La «mamma» della Foce immagina un nuovo Lungolago

I muri a secco del nucleo risplendono sotto un sole di giugno che finalmente scalda come dovrebbe. Non è ancora estate, ma la natura c’è lo stesso sottoforma di rami e foglie più che mai verdi, di usignoli e pettirossi che cantano, di api che ronzano alla ricerca di polline e di raggi solari che appunto, finalmente scaldano come dovrebbero. Sophie Agata Ambroise è seduta sulla terrazza del suo studio di architettura del paesaggio ricavato in un’antica casa che Ambroise non ha stravolto ma anzi ha immerso ancora di più nell’ambiente circostante. E in fondo il segreto dell’architettura del paesaggio sta tutto qui. Far entrare la natura nel costruito. Senza timore. Per vivere meglio.
«Se in passato si pensava che le città e la natura dovessero restare separate, oggi si è arrivati a pensare il contrario - racconta -. Si è arrivati a pensare alla natura come leva per migliorare la qualità di vita nelle città».
Uno degli esempi di questo nuovo rapporto con gli elementi naturali è la Foce di Lugano. Il cui progetto di rinaturizzazione è stato pensato e realizzato proprio da Ambroise. «Ai tempi la Foce era considerata marginale, non ci eravamo neanche accorti della sua esistenza, poi a un certo punto ci siamo resi conto che dal punto di vista urbanistico il fiume Cassarate poteva diventare il cuore della nuova Lugano, un asso catalizzatore sul quale si potevano innestare tutta una serie di servizi pubblici in parte già esistenti, dal circolo velico allo studio Foce, dal Lido all’ospedale Italiano, dal nuovo campus USIe SUPSI, fino ad arrivare al nuovo comparto di Cornaredo e, un domani, forse, anche al nuovo polo congressuale al Campo Marzio...».
La natura che entra nel cuore della città. Che ridisegna i suoi spazi centrali, come una volta erano il cardo e il decumano. Solo che «io oggi - continua Ambroise, che insieme a Paola Viganò ha fatto parte del team che ha elaborato il nuovo Piano direttore comunale (oggi fermo) - vedo la Foce come una nuova Agorà, il lungolago che va da Paradiso a Gandria e anche oltre come un nuovo decumano e il fiume Cassarate che dalla Foce va fino a San Lucio come un nuovo cardo», annota Ambroise che è nata a Lugano, si è diplomata in architettura e poi specializzata in architettura del paesaggio alla prestigiosa scuola ENSPaysage di Versailles.
Lugano città (anche) d’acqua, quindi. Almeno sulla carta. «Visto che la Foce non si è rivelata solo una rinaturizzazione ma un vero e proprio cuore pulsante a livello di vita sociale, di passeggiate, di respiri, penso che la prossima priorità sia il lungolago. Sono convinta della necessità di un’interfaccia molto più facile tra la città e il lago, iniziando a fare degli interventi mirati laddove si deve già intervenire, come ad esempio sui muri di sponda del lago che si stanno in parte sgretolando. Tutto questo nel rispetto del patrimonio e della cultura del luogo». Ma anche senza stravolgere alcunché. «Del resto anche la Foce era già lì, in fondo non abbiamo fatto molto, le abbiamo ridato un’identità rivelandola a sè stessa e a tutt’a un tratto ci siamo nuovamente identificati con lei. In un mondo globalizzato abbiamo bisogno di sentirci bene nel quotidiano senza avere sempre la smania di andare in vacanza per stare bene».
Sul lungolato che da Castagnola va a Gandria, continua Ambroise, «si potrebbero quindi consolidare i muri di sponda per creare dei piccoli passaggi, delle passerelle, delle gradinate molto semplici. Sarebbero interventi molto misurati che darebbero una grandissima qualità al quotidiano. Tecnicamente fattibili e già inseriti nel budget ordinario. Darebbero insomma accessibilità alle rive e all’acqua nel rispetto anche della sicurezza».
Lugano città d’acqua, dunque. Dopo che in passato proprio dall’acqua ci si è protetti. «Ma oggi ci siamo accorti che possiamo avvicinarci a lei, che si può accoglierla», sottolinea Ambroise. Prima di continuare. «Poche sera fa alla Foce ho visto lucciole, si nascondevano e volavano graziosamente tra gli arbusti di salici. Questo significa che la frequentazione umana della Foce è andata di pari passo con l’aumento della biodiversità animale e vegetale. Flora, fauna ed esseri umani possono convivere. Perché più si porta la natura nel cuore della città più la si apprezza e più la si rispetta».
Dopo Lugano, ecco Sion e Ginevra
Non solo a Lugano. Perché lo studio fondato da Ambroise, Officina del Paesaggio, dopo aver riprogettato il parco Radice a Massagno, si è appena aggiudicata due importanti progetti. Uno a Sion. L’altro a Ginevra. «A Sion stiamo lavorando su due boulevards urbani centrali, rendendoli più freschi, traspiranti e quindi luoghi con più diversità, con piante di diverse specie che hanno bisogno di poca manuntezione. Luoghi non da attraversare in tutta fretta per andare al lavoro, ma dove fermarsi, scambiare due parole anche tra generazioni differenti». A Ginevra invece lo studio si occuperà di ridisegnare due chilometri di lungofiume dove l’Arve incrocia il Rodano. «È l’affaccio Nord di un nuovo quartiere di Ginevra, Il Praille Acacias Vernets (PAV). Abbiamo pensato a un luogo molto selvatico e poetico, creando un’isola anche per gli uccelli migratori. Luoghi che possano creare degli estraneamenti, luoghi emotivi, non soltanto tecnici. Per vivere un’emozione molto profonda in una città densa non solo di costruzioni ma anche di emozioni».