Ticino

«La giustizia merita dignità»

Per gli avvocati l’acquisto dello stabile EFG a Lugano «porterà solo benefici anche d’immagine, inoltre sarà un investimento e durerà nel tempo»
Lo stabile EFG a Lugano il cui acquisto da parte dell’ente pubblico è in votazione il prossimo 9 giugno. © CdT/ Chiara Zocchetti
Giona Carcano
26.05.2024 06:00

«La Giustizia merita dignità». Potremmo riassumerlo con questo concetto l’appello con cui numerosi avvocati chiedono che venga accettato dal popolo l’acquisto dello stabile EFG a Lugano. Il prossimo 9 giugno, spiegano, in ballo non c’è solamente un investimento, bensì l’immagine stessa del terzo potere in Ticino. «Per ogni società civile, una giustizia che funzioni non è un lusso», spiega non a caso Andrea Lenzin, presidente dell’Ordine degli avvocati. «I benefici di un sistema giudiziario efficace sono trasversali, come lo sono le conseguenze della sua inefficienza. Gli utenti della Giustizia non sono i magistrati, né gli avvocati, siamo tutti noi: chiunque abbia un impiego, firmato un contratto o subito la sospensione della licenza di condurre, sia locatario o acquirente di un appartamento, intenda separarsi, non riesca a vedere o proteggere i figli o sia colpito dal lutto di un parente può trovarsi a varcare la soglia di un palazzo di Giustizia e a dover fare affidamento al suo funzionamento».

Garantire la stabilità

Per garantire la stabilità del sistema servono strutture adatte, come rimarca ancora l’avvocato: «Per garantire l’efficacia che tutti pretendiamo da chi l’amministra, la Giustizia ha bisogno di disporre di infrastrutture tecnologicamente aggiornate e dimensionate in modo da poter assorbire le necessarie crescite di organico su un arco temporale di almeno quarant’anni. Le strutture di cui dispone oggi la Giustizia ticinese sono da tempo giunte al termine di questo ciclo di vita. Un semplice «restauro» comporterebbe costi elevati lasciando totalmente irrisolto il problema principale che ne determina l’odierna inadeguatezza: la mancanza di spazio. L’acquisto dello stabile EFG offre la possibilità di risolvere questo problema, a condizioni di gran lunga più vantaggiose - anche economicamente - di qualsiasi alternativa. Rinunciarvi sarebbe un atto miope e gravemente autolesionista in danno dei cittadini del nostro cantone di oggi, di domani e di dopodomani».

«Uno dei più insigni giuristi e giudici del secolo scorso, Lord Gordon Hewart, pronunciò la celebre frase secondo cui la giustizia non solo deve essere fatta; bisogna anche che si veda che venga fatta», spiega Chiarella Rei-Ferrari, già presidente dell’OATI che aggiunge: «A mio parere l’acquisto dello Stabile EFG rappresenta la scelta più corretta per migliorare non solo l’efficienza ma anche la dignità della giustizia ticinese».

«Da 43 anni frequento il Palazzo»

«Sono affezionato all’attuale Palazzo di giustizia», racconta da parte sua Luca Marcellini, ex Procuratore generale: «Lo trovo anche architettonicamente bello, e mi dispiace che si sia arrivati al punto di considerarlo indegno del suo ruolo. Sono ormai 43 anni che lo frequento, di cui un terzo trascorso come magistrato. Non posso però ignorare che già 35 anni fa si constatava l’inadeguatezza degli spazi e si studiavano soluzioni alternative. Addirittura, ricordo di aver partecipato alla pianificazione degli spazi necessari per il Ministero pubblico, in vista di un trasloco ormai imminente… E questo avveniva 25 anni or sono».

Una situazione insostenibile

Ora, però, la situazione logistica è diventata insostenibile, come spiega ancora Marcellini. «Nei decenni si sono succedute le «soluzioni definitive», sempre ripiegando su rimedi d’emergenza, usando corridoi come magazzini, destinando a uffici il seminterrato o ricavando piccoli uffici da qualsiasi altro spazio. In definitiva, avverte l’ex pg, «oggi risolvere la situazione sarà certamente molto costoso, ma se continuiamo a tergiversare come si è fatto negli ultimi decenni, ad essere indegno non sarà solo il Palazzo».

Tra investimento e ristrutturazione

Ma che cosa comporta l’investimento? Lo spiega l’avvocato e deputato PLR Matteo Quadranti, relatore del rapporto di maggioranza. «L’acquisto è il primo passo per poi ristrutturare tre edifici destinati alla giustizia, per un totale di 33.500 metri quadri completamente occupati», sottolinea. «L’investimento complessivo di 200 milioni sarà distribuito su 20 anni, con un’aspettativa di utilizzo, senza ulteriori spese, di oltre 50 anni. Vogliamo mettere in discussione se 50 anni di Giustizia valgano 4 anni di manutenzioni stradali che hanno lo stesso costo ripetuto ad ogni legislatura?».

Quadranti ricorda anche parte dell’iter parlamentare, e non lesina critiche: «Il Gran Consiglio non ha accettato un emendamento volto a ridurre unilateralmente, e senza fondamento peritale, il prezzo dell’acquisto dello stabile ex Banca del Gottardo da 76 a 66 milioni. Fosse stato approvato non saremmo qui a discutere delle altre censure, che appaiono quindi pretestuose». Come ricorda Renato Cabrini, avvocato e già presidente dell’Ordine, «l’importo di 76 milioni potrebbe spaventare. Ma teniamo conto che le entrate annuali cantonali sono di 4.000 milioni. In paragone, è come se una famiglia con entrate per 80.000 franchi l’anno dovesse decidere per un investimento di 1.600 franchi». Cabrini aggiunge: «Chi voterà no all’acquisto non decreterà la morte della Giustizia in Ticino: ma sia consapevole che, visti i tempi biblici di un qualsiasi progetto, la confinerà per molti anni in locali fatiscenti».

Un edificio che non perderà valore

Si sofferma sulle cifre, che «comprensibilmente impressionano», anche l’avvocato Fabio Soldati. Ma aggiunge: «Oggettivamente, si tratta di un investimento immobiliare da valutare nel tempo che, data la posizione vicina al centro di Lugano, non perderà valore, ma - possiamo dirlo con certezza - lo aumenterà». Soldati fa poi alcune considerazioni sull’immagine attuale del terzo potere ticinese: «Oggi per la nostra popolazione la Giustizia ha un’immagine fragile, dato che il cittadino comune ha sempre più l’impressione che ottenerla sia un privilegio per pochi. La sua lentezza, gli ostacoli procedurali (i cosiddetti cavilli) e il costo portano sovente alla conclusione che nei tribunali sia più facile avere ragione quando si ha torto. E questa non è Giustizia».

Servono passione e motivazioni

Ma in realtà, come dappertutto, secondo Soldati «l’efficienza dipende, in definitiva, solo dalle singole persone. Se vi sono motivazione, passione per il proprio lavoro, responsabilità e la volontà di svolgere una missione per lo Stato di diritto, la Giustizia funziona. Altrimenti, vi è un distacco sempre maggiore tra le esigenze di chi si affida alla Giustizia e di chi l’amministra. È pacifico che non sarà solo una nuova struttura che potrà modificare il modo di lavorare delle singole persone e le regole, palesemente troppo influenzate dalla politica, che oggi ne valutano l’efficienza. Ma vi è una certezza: lavorare in una struttura scadente demotiva nel tempo anche i più bravi. Un luogo di lavoro moderno, con il giusto decoro, gli allacciamenti informatici moderni, e soprattutto gli spazi sufficienti, è un passo assolutamente necessario per creare una nuova motivazione ed energia, che attualmente sembra non avere un futuro».

Soldati cita gli allacciamenti informatici, elemento che riprende anche Sarah Stadler, già presidente dell’OATI. «La giustizia si appresta a vivere una fondamentale fase di rinnovamento in tutta la Svizzera: il passaggio a Justitia 4.0 entro il 2026», spiega a questo proposito. «La digitalizzazione costituisce un pilastro di questa transizione, alla quale saremo chiamati a rispondere con risorse ordinarie e straordinarie, tra queste garantire un’infrastruttura all’altezza di salvaguardare il corretto funzionamento dell’intero «sistema giustizia», tra cui l’imprescindibile tutela del segreto professionale».

I valori di uno Stato

Ma, al di là degli aspetti logistici, va sottolineato anche un altro punto di vista, quello legato ai valori di uno Stato. Infatti, come spiega l’avvocato Niccolò Salvioni, pure ex presidente dell’OATI, «il valore della giustizia non è unicamente monetario, ma corrisponde a quei valori intangibili che rendono grande una nazione». Per questo, prosegue Salvioni, «investimenti adeguati e costanti nel settore sono cruciali per mantenere la legalità e la stabilità sociale, soprattutto in tempi di necessità di riforme e di modernizzazione tecnologica volti a colmare enormi ritardi anche solo rispetto agli Stati a noi vicini». Di qui, la necessità che «il popolo ticinese prenda in mano il proprio destino, rafforzando la Giustizia».

Un’immagine positiva e autorevole

Sulla stessa linea d’onda anche Pascal Cattaneo, un altro ex presidente dell’OATI. L’avvocato evidenzia infatti che «il nuovo Palazzo di giustizia contribuirebbe a rafforzare un’immagine più positiva e autorevole del sistema giudiziario ticinese». Secondo Cattaneo, poi, il prezzo di acquisto dello stabile «non è esagerato, tenendo anche presente che un’alternativa costerebbe di più».

Identica la tesi di un altro ex presidente dell’OATI, l’avvocato Battista Ghiggia, secondo cui «ogni altra opzione sarebbe più cara e meno funzionale di quella proposta: chi dice che il prezzo è fuori mercato non conosce il mercato immobiliare e non sa di cosa parla». Ghiggia fa poi un esempio personale: «Mi è capitato di frequentare molti Palazzi di giustizia, sia in Svizzera sia all’estero, e devo purtroppo ammettere che quello di Lugano è uno dei più fatiscenti e meno funzionali». L’immagine ne esce dunque intaccata, rileva Ghiggia: «Me lo hanno detto anche colleghi confederati e stranieri che hanno avuto modo di frequentarlo. I risparmi sono importanti, i soldi dei cittadini vanno investiti oculatamente ma sono altri i settori e gli ambiti in cui i soldi sono spesi o investiti male. Non questo».

Ora non si può rinviare la decisione

Ecco perché, sottolinea da parte sua l’avvocato e deputato del Centro Gianluca Padlina, «L’investimento sul quale i ticinesi sono chiamati a esprimersi è un investimento che non può essere rinviato. I reiterati appelli a intervenire da parte di tutti i magistrati e dal personale che opera in seno alle autorità giudiziarie, non devono rimanere inascoltati». Perché, «se vogliamo disporre di una Giustizia funzionante, allora dobbiamo essere consapevoli del fatto che il primo presupposto sia quello di non negargli gli spazi e le risorse di cui necessita».