La droga ha intasato anche il carcere

Quaranta chilogrammi di cocaina intercettati sabato a Capolago. Altri trenta venerdì 5 dicembre a Bellinzona. E sempre trenta sono quelli scoperti ad aprile nel Mendrisiotto, occultati nell’autovettura di due cittadini albanesi. Un quintale di cocaina, non destinata al nostro territorio e di passaggio verso il Nord Europa, che si somma allo stupefacente destinato invece allo spaccio in Ticino, i cuoi protagonisti compaiono regolarmente alla sbarra a Palazzo di Giustizia.
Il Ticino, “grazie” alla sua posizione geografica, si ritrova quindi ad essere un crocevia importante per il traffico di droga. E, di riflesso, a lievitare sono anche gli arresti. Lo scorso ottobre ne erano stati effettuati dieci in un colpo solo, mentre i due ultimi fermi da parte dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) ha portato all’arresto di altre cinque persone. Da inizio anno sono finite in manette almeno una novantina di persone.
Tutto esaurito
E le ripercussioni per le carceri, già alle prese con il «tutto esaurito», sono pesanti. Lo conferma il direttore delle strutture carcerarie ticinesi, Stefano Laffranchini, che definisce «molto seria» la situazione attuale. «Nel carcere giudiziario della Farera contiamo 90 persone su 88 posti disponibili, quindi stiamo usando anche alcune celle che non sono adibite alla detenzione ordinaria. Anche nel carcere penale della Stampa, inoltre, tutte e 140 le celle sono piene. Al punto che, per guadagnare spazio, la Polizia ci è venuta incontro aprendo alcune celle all’esterno del penitenziario». Posti in più che tuttavia, dice il direttore, non alleviano il problema, che ormai si protrae da qualche tempo. «La posizione particolare del nostro cantone, di frontiera, ci forza a fare i conti con una serie di problematiche, tra cui il traffico di droga. Negli anni, ad aumentare non è stato solo il numero di reati, ma anche il fatto che le inchieste sono sempre più ramificate e vedono coinvolte sempre più persone. L’aumento delle incarcerazioni per droga dimostra quanto siamo uno snodo centrale per il traffico di stupefacenti». Ogni volta che in Germania o in Italia la domanda di stupefacenti aumenta, spiega Laffranchini, crescono anche i transiti lungo le nostre strade. «E chi viene fermato qui, viene processato qui e sconta anche la pena qui, gravando sulle nostre strutture carcerarie». Una questione non da poco, soprattutto considerando che un detenuto su due è incarcerato per droga, «sia direttamente, per aver violato la Legge federale sugli stupefacenti, sia indirettamente, per reati - come rapine e furti - per procurarsi la droga, o atti di violenza per controllare il territorio».
I provvedimenti
Nei mesi scorsi, per cercare di alleggerire la pressione sulle strutture carcerarie, sono state introdotte una serie di misure. «Per esempio, affidando alla tecnologia alcuni compiti che prima venivano svolti dagli agenti di custodia. L’arrivo dei container - previa approvazione del relativo messaggio in Parlamento - ci permetterà inoltre di aggiungere cinque posti». Il sovraffollamento, ribadisce però Laffranchini, è ormai cronico. «Ed essendo costantemente pieni anche alla Stampa, faticheremo anche a liberare il comparto da destinare poi all’apertura della Sezione femminile. Dovremo trovare quindi un modo per poter intervenire con i lavori necessari, malgrado la sovraoccupazione».
Tra le ipotesi sul tavolo, c’è anche quella di aumentare la capienza delle celle: «È una cosa a cui ricorro malvolentieri, perché mi porrebbe nella condizione di non poter più rispondere alle esigenze minime dettate del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, a causa dello spazio ridotto per ciascun detenuto». Di norma, infatti, le celle ospitano uno o due persone. «In situazioni di emergenza, dovremo aumentare questo numero, senza più poter disporre di celle singole. Si tratta di un impedimento importante, perché in alcuni casi - ad esempio per motivi medici - è necessario poter mettere alcune persone in cella da sole», conclude il direttore Laffranchini.
Una terra di transito
Sequestri come quelli citati i n apertura sono ingenti, ma di certo non inusuali. Lo sa bene Edy Gaffuri, in polizia per 42 anni prima come gendarme, poi come istruttore e ufficiale dei reparti speciali e infine alla testa della Gendarmeria del Mendrisiotto. «È sempre stato così, il Ticino è una terra di transito», ricorda. A cambiare sono i mezzi a disposizione della Polizia e le tecniche dei malviventi. Alcuni carichi vengono scoperti grazie alle inchieste, altri grazie all’intuito, al “fiuto” degli agenti sul territorio». Come successo per esempio sabato. Settanta chilogrammi di cocaina in poco più di una settimana sono un quantitativo ingente, ma Gaffuri avverte: «È un po’ come i furti nei grandi magazzini: sappiamo che solo il 10 percento vengono scoperti. Anche per la droga è così. Non solo in Svizzera ma in tutto il mondo. Per un carico intercettata, altri riescono a passare. Ci sono periodi in cui Polizia e Guardie di confine riescono ad attuare diversi sequestri e altri più di magra». Che si tratti di sostanza destinata al Ticino piuttosto che alle piazze di spaccio europee, un ruolo importante lo rivestono i “muli” ossia coloro che la trasportano. «Soprattutto nei periodi di crisi economica e finanziaria, le organizzazioni che gestiscono questi traffici (che stanno bene), trovano persone in difficoltà da reclutare». Il tutto per un compenso promesso tra i 500 e i 1.000 euro al mese.


