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La Corea del Sud e quelle sei ore di follia

Il presidente Yoon Suk Yeo annuncia dapprima la legge marziale d'emergenza per proteggere il Paese dalle «forze comuniste», poi la annulla – Sei partiti di opposizione hanno intanto deciso di accelerare il passo per la messa in stato d'accusa del presidente con il deposito della mozione di impeachment in Parlamento
© EPA/YONHAP
Red. Online
04.12.2024 09:09

Sei ore di follia, caos, confusione, decisioni forti e inaspettate, ripensamenti, manifestazioni e proteste. Così potremmo definire quanto successo tra il pomeriggio e la serata di ieri (riferimenti temporali svizzeri, ndr.) in Corea del Sud dove il presidente Yoon Suk Yeo ha dapprima annunciato la legge marziale d'emergenza per proteggere il Paese dalle «forze comuniste», salvo poi revocarla poche ore dopo. Insomma, ieri il Paese asiatico si è trovato su un ottovolante le cui repentine salite e discese si sono dimostrate estreme anche per i suoi standard caratterizzati da una profonda polarizzazione e da una politica combattiva che ha spesso portato a drammatiche mosse di potere. Riavvolgiamo allora il nastro e vediamo di capire quanto è successo e quanto potrebbe ora succedere.

Erano circa le 15.00 di ieri (ora svizzera) quando il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, aveva dichiarato la legge marziale d'emergenza affermando che la misura era necessaria per proteggere il Paese dalle «forze comuniste». «Per salvaguardare una Corea del Sud liberale dalle minacce poste dalle forze comuniste della Corea del Nord e per eliminare gli elementi anti-Stato... dichiaro con la presente la legge marziale di emergenza», aveva detto Yoon in un discorso trasmesso in diretta televisiva alla nazione. Il presidente aveva quindi accusato l'opposizione di attività «contro lo Stato». Nel suo inatteso messaggio tv, Yoon aveva detto che la legge marziale di emergenza era un passo necessario per proteggere il Paese dalle «forze comuniste» durante le dispute parlamentari su una proposta di bilancio. «Senza riguardo per i mezzi di sostentamento del popolo, il partito di opposizione ha paralizzato il governo solo per il bene dell'impeachment, di indagini speciali e per proteggere il loro leader dalla giustizia», aveva aggiunto.

Maggioranza e opposizione si erano subito dimostrate unite nel condannare la mossa del presidente sudcoreano. Anche ampie frange di popolazione non avevano preso bene l'annuncio di Yoon Suk Yeol e si erano radunate fuori dall'Assemblea nazionale, dove i legislatori si erano riuniti con urgenza, per manifestare il proprio dissenso al grido di «Basta con la legge marziale, rovesciate la dittatura!».

«Sono rimasto scioccato», ha detto in dichiarazioni riportate dal Washington Post Kim Song-won, 60 anni, recatosi all'Assemblea nazionale con la moglie e la figlia dopo aver sentito che era stata dichiarata la legge marziale. «Ho pensato che dichiarare la legge marziale fosse un'ingiustizia, quindi sono venuto qui». Circondato da una fitta folla di manifestanti, ha aggiunto di sentirsi «grato» che così tante altre persone si siano presentate rapidamente dopo aver appreso la notizia.

Di fronte alle proteste della folla, gli agenti di polizia hanno formato una barricata attorno al complesso parlamentare, tanto che alcuni legislatori dell'opposizione si sono visti costretti ad entrare dalle finestre dell'edificio per accedere alla camera di voto. Meno di tre ore dopo l'annuncio di Yoon, 190 dei 300 legislatori erano all'interno della sala dell'Assemblea nazionale e tutti e 190 hanno votato per revocare l'annuncio della legge marziale.

Verso le 20.45 (ora svizzera) è quindi giunto il dietrofront di Yoon Suk Yeol che ha dichiarato che avrebbe revocato la legge marziale in linea con il voto parlamentare e ritirato le truppe dalle strade. Il presidente, del resto, doveva attenersi alla decisione del parlamento.

Sebbene il dietrofront di Yoon sia stato rapidamente approvato dal suo governo, è probabile che lo shock e la rabbia che si sono riversati nelle strade, dove i manifestanti hanno fisicamente fermato i veicoli militari e si sono scontrati con i soldati che avevano formato una barricata attorno all'Assemblea nazionale, persisteranno. E questa mossa, osserva il Washington Post, rischia di mettere a repentaglio il futuro politico di Yoon a causa del significato storico che la dichiarazione della legge marziale ha in Corea del Sud.

«Il presidente Yoon Suk Yeol ha tentato una mossa estrema che ha profondamente frainteso la cultura politica coreana», rileva sulle colonne del foglio statunitense Darcie Draudt-Véjares, esperta di politica sudcoreana al Carnegie Endowment for International Peace. «Il rapido rifiuto dell'Assemblea, anche da parte dei membri del suo stesso partito, ha paralizzato la sua autorità di leader della vibrante democrazia».

«Non so se il presidente si sia cacciato in un buco dal quale sarà difficile uscire», ha dal canto suo detto in dichiarazioni riportate sempre dal Washington Post Andrew Yeo, ricercatore senior presso il Center for Asia Policy Studies della Brookings Institution.

«Queste leggi marziali e ordini di emergenza esistevano solo nei libri di storia, eppure si stanno realizzando nel 2024», ha invece dichiarato al canale televisivo YTN Shin Bong-ki, professore di giurisprudenza alla Kyungpook National University. «Quando ho sentito la notizia, tremavo».

Il Partito Democratico chiedeva da tempo l'impeachment di Yoon, ma non era riuscito a ottenere il sostegno popolare. Impeachment che potrebbe essere votato in settimana. Sei partiti di opposizione hanno infatti deciso di accelerare il passo per la messa in stato d'accusa del presidente Yoon Suk Yeol con il deposito della mozione di impeachment in Parlamento e la sua votazione ritenuta «possibile già entro la fine della settimana». A riportare l'indiscrezione sono i media di Seul. La mozione depositata fa aumentare le pressioni su Yoon, tra le spinte a fare un passo indietro «volontario» e quelle per costringerlo a dimettersi. Mettere sotto accusa Yoon richiede il sostegno di due terzi del Parlamento, 200 sui 300 deputati totali, e poi il supporto di almeno sei giudici della Corte costituzionale. La mozione dovrebbe essere messa ai voti già venerdì 6 dicembre, ha riferito il deputato del partito Democratico Kim Yong-min, ma è anche possibile uno slittamento al 7 dicembre.

Maggioranza e opposizione, intanto sono unite nella richiesta di dimissioni del presidente Yoon Suk Yeol. Lo riportato i media di Seul. Il People Power Party, al potere, ma senza una maggioranza in Parlamento, e il partito Democratico, che invece controlla l'Assemblea nazionale con le altre opposizioni, chiedono a gran voce un passo indietro da parte dell'attuale presidente sudcoreano. Dopo il voto parlamentare congiunto per bloccare la legge marziale e la successiva dichiarazione di revoca approvata intorno alle 4.30 locali (le 20.30 di martedì in Svizzera) durante una riunione di gabinetto, le forze politiche hanno chiesto a Yoon di rinunciare alla propria carica. Il partito Democratico ha annunciato che presenterà le accuse di insurrezione contro il presidente, i ministri di Difesa e Interni e «figure chiave di esercito e polizia coinvolte, come il comandante della legge marziale e il capo della polizia», ha riferito una nota. Han Dong-hun, capo del People Power Party di Yoon, ha chiesto il licenziamento del ministro della Difesa e le dimissioni dell'intero governo. Mentre, a differenza delle anticipazioni dei media, «nulla è stato deciso» su Yoon.

Il principale sindacato della Corea del Sud ha nel frattempo indetto uno «sciopero generale» fino alle dimissioni del presidente Yoon Seok Yeol.

Dal canto loro, i collaboratori più stretti del presidente sudcoreano hanno offerto le proprie dimissioni ha riferito l'agenzia di stampa sudcoreana Yonhap, senza fornire dettagli.

Yoon ha nel frattempo rinviato quella che sarebbe dovuta essere la sua prima apparizione pubblica dopo le turbolenze notturne: il meeting alle 10 locali dedicato alla lotta alle droghe in programma presso l'Ufficio presidenziale.

Ricordiamo infine che Yoon, entrato in carica nel 2022 con il margine più risicato nella storia democratica della Corea del Sud, ha lottato per espandere la sua base politica come presidente ed è stato coinvolto in scandali politici che hanno coinvolto sua moglie e altri alti funzionari del suo partito. Nelle ultime settimane, è stato coinvolto in una lotta di bilancio con il Partito Democratico e il suo indice di gradimento è sceso a un minimo del 17 percento.

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