La Cina è «pronta a combattere fino alla fine» nella guerra commerciale con gli Stati Uniti

La tensione tra Stati Uniti e Cina torna a crescere bruscamente. Pechino ha risposto con fermezza alle nuove minacce del presidente americano Donald Trump, che nei giorni scorsi ha annunciato l’intenzione di imporre dazi aggiuntivi fino al 100% sui beni «made in China» a partire dal primo novembre, come ritorsione contro la stretta cinese sull’export di terre rare.
Un portavoce del ministero del Commercio cinese ha ribadito la linea dura di Pechino: «Sulla questione delle guerre tariffarie e commerciali, la posizione della Cina rimane coerente. Se volete combattere, combatteremo fino alla fine; se volete negoziare, la nostra porta rimane aperta».
Nel frattempo, la Cina ha introdotto un nuovo regime di tasse portuali speciali per le navi di proprietà o gestite da imprese e cittadini statunitensi. Le tariffe, decise dal ministero dei Trasporti, partiranno da 400 yuan (circa 56 dollari) per tonnellata netta e cresceranno gradualmente fino a 1.120 yuan entro aprile 2028. La misura, spiegano le autorità cinesi, serve a «tutelare gli interessi dell’industria navale nazionale» e colpisce anche le navi con più del 25% di partecipazione statunitense o costruite negli Stati Uniti.
Si tratta di una mossa speculare rispetto a quella di Washington, che aveva introdotto restrizioni contro i settori marittimi e cantieristici cinesi sulla base della Sezione 301. Secondo le stime del think tank americano CSIS, gli Stati Uniti rappresentano appena lo 0,1% della cantieristica mondiale, mentre la Cina ne detiene oltre il 50%. Il ministero dei Trasporti di Pechino ha accusato le misure americane di «violare gravemente i principi del commercio internazionale e l’Accordo sui trasporti marittimi Cina-Usa», denunciando il rischio di compromettere l’intero traffico bilaterale.
Sul fronte delle terre rare, Pechino ha precisato che la nuova stretta sull’export e sulle tecnologie correlate «è un’azione legittima e legale per migliorare i sistemi di controllo dell’export in conformità con le leggi nazionali». Non si tratta, ha puntualizzato il ministero del Commercio, di un divieto totale: «Le domande conformi riceveranno regolarmente licenze».
La Cina accusa Washington di «abusare del concetto di sicurezza nazionale» e di imporre misure discriminatorie che «danneggiano gravemente gli interessi cinesi e minano il clima delle consultazioni economiche bilaterali». Dopo i colloqui di Madrid del mese scorso, gli Stati Uniti avrebbero introdotto «nuove restrizioni» nonostante gli impegni presi, ha ricordato Pechino, aggiungendo che i due Paesi «condividono ampi interessi comuni e un vasto potenziale di cooperazione, mentre il confronto danneggia entrambi».
In questo contesto, cresce la tensione anche sul fronte tecnologico. La China Semiconductor Industry Association ha espresso «profonda preoccupazione» per la decisione del governo olandese di bloccare l’acquisizione della società di chip Nexperia da parte del gruppo cinese Wingtech Technology, per motivi di sicurezza nazionale. L’associazione ha denunciato «l’abuso del concetto di sicurezza nazionale» e «l’imposizione di restrizioni selettive e discriminatorie» alle filiali estere delle imprese cinesi.
«Nexperia è stata oggetto di interferenze da parte del governo locale, suscitando diffusa preoccupazione nel settore», ha affermato la nota, sottolineando il sostegno dell’associazione «alla salvaguardia dei legittimi diritti e interessi delle aziende cinesi, al mantenimento di un ambiente imprenditoriale equo e non discriminatorio e alla stabilità della catena industriale globale». La China Semiconductor Industry Association ha inoltre avvertito che «le misure discriminatorie nei confronti di specifiche aziende comprometteranno l’ecosistema globale dei semiconduttori, aperto, inclusivo e collaborativo». L’associazione ha infine promesso di «continuare a prestare attenzione agli sviluppi e a rappresentare le preoccupazioni comuni dell’industria cinese alla comunità internazionale attraverso tutti i canali legali».
Malgrado il deterioramento del clima, i contatti diplomatici non si sono interrotti. I due Paesi «hanno mantenuto la comunicazione» nell’ambito del meccanismo di consultazione economica bilaterale, e lunedì si sarebbe tenuto un incontro a livello operativo. «Come grande potenza responsabile – ha sottolineato Pechino – la Cina continuerà a salvaguardare la propria sicurezza nazionale e la sicurezza collettiva internazionale.»
Nel fine settimana, l’annuncio di Trump sui dazi ha alimentato i timori di una nuova escalation commerciale, facendo tremare i mercati e mettendo in dubbio un possibile incontro con Xi Jinping in Corea del Sud, a margine del forum Apec di fine ottobre. Tuttavia, il segretario al Tesoro Scott Bessent ha assicurato che «il presidente è ancora sulla buona strada per il faccia a faccia con Xi». «Abbiamo sostanzialmente allentato la tensione – ha dichiarato a Fox Business –. Trump ha affermato che i dazi non entreranno in vigore prima del primo novembre. Credo che l’incontro si terrà comunque.»
Confronto e dialogo, dunque, restano intrecciati in un equilibrio fragile: la guerra commerciale tra Washington e Pechino, ora estesa anche al fronte tecnologico europeo, si conferma uno dei dossier più sensibili e potenzialmente destabilizzanti dello scenario globale.