Guerra in Ucraina

La «denazificazione» giustificata dai tatuaggi

Social invasi dalle immagini dei tattoo dei combattenti del battaglione Azov, fuori dalle acciaierie Azovstal di Mariupol – A rilanciarle anche il vice rappresentante permanente russo all’ONU
© Twitter (@jacksonhinklle)
Jenny Covelli
22.05.2022 16:12

«Nonostante le attuali difficoltà», la Russia continuerà la sua «operazione militare speciale» fino al suo compimento, «e i suoi obiettivi, compresa la demilitarizzazione e denazificazione dell'Ucraina e la difesa delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, saranno completamente raggiunti». Lo ha dichiarato qualche giorno fa il vice capo del Consiglio per la sicurezza nazionale di Mosca, Rashid Nuurgaliyev. «Denazificazione», un termine utilizzato dalla Russia sin dal 24 febbraio per giustificare l'invasione dell'Ucraina. All'indomani della caduta dell'acciaieria Azovstal, diventata il simbolo della resistenza ucraina che ha segnato la definitiva presa di Mariupol da parte dei russi, ieri il battaglione Azov è stato utilizzato dalla propaganda russa per avvalorare la propria tesi. Come? Con i tatuaggi.

Come trofei di guerra

Venerdì 20 maggio, dopo 86 giorni di resistenza, il ministero della Difesa di Mosca ha annunciato: «L'impianto è totalmente sotto il controllo delle forze armate russe». Il ministro Serghei Shoigu ha comunicato al presidente Vladimir Putin «la fine dell'operazione e la completa liberazione» della fonderia. E gli ultimi combattenti di Azov sono stati messi a nudo. Ripresi in foto e video. Soprattutto, i loro tatuaggi. Svastiche e soli neri, aquile del Terzo Reich e altri simboli nazisti. Anche un disegno di Adolf Hitler. Corpi senza abiti esibiti come trofei di guerra. Una presunta prova vivente nella necessità di «denazificare» l'Ucraina, appunto.

E i social network sono stati invasi da gallerie di immagini, ricondivise dai propagandisti russi. I soldati vengono indicati come appartenenti al battaglione Azov, usciti da Mariupol. Il sole nero sul gomito, la runa celtica sull'avambraccio, la svastica sul fianco, l'aquila nazista sul colletto, la croce celtica sul petto, il ritratto di Adolf Hitler sul braccio. Anche Alexander Alimov, vice rappresentante permanente presso le Nazioni Unite a Ginevra, ha condiviso le foto. «L'Azov si arrende. Fortemente decorato con tatuaggi che dimostrano che non c'è nazismo in Ucraina», ha scritto ironicamente il diplomatico come didascalia. In un video, un militare a cui viene chiesto di mostrare il proprio corpo commenta con un «errori di gioventù».

«Galvanizzati» di estrema destra

Dei tatuaggi di alcuni membri del battaglione Azov si è già parlato nel 2014. Un articolo del Guardian riferiva della «minaccia» che questi combattenti avrebbero potuto rappresentare una volta terminati gli scontri con i separatisti filo-russi nella regione orientale del Donbass. «L'Azov desta particolare preoccupazione a causa delle tendenze di estrema destra, anche neonaziste, di molti dei suoi membri» scriveva. Parlando con i soldati, il corrispondente Shaun Walker si era reso conto che «c'era chi si definiva "nazionalsocialista"», chi tirava in ballo «l'interesse per la mitologia nordica», ma anche chi sminuiva (sorridendo) i propri simboli, parlando di «mitologia nordica» e «simboli del sole». Anche il simbolo del battaglione era stato chiamato in causa, in quanto ricorda il Wolfsangel, rappresentante un gancio per la caccia al lupo adottato sin dai primi tempi dal nazismo, sebbene poi soppiantato dalla svastica, e in seguito da numerose unità militari della Germania nazista. «No, si tratta di una N e una I incrociate l'una sull'altra e sta per "idea nazionale"». Dall'articolo del Guardian, sette anni fa il battaglione spiccava sicuramente per galvanizzazione e fierezza del proprio coraggio. «I combattenti del battaglione si aspettavano una "nuova rivoluzione" in Ucraina che avrebbe portato al potere un leader militare più deciso, con sentimenti simili a quelli di molti combattenti Azov», scriveva ancora Walker.

«Non confondete patriottismo e nazismo»

Oggi, 2022. «Non confondete patriottismo e nazismo», titola un articolo del 29 marzo del Financial Times. Il virgolettato proviene da un messaggio affidato dal battaglione Azov a Telegram, lo stesso canale utilizzato per condividere le immagini di donne e bambini nei sotterranei lo scorso mese: «Dovete capire cos'è Azov. Questi sono gli uomini che, per la maggior parte, hanno preso le armi perché siamo stati attaccati dai russi. Vi chiedo di non confondere i concetti di patriottismo e nazismo». È un combattente con la barba, identificatosi solo con il suo nome di battaglia Kalyna, a parlare. Ma ciò non toglie che alla sua fondazione, nel 2014, l'unità di fanteria abbia attirato tra i suoi volontari persone di estrema destra. Ora il battaglione dovrebbe essere più «depoliticizzato» avendo, con lo scoppio della guerra in Ucraina, attirato una folla «diversificata» unita nella resistenza nazionale. Sicuramente, però, non manca lo spirito patriottico e molti sono nazionalisti.

«Siamo pronti a difendere il nostro stato dagli occupanti con tutte le nostre forze - ha dichiarato ancora Kalyna -. Il patriottismo è quando difendi il tuo paese e non attacchi gli altri. Non abbiamo mai provato a conquistare terre straniere, ma dobbiamo affrontare i veri nazisti del 21. secolo. Slava ucraino! (gloria all'Ucraina!, ndr)».

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