La civiltà del meme

Il sindaco di Firenze Dario Nardella che placca un attivista mentre imbratta Palazzo Vecchio di vernice può valere come l’espressione curiosa di un neonato, a patto che abbia la didascalia giusta e/o un fotomontaggio divertente: è la civiltà dei meme, al contrario di altri fenomeni web mette sullo stesso piano il VIP che fa autopromozione con l’idea originale venuta ad una persona normale. Ma come nasce il meme? E chi ci guadagna?
Superman
Il caso Nardella ha fatto in pochi secondi il giro del mondo dando al sindaco di Firenze, successore di Matteo Renzi, una notorietà internazionale mai avuta prima. Merito dell’attivista che sabato scorso mentre stava spruzzando vernice sul muro di Palazzo Vecchio, sede del Comune, è stato bloccato da un Nardella trasformatosi da Clark Kent in Superman nel giro di pochi istanti. Un episodio della cui genuinità è lecito dubitare, visto che ‘casualmente’ Nardella era lì che stava registrando un video proprio mentre alcuni aderenti ad Ultima Generazione, il gruppo ambientalista che vuole portare l’attenzione sugli effetti del cambiamento climatico, stavano attuando la loro provocazione. Una reazione, perché oltre al placcaggio ci sono stati anche rimproveri e insulti, che ad alcuni è sembrata sguaiata e ad altri simpatica, ma non è questo il punto. Il punto è che se ne è parlato in tutto il mondo non per l’episodio in sé stesso, ma per la quantità di meme che ha generato: Nardella in versione Superman, Batman, Rocky, bagnino di Baywatch, paciere fra Zidane e Materazzi, giocatore degli All Blacks, Decimo Massimo Meridio nel Gladiatore, solo per citare le idee più pop. Sì, perché il meme ha pretese culturali che altri giochini da web non hanno.
Trump
Il meme generico è un qualsiasi cosa si propaghi per imitazione, quello riferito al web e cioè quello che per tutti noi animali da smartphone il vero meme, è un’immagine, una GIF o un video (più raramente testo senza immagini), più o meno rielaborati, che vengono diffusi attraverso i social network. Ovviamente il meme di internet è nato con l’internet di massa a metà degli anni Novanta, con la paternità della definizione che viene attribuita a molti, Richard Dawkins su tutti, ma ciò che conta è il suo successo. Che si basa sulla creatività di chi per lavoro o per svago vive tutto il giorno davanti allo schermo di un computer: non c’è personaggio famoso, da Donald Trump in giù, che non sia stato ‘memizzato’: Berlusconi, Bergoglio, la Merkel, Macron, Obama, eccetera. Nel meme il politico funziona spesso più del VIP dello spettacolo, soprattutto quando il meme è di tipo ideologico e punta soltanto a mettere in ridicolo la parte avversa. Molti personaggi famosi sono grandi retwettatori di meme su altri, più raramente su sé stessi, e l’esempio numero uno è ovviamente Elon Musk. Certo se parliamo soltanto di ‘memizzati’ nessuno batte Trump, con il web pieno di rielaborazioni ma anche di foto originali di Trump diventate quasi piccoli editoriali: non è una regola fissa, ma la statistica (la più autorevole quella del Pew Research Center) dice che il ‘memizzatore’ è nella maggior parte dei casi, grezzamente 60-40, di sinistra ed il memizzato non di sinistra, soprattutto in Inghilterra e Stati Uniti. Ma tanti meme di successo non hanno bisogno di VIP: l’espressione strana di un bambino, lo scatto di un gatto, la scivolata di un anziano, una risata irrefrenabile, una torta in faccia, un balletto, e così via.
Effetto Streisand
Lo sviluppo divertente del meme, come del resto di qualsiasi scherzo, è quando il bersaglio la prende male. Il famoso ‘Effetto Streisand’, nato da un episodio riguardante appunto Barbra Streisand, che nel 2003 chiese un risarcimento di 50 milioni di dollari ad un fotografo che aveva creato un meme con l’immagine della villa della cantante a Malibu. Un’immagine a prima vista innocente, ma che in realtà documentava lo sfruttamento della costa per fare spazio a queste dimore per milionari. Il risultato? Nel giro di un mese i download dal sito Pictopia, quello del fotografo, passarono da 6 (sei!) a 420.000. E un giochino destinato a girare fra pochi amici diventò un fenomeno di massa, con tante variazioni sul tema. Un meccanismo mediatico ovvio, visto che la miglior censura è il silenzio, ma che è spesso ignorato da governi, grandi aziende e personaggi famosi con a disposizione eserciti di addetti stampa e avvocati. Ma come finì con la Streisand? Fu condannata a pagare 177.000 dollari di spese legali. Effetto Streisand prima di tutto per la diretta interessata, ma anche per tutti quelli che al di là del meme hanno minacciato, in maniera più o meno soft, blog amatoriali, invitandoli a rimuovere vecchie notizie (anche vere e verificate) nel nome di un vaghissimo ‘diritto all’oblio’.
Come fare un meme
L’aspetto interessante del meme è che tutti siamo lettori e ‘inoltratori’ di meme, a partire da quelli contro la squadra di calcio detestata, ma tutti ne siamo anche potenziali creatori senza bisogno di chissà quali nozioni tecniche. I modi per creare un meme sono fondamentalmente due: online e tramite app. Fra i più famosi del primo gruppo citiamo www.iloveimg.com, davvero basic e quindi alla portata di tutti. Ma validi sono anche Canva, Adobe Express e Imgflip: è sempre meglio avere proprie immagini da caricare, ma ce ne sono così tante a disposizione nell’archivio di questi siti che l’unico problema (ma sarebbe anche il principale…) rimane quello di avere una buona idea. Chi invece vuole creare meme direttamente dal suo smartphone ha a disposizione un’infinità di app sia nel mondo Android sia in quello Apple. Lo schema è quello ben noto a tutti i videogiocatori: un entry level gratuito, comunque sufficiente per fare una didascalia sotto al Trump o al Biden della situazione, ed un livello pro da pochi dollari al mese di abbonamento. Il cuore del mondo meme è proprio questo: una persona qualunque parte da zero a zero anche contro creativi celebrati e grandi media.