L'evento

La potenza delle storie raccontate, Pablo Trincia tra emozioni e «paraculaggine»

Il giornalista, autore di podcast tra cui «Veleno», «Buio» e «Sangue loro», ha svelato alcuni retroscena del suo lavoro davanti al pubblico del cinema Lux – Prossimamente la docuserie «Essere Umani - Cape Town» e il podcast «Rigopiano»
Jenny Covelli
17.04.2024 12:02

«Sono Pablo Trincia e state ascoltando... un podcast realizzato da Chora Media». Chi ama ascoltare i podcast in italiano conoscerà sicuramente la sua voce. La prima audio-inchiesta risale al 2017, quando con Veleno decise di raccontare in questa forma – ancora poco diffusa alle nostre latitudini, ma capace di raccontare dettagli e sfumature con una profondità diversa– il caso dei cosiddetti «Diavoli della Bassa Modenese». Poi fu la volta di Buio, seguito dal lavoro sulla vita di Anna Prouse. Il giornalista ha seguito altre storie, dal naufragio della Costa Concordia a Elisa Claps, passando per un viaggio a Mumbai, il crac della Parmalat e arrivando a Sangue loro: «Superiamo la porta che apre a un mondo estremamente complesso e sfaccettato, che ci farà fare un viaggio all'interno del male più imperdonabile, quello così difficile da elaborare che spesso la nostra mente, la nostra coscienza, si rifiutano anche solo di conoscere».

Ci sono progetti che richiedono una lavorazione più lenta

L'autore di alcuni dei prodotti più amati dal pubblico è salito, ieri, sul palco del Cinema Lux di Massagno in un evento organizzato da BancaStato: «Quando nasce una storia». In una conversazione con il pubblico, moderata dalla giornalista Laura Zucchetti, ha raccontato il podcast, «il mezzo forse più educato per raccontare una storia». Storie che sceglie in maniera molto istintiva. «Se una storia mi colpisce, mi incuriosisce, sento proprio una scintilla», dice. Segue poi la ricerca: testimoni, prove, interviste. «I podcast sono lo strumento di narrazione più bello per chi fa informazione. Danno spazio e tempo per raccontare davvero tutto. Sono narrazione pura, permettono di entrare nei dettagli delle storie». 

Per Trincia, ogni volta, «è un po’ come salpare per una meta sconosciuta: devi prenderti dei rischi. Accendi il progetto senza sapere dove ti porterà. Sono dei mondi che devi scoprire». E Sangue loro ha richiesto ben tre anni di lavoro. «Temevamo la reazione del pubblico, perché la storia parla di terrorismo palestinese e il momento storico è forse quello più sbagliato», ammette. «Ma il nostro approccio - non giustificare ma capire - è arrivato agli ascoltatori. Indossare i panni del cattivo per sentire cosa si prova a stare dalla parte sbagliata della storia. Anche i cattivi hanno una storia e quello che fanno li definisce per tutta la vita».

Ogni tanto penso di dedicarmi ad altro: aprire un posto in cui acquistare tulipani sorseggiando un buon bicchiere di vino

Storie «difficili»

I racconti di Pablo Trincia sono molto emotivi. Poiché, per sua stessa ammissione, il dolore fa parte della storia, come la felicità. «Cerchiamo di portare l'ascoltatore fuori dalla comfort zone, perché quella è noiosa. Devi destabilizzarlo, togliergli l’equilibrio e un po' di certezze». Ai protagonisti pone moltissime domande, necessarie a ripercorrere la strada dei ricordi. «Sono tutti fotogrammi, pezzi di memoria che devi prendere dalla persona e ricomporre, come su una pellicola immaginaria. Devi mappare il luogo, ricostruirlo come in Inception (film del 2010 di Christopher Nolan, ndr). Ridisegnare la scena e, insieme al sound design, portare le persone all'interno della storia».

Inevitabilmente, si crea un legame con le persone coinvolte. «Condividi una storia molto profonda. E se questa ti coinvolge troppo, rischi di rimanere scottato, come mettersi al sole senza protezione. Diventi sensibile». Trincia ammette che a volte gli capita di pensare di «mollare» e di dedicarsi ad altro: «Nella mia testa apro un negozio di fiori. All'interno del locale acquisti tulipani sorseggiando un calice di vino. In sottofondo, io racconto delle storie».

Riscoprire il piacere del racconto

Quando è uscito Veleno – il prodotto al quale Trincia si dice più affezionato, perché lo ha «violentato psicologicamente tanto da farla diventare quasi una missione –, per gli ascoltatori di lingua italiana si trattava di una novità. «Abbiamo riscoperto il racconto orale, la forma più antica del mondo. Quella che consente di immaginare le cose e attingere ai ricordi. Attraverso l’ascolto riviviamo la nostra vita, un'esperienza composta da ricordi».

Nel nostro lavoro bisogna essere un po’ paraculi

Quando racconta le «sue» storie, Pablo Trincia non lo fa da giornalista, ma da narratore. «Dobbiamo essere onesti. La gente ha un po' di voyeurismo, ma è il motore che spinge a cercare le storie. Voglio informare, ma lo faccio anche perché mi piace, perché so che quel tipo di racconto attirerà l'attenzione. Siamo esseri umani, pieni di contraddizioni: usiamole. L'importante è non fare del male a nessuno. A tutti noi piace guardare dal buco della serratura: raccontiamolo». Con la stessa onestà, il giornalista ammette: «Nel nostro lavoro bisogna essere un po’ paraculi. Sapersi relazionare con tutti. Mandare il messaggino, aggiungerci l'emoji. Quella paraculaggine aiuta tanto».

I prossimi progetti

A proposito di Veleno, il bambino zero – Dario nel podcast, Daniele nella realtà – ha espresso il desiderio di realizzare un tour live nei teatri, per raccontare il dramma in prima persona. Un progetto che dovrebbe partire «a breve». Quest'anno uscirà anche la docuserie Essere Umani - Cape Town, prodotta da Sky Italia.

Ma il 2024 riserva anche una nuova sorpresa: un podcast sulla valanga di Rigopiano (Abruzzo) del 2017, costata la vita a 29 persone. «Ci sono tanti soggetti che hanno un po' di neve in tasca», dice senza mezzi termini Trincia. «Dall'inchiesta e dalle nostre ricerche questo aspetto sta emergendo in modo prepotente».

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