost è il 267. Papa cattolico, il primo nato negli Stati Uniti, Paese che si appresta a celebrare i 250 anni della sua fondazione. Prevost ha scelto di chiamarsi Leone XIV, omaggio probabilmente a Vincenzo Gioacchino Pecci, il pontefice che con l’enciclica Rerum Novarum, pubblicata nel 1891, fondò la moderna dottrina sociale cristiana.
Il conclave, smentendo tutti coloro i quali si dicevano convinti che mai i cardinali avrebbero scelto un Papa proveniente dalla più grande superpotenza globale, è invece andato nella direzione opposta. «Mentre i campi ideologici si azzuffavano sull’opportunità di continuare l’agenda inclusiva di Francesco o di tornare a un percorso dottrinale conservatore - ha scritto a caldo, questa sera, il New York Times - i sostenitori presentavano il cardinale Prevost come un’alternativa equilibrata». Ottenendo il massimo risultato possibile.
Di fatto, i porporati hanno deciso molto rapidamente: poco più di 24 ore e quattro scrutini. Segno di una convergenza consapevole e convinta sul nome di Prevost. Il timore della vigilia, ovvero che i 133 elettori della Sistina - molti dei quali non si conoscevano tra loro - non riuscissero facilmente a trovare la necessaria unità, si è dissolto oggi, nel tardo pomeriggio romano, insieme con il fumo bianco che saliva verso il cielo.
L’amico parroco a Chicago
«Hanno scelto un brav’uomo - ha detto padre William Lego, il parroco di San Toribio, nel South Side di Chicago, che conosce il nuovo Papa sin dai tempi del liceo - Aveva un buon senso del bene e del male, e ha sempre lavorato con i poveri». In questo senso, Leone XIV sarà sicuramente un continuatore di Francesco. In modi probabilmente diversi, e con un carisma che emergerà in tutta la sua forza soltanto con il tempo.
Certo è che affacciandosi dal loggiato di San Pietro, il nuovo Papa ha pronunciato un vero e proprio discorso. Non un programma, ma sicuramente un’indicazione chiara dei temi sui quali vorrà insistere: la pace, la giustizia sociale, il dialogo, l’unità della Chiesa. E peraltro, è la prima volta che un pontefice, dopo l’elezione, si rivolge alla folla di San Pietro leggendo un testo scritto. Segno forse del fatto che Prevost, già in conclave, aveva capito in che direzione si stessero muovendo i cardinali.
Le prime parole
«La pace sia con tutti voi! - ha esordito Leone XIV - questo è il primo saluto del Cristo risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. E anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie. A tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la Terra. La pace sia con voi!». Nove volte, il Papa, ha ripetuto la parola pace. «Una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante». Una pace che «proviene da Dio, che ci ama tutti incondizionatamente. Ancora conserviamo nei nostri orecchi quella voce debole ma sempre coraggiosa di papa Francesco che benediva Roma e dava la sua benedizione al mondo, al mondo intero, quella mattina del giorno di Pasqua. Consentitemi di dar seguito a quella stessa benedizione: Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà!».
Nella grande piazza è risuonato quindi il «Non praevalebunt» di Matteo (16:18), quando Gesù afferma che la Chiesa sarà edificata sulla pietra, e che le porte degli inferi (ovvero le forze del male) non saranno in grado di prevalere contro di essa. Ma è anche tornata l’invocazione con cui, il 22 ottobre 1978, nell’omelia della prima messa pontificale, papa Giovanni Paolo II, iniziò il suo ministero petrino: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!».
«Siamo tutti nelle mani di Dio - ha infatti detto Leone XIV - Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti. Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace».
Il ringraziamento ai cardinali
Prevost ha quindi ringraziato «tutti i confratelli cardinali» che lo hanno scelto «per essere successore di Pietro e camminare insieme con voi, come Chiesa unita cercando sempre la pace, la giustizia, cercando sempre di lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura, per proclamare il Vangelo, per essere missionari». Un sostantivo, quest’ultimo, molto caro al nuovo Papa, un «figlio di Sant’Agostino, un agostiniano», un chierico cioè proveniente da un ordine religioso che ha fatto della missione e dello studio la propria ragion d’essere (non va dimenticato che anche Martin Lutero era un agostiniano).
Subito dopo, sulla scia di Bergoglio, Leone XIV ha rammentato il proprio ruolo di vescovo di Roma. «Con voi - ha detto - sono cristiano e per voi vescovo. In questo senso possiamo tutti camminare insieme verso quella patria che Dio ci ha preparato. Alla Chiesa di Roma un saluto speciale. Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta a ricevere come questa piazza con le braccia aperte. Tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, la nostra presenza, il dialogo e l’amore».
Il richiamo al sinodo
Dopo aver salutato, in spagnolo, la sua «amata diocesi di Chiclayo, in Perù, dove un popolo fedele ha accompagnato il suo vescovo, ha condiviso la sua fede e ha dato tanto, tanto per continuare ad essere la Chiesa fedele di Gesù Cristo», Leone XIV ha fatto un accenno molto significativo all’ultima, grande intuizione di Francesco, la sinodalità, collegandola ai temi che hanno caratterizzato il pontificato del predecessore: la pace, l’attenzione ai poveri e agli ultimi. «Vogliamo essere una Chiesa sinodale - ha detto Prevost - una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicino specialmente a coloro che soffrono».
Anche queste considerazioni, le ultime del discorso prima della supplica alla Madonna di Pompei (della quale oggi si celebrava la ricorrenza) e della recita corale dell’Ave Maria, testimoniano forse la direzione che Leone XIV potrebbe prendere. Il sinodo sulla sinodalità è stato uno dei passaggi più difficili del papato di Francesco, frenato in particolare sull’apertura al diaconato femminile. Se davvero Prevost volesse riprendere quel cammino, allora il segnale sarebbe molto forte. E indirizzato soprattutto a quel pezzo di gerarchia che interpreta le innovazioni dottrinali come un cedimento e non come un ponte gettato verso il futuro.
La prima messa
Intanto, come riferito dal direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni, domani il nuovo Papa celebra la messa nella Cappella Sistina con il Collegio cardinalizio alle 11. Domenica reciterà invece il Regina Coeli alle 12 dalla loggia centrale di San Pietro e lunedi 12 maggio, alle 10, com’è ormai tradizione, incontrerà gli operatori dei media in un’udienza straordinaria nella grande aula Paolo VI alle 10.