Verso l'elezione del pontefice

«La forza di Bergoglio è stata parlare a tutti»

Intervista a Vincenzo Lavenia, storico della Chiesa e del cristianesimo – «Uno degli aspetti più importanti del regno di Francesco è stata la de-occidentalizzazione definitiva della Chiesa romana»
Papa Francesco ha esercitato un forte carisma non soltanto sui fedeli cattolici. ©Alessandra Tarantino
Dario Campione
08.05.2025 06:00

Vincenzo Lavenia, ordinario di Politica e religione in età moderna all’Università di Bologna, è uno dei massimi studiosi italiani di storia della Chiesa. Tra i suoi lavori si segnalano: Storia del cristianesimo. L’età moderna, secoli XVI-XVIII (Carocci, 2023); Nel secolo nuovo. Religioni e politica negli assetti mondiali (Castelvecchi, 2021); Storia della Chiesa. L’età moderna (EDB, 2020).

Professor Lavenia, che Chiesa ha preso in mano, papa Francesco, nel 2013? E che Chiesa ha lasciato alla sua morte?
«Bergoglio ha preso in mano una Chiesa lasciata, per alcuni anni, fortemente in ostaggio di un fronte conservatore che ha guardato poco e male ai cambiamenti sociali e che ha reagito ai processi di secolarizzazione arroccandosi su un’idea di difesa dei cosiddetti valori naturali. Una difesa che, in qualche modo, ha incartato il cattolicesimo romano, rischiando di farlo somigliare quasi a una grande setta evangelica rivolta più a fedeli convinti che al mondo intero. Bergoglio, da questo punto di vista, ha creato uno scarto evidente, ma non è riuscito né a innovare la dottrina, cosa che gli avrebbe provocato grandi problemi, né forse a sanare del tutto i mali della curia e alcuni fenomeni molto gravi come la pedofilia del clero».

E tuttavia, è un fatto che Francesco ha cambiato l’agenda pastorale della Chiesa romana.
«Sì, è come se avesse declassato l’ossessione per l’ordine naturale e la sessualità, la famiglia tradizionale, una serie di temi che sono stati al centro del pontificato di Wojtyla e anche di Ratzinger. Bergoglio ha spostato l’agenda sulla questione della dissoluzione del tessuto sociale, con l’avanzare non tanto e non solo dei processi di secolarizzazione, ma anche dell’economia del capitalismo finanziario. Questo l’ha portato a mettere al centro delle questioni importanti della Chiesa l’opzione per i poveri, in una chiave che certamente deve molto alla sua biografia, al fatto di venire dall’America Latina degli anni ’70, un continente attraversato da un lato dal fenomeno della teologia della liberazione e dall’altro dal Piano Condor e dalle feroci dittature che hanno segnato quella parte del mondo. Il Papa argentino ha abbracciato l’opzione per i poveri senza più sfumature marxiste, ma in modo certamente forte. La sua idea è stata di posizionare la Chiesa in difesa dei più deboli e in difesa persino della democrazia, un’opzione anch’essa quasi consustanziale al progetto pastorale di Bergoglio, e questo ha significato anche porsi il problema delle crescenti diseguaglianze e dell’emersione del culto del denaro visto come una minaccia alla tradizione cristiana».

Si può quindi dire, nonostante tutto, che seppure a piccoli e incerti passi, c’è stato un rovesciamento dell’ordine delle idee all’interno della Chiesa di Roma?
«Il corpo del cattolicesimo ha assorbito fino a un certo punto il messaggio che Bergoglio ha lanciato rispolverando un’opzione della tradizione cristiana: la profezia, il dire la verità. La Chiesa romana continua a essere profondamente divisa: tra città e periferie, tra fedeli più zelanti e persone che si aggirano attorno a essa con un atteggiamento aperto, cercando una risposta al proprio disorientamento. Resta anche una divisione non sanata della curia . C’è un fronte conservatore che non ha perdonato a Bergoglio neppure le minime aperture sui temi della sessualità o del matrimonio, giungendo ad accusarlo addirittura di eresia. Questo fronte non è scomparso: davanti all’emersione, negli ultimi anni, di una destra più aggressiva, rischia di trovare una sponda politica più forte rispetto a quanto avvenuto nei pontificati di Wojtyla e di Ratzinger. Vede, Bergoglio ha parlato molto a una parte dei fedeli, quelli che hanno ritrovato nella direzione pastorale un messaggio di carità e di misericordia. E ha parlato molto ai laici, soprattutto a quella parte del laicato privo, in questo momento, di punti di riferimento politici o di un’idea della convivenza sociale».

Il pontefice argentino ha evitato alla Chiesa di diventare la cappellania militare di un Occidente in declino

Sembra quasi che il rapporto tra la religione e la società si sia ribaltato anch’esso, cioè che la religione, quella cattolica in particolare, con l’apostolato di Bergoglio sia stata più capace di parlare alle persone in crisi dentro il mondo che cambia vertiginosamente che non forse ai fedeli ancorati a una tradizione più forte, più solida.
«Sì, lo penso anch’io. In fondo, il messaggio di Bergoglio ha inciso fino a un certo punto nello spostare gli equilibri interni di una Chiesa che soffre di un impoverimento dei numeri del clero ed è molto lacerata, incapace di completare i processi di riforma che si impongono. Una parte dei fedeli, poi, è più ancorata a un discorso tradizionalista e rischia in qualche modo, come ho detto prima, di diventare una setta più che una Chiesa. Bergoglio ha tentato di difendere un’idea di Chiesa che sa parlare, o ha saputo parlare in alcuni momenti della storia, anche al di fuori del proprio spazio circoscritto di fedeli. Per questo mi è sembrato che il discorso di Francesco sia stato più efficace sul mondo laicale che ha un’idea alta della convivenza democratica».

Il conclave con 133 cardinali provenienti da tutto il mondo testimonia comunque l’universalità della Chiesa, ma anche la coesistenza di più Chiese.
«Non c’è il minimo dubbio che sia così. Uno degli aspetti più importanti del pontificato di Bergoglio è stata la de-occidentalizzazione definitiva della Chiesa romana, avviata da Paolo VI e da Wojtyla. Meno da Ratzinger che è stato - se mi permette un aggettivo un po’ difficile - agostiniano, cioè convinto che esistesse una identificazione tra la Chiesa romana e lo spazio latino dell’Occidente. Con Bergoglio questo sicuramente è cessato. La Chiesa è molte cose insieme, penso che si possa oggi parlare di cattolicesimi più che di un cattolicesimo. La sfida più grande, nei prossimi anni, sarà tenere insieme tutti questi corpi: la Chiesa dell’Africa sub sahariana e la Chiesa dell’America Latina o la Chiesa degli Stati Uniti, che per certi aspetti assorbe elementi dell’estremo evangelismo delle sette carismatiche nate dalla crisi del protestantesimo storico. E ancora la Chiesa asiatica, che è in via di definizione. C’è un mondo, fuori dall’Europa occidentale, che è numericamente preponderante, un mondo al quale deve necessariamente guardare anche un clero formato alla tradizione tomista».

Lei prima parlava del messaggio di Bergoglio sulla democrazia. In molta parte del mondo occidentale si assiste alla forte avanzata della destra che spesso ha, tra le sue caratteristiche, l’adesione forse strumentale al messaggio religioso. Bergoglio è parso sempre ostile alla commistione tra politica e religione. Lei pensa che il successore di Francesco riuscirà a tenere la Chiesa lontana ed estranea alle logiche della politica?
«Il pontefice argentino ha evitato alla Chiesa romana di diventare la cappellania militare di un Occidente in declino, demografico e geopolitico. C’è una parte dell’Occidente che tenta di fare della religione - così come accaduto già vent’anni fa, quando emersero i fenomeni dei Neocon e dei Teocon - il collante sociale che oggi è difficile trovare nelle società a capitalismo avanzato. Il paradosso è che tutto ciò si basa su un’evocazione costante di una tradizione e di una cristianità completamente scollate dallo stile di vita praticato realmente nello spazio occidentale e da un culto del denaro che è una minaccia per uno dei messaggi più autentici della stessa tradizione cristiana, la misericordia e la carità per gli ultimi».