La Norvegia torna ai laburisti, inizia il lento addio all’oro nero

Dopo 8 anni di governo conservatore, il centrosinistra si è ripreso la Norvegia. I tre partiti della coalizione - laburisti, centro e socialisti di sinistra - hanno infatti conquistato la maggioranza assoluta dello Storting, il Parlamento di Oslo: 89 seggi sui 169 disponibili.
I laburisti del futuro primo ministro Jonas Gahr Støre hanno ottenuto il 26,35% dei voti e 48 seggi, uno in meno rispetto al 2017; il Partito di Centro, guidato da Trygve Slagsvold Vedum, ha raggiunto invece il 13,58% conquistando 28 seggi, ben 9 in più rispetto alle precedenti elezioni. Due seggi in più anche per il Partito della Sinistra Socialista di Audun Lysbakken, che con il suo 7,48% avrà 13 deputati.
In crescita pure gli altri due partiti rimasti all’opposizione negli ultimi 4 anni: Rødt (Rosso), movimento d’ispirazione marxista nato nel 2007 e guidato da Bjørnar Moxnes, ha ottenuto il 4,69% e 8 seggi, 7 in più rispetto alla precedente legislatura. I Verdi di Une Aina Bastholm, pur non avendo superato la soglia di sbarramento del 4% (si sono infatti fermati al 3,84%), grazie alla correzione del sistema elettorale hanno triplicato la loro rappresentanza parlamentare, passando da 1 a 3 deputati.
In forte calo, di converso, i quattro partiti che appoggiavano il governo uscente.
La Destra (Høyre) della premier Uma Solberg ha conquistato il 20,45% dei voti e 36 seggi, 9 in meno rispetto al 2017. Il Partito del Progresso dell’ex ministra delle Finanze Siv Jensen si è fermato all’11,71% dei voti, eleggendo 21 parlamentari (quattro anni fa ne aveva 27). I liberali di Ventre (Sinistra) della ministra dell’Istruzione Guri Melbi hanno mantenuto i loro 8 seggi sfiorando il 5% dei voti, mentre il Partito Popolare Cristiano del ministro dell’Infanzia e della Famiglia Kjell Ingolf Ropstad hanno perso 5 seggi e si sono fermati anch’essi sotto la soglia di sbarramento del 4%, conquistando soltanto 3 parlamentari.
L’assenza dal potere
Gli ultimi otto anni sono stati il periodo più lungo di assenza dal potere dei laburisti da quando, nel 1928, lo storico partito della sinistra norvegese entrò per la prima volta in un Governo. Dalla fine della Seconda Guerra mondiale, peraltro, i laburisti hanno governato a Oslo per circa 50 anni.
«Sapevamo di aver bisogno di un miracolo per vincere, ma non ce l’abbiamo fatta. La sessione di lavoro dei conservatori è finita - ha detto ieri, a risultato ormai acquisito, la premier Ema Solberg - Mi congratulo con Jonas Gahr Støre per quella che sembra una netta maggioranza».
Sessanta anni, una lunghissima carriera alle spalle, Solberg ha guidato la Norvegia dall’ottobre del 2013. Soprannominata dai giornalisti «Iron Ema», in omaggio alla somiglianza politica con la britannica Margaret Thatcher, durante il suo mandato ha ampliato l’esplorazione petrolifera e attuato una politica fiscale di stampo conservatore.
Critiche velenose
Paradossalmente, a invertire la rotta politica norvegese sarà un laburista anomalo, un uomo molto ricco, da sempre nel mirino di avversari e commentatori proprio per la sua (apparentemente contraddittoria) militanza nel partito della classe operaia. Jonas Gahr Støre, 61 anni, è tuttavia abituato a fronteggiare critiche e giudizi velenosi. Più volte ha spiegato di essere diventato socialdemocratico da studente, in Francia. «Ho imparato lì in che tipo di società volevo vivere. In Francia, le differenze tra le persone sono grandi, molto più grandi che in Norvegia. Differenze tra ricchi e poveri, tra quelli con istruzione e quelli senza, tra città e zone rurali». In campagna elettorale ha ripetuto di continuo che era ormai giunto «il turno della gente comune» e si è impegnato a ridurre le disuguaglianze sociali, concedendo sgravi fiscali alle famiglie a basso e medio reddito, tagliando il costo dei servizi pubblici e aumentando le tasse per i più ricchi. A partire da sé stesso.
No agli ultimatum
La sfida annunciata da Støre è grande. Il futuro Governo, ha detto, si concentrerà sulla riduzione delle emissioni di CO₂ in linea con l’accordo di Parigi del 2015, e sulla revisione della politica energetica. Senza, però, accettare ultimatum.
In questo senso, un’alleanza politico-parlamentare con i Verdi e con i marxisti di Rosso appare molto difficile, se non improbabile.
«Per difendere i poveri e gli umili dalla crescente ingiustizia e dalla disuguaglianza sociale introdotte in 8 anni dai conservatori, non posso che impegnarmi a usare al meglio la ricchezza petrolifera - ha spiegato lo stesso Støre - Non rinnego gli impegni internazionali per clima e ambiente, ma non posso nemmeno ignorare che il 14% del nostro PIL e ben 160 mila posti di lavoro arrivano alle famiglie norvegesi dal petrolio. Solo con un lento addio, e continuando per anni a sfruttarne le risorse, potremo restaurare l’eguaglianza sociale, finanziare il welfare, la ricerca e lo sviluppo, la scuola, e anche l’accoglienza ai tanti esuli e migranti che si sono salvati a casa nostra da inferni come quelli afghano o siriano. Chi non lo capisce è vittima di sogni idealisti».