Sotto la lente

La povertà «è una realtà sempre più complessa»

Secondo le cifre diffuse dall'UST, in Svizzera quasi un quinto delle persone non è in grado di sostenere una spesa imprevista di 2.500 franchi – Quanto è preoccupante il fenomeno della povertà? E quanto è diffuso in Ticino? Ne abbiamo parlato con Fabrice Boulé, responsabile della comunicazione di Caritas Svizzera e con Stefano Frisoli, direttore di Caritas Ticino
© Chiara Zocchetti
Irene Solari
04.05.2023 09:30

I dati del 2021, resi noti martedì dall’Ufficio federale di statistica (UST), parlano molto chiaro: in Svizzera 745.000 persone, tra cui 134.000 bambini, si sono trovati a vivere in condizioni di indigenza. Non solo. Secondo le cifre, quasi un quinto della popolazione svizzera non è in grado di sostenere una spesa imprevista di 2.500 franchi. Come, ad esempio, una fattura del dentista. Una situazione che desta apprensione anche in chi, da sempre, lavora per far fronte a questo fenomeno: Caritas Svizzera è stata tra le prime ad esprimere preoccupazione e a chiedere a Confederazione, Cantoni e Comuni di non lasciare sole le persone che stanno vivendo queste difficoltà, adottando misure appropriate. Per capire quanto il problema sia diffuso, anche in Ticino, abbiamo parlato con Fabrice Boulé, responsabile della comunicazione di Caritas Svizzera, e con Stefano Frisoli, direttore di Caritas Ticino.

«I soldi non bastano, cosa dobbiamo fare?»

C’è stato un aumento esponenziale delle domande di aiuto a Caritas Svizzera, conferma Boulé, «in particolare sono due i principali tipi di prestazione richiesti – che fungono da barometro della situazione sociale ed economica – dove abbiamo visto il grande incremento: da una parte abbiamo le spese fatte nei nostri negozi, dall’altra le richieste di consulenza». Nei negozi di Caritas Svizzera, infatti, crescono sempre di più gli acquisti: «Più 30% sull’insieme dell’anno, ma se si osserva il primo trimestre del 2023 notiamo già un aumento del 40%». E questo considerando che il 2022 è già stato, di fatto, un anno dai numeri record per Caritas Svizzera. Ma la tendenza non si ferma, anzi, in questi primi mesi dell’anno le cifre hanno raggiunto una nuova impennata. E le richieste a Caritas Svizzera sono tante. Troppe per riuscire a star dietro a tutte, come spiega Boulé. «Diverse Caritas regionali non riescono nemmeno a rispondere a tutte le sollecitazioni. Molte persone vengono a esporci la loro situazione economica e ci dicono “non ce la facciamo più, che cosa dobbiamo fare?”. Non riusciamo a stare dietro a tutto, anche dando fondo a tutte le nostre capacità. È impossibile, c’è stato un aumento troppo forte». E, purtroppo, l’orizzonte non è roseo ammette Boulé. «Nelle cifre fornite dall’UST possiamo già notare l’effetto del COVID-19. Ma la preoccupazione aumenta ancora di più se pensiamo che queste cifre riflettono la situazione prima di arrivare a un anno di inflazione, prima degli aumenti delle casse malati: è adesso che vediamo arrivare gli effetti. Siamo lungi dall’andare verso una situazione in miglioramento, anzi, è il contrario».

Diverse Caritas regionali non riescono nemmeno a rispondere a tutte le sollecitazioni, è impossibile: ce ne sono troppe
Fabrice Boulé, responsabile della comunicazione di Caritas Svizzera

La situazione in Ticino

E in Ticino, come è attualmente la realtà fotografata dalla Caritas regionale? «Partirei proprio dal fatto che la situazione è molto complessa», risponde Frisoli, direttore di Caritas Ticino. «Questo è il primo dato emergente. Ed è anche uno spaccato difficilmente inquadrabile in schemi lineari e classici, come abbiamo fatto finora e ai quali eravamo abituati. Ci sono infatti più complessità che si sommano e questi parametri non funzionano più». E ci sono anche molte più persone che per svariati motivi escono da questi schemi e si muovono tra le maglie di un sistema più complesso. «Persone che magari non si annunciano all’assistenza pur avendone diritto, o perché hanno paura di non vedersi rinnovato il permesso di soggiorno». C’è anche chi, aggiunge il nostro interlocutore, non si annuncia per timore o per motivi di dignità personale. Oppure chi si muove con redditi leggermente al di sopra della soglia di assistenza e quindi non ne ha diritto, anche se non naviga di certo in buone acque. Insomma, il quadro in questi ultimi tempi si è fatto più complesso e variegato e richiede quindi delle forme di attenzione accresciuta. Ma senza gridare agli allarmismi. «Sarebbe facile farlo, ma il tema non è questo: bisogna guardare con lucidità il momento, senza sottovalutarlo», ribadisce Frisoli.

Insieme contro l'indebitamento

Sul fatto se ci sia stata una maggiore richiesta di aiuto o di assistenza in questi ultimi mesi sul nostro territorio, Frisoli risponde negativamente rispetto ad altri interlocutori: «Non abbiamo notato un aumento dei casi sensibili, e non possiamo quindi dire che qui in Ticino ci sia stata un’impennata». Le richieste però si sono diversificate, spiega il nostro interlocutore. Anche in questo caso, le persone si rivolgono a Caritas Ticino per avere consulenza e consigli. In particolare, spiega, in Ticino rimane molto forte il tema dell’indebitamento, «per il quale noi offriamo uno sportello di assistenza specifica su richiesta volontaria da parte delle persone». Indebitamento e gestione del budget sono elementi cardine ci spiega il direttore di Caritas Ticino: «Sono temi importantissimi per le famiglie ma spesso molto tecnici e per i quali non c’è una cultura in questo senso, anzi, c’è una cultura che spinge esattamente al contrario: a spendere. Ad esempio con i crediti al consumo, l’acquisto veloce, i leasing». E anche la pandemia ha contribuito a creare qualche situazione di debito, cancellando alcune piccole attività accessorie di servizi che le persone svolgevano, lasciandole senza quell’entrata economica ma con le stesse spese da sostenere. «Anche se in Ticino non sta esplodendo il problema della povertà, ci sono moltissimi elementi sottesi sui quali bisogna riflettere con attenzione e va dato un segnale».

I nostri negozi fungono anche da primo approccio, più light, per chi cerca assistenza da noi ma non lo vuole manifestare esplicitamente
Stefano Frisoli, direttore di Caritas Ticino

Negozi come ponti per l'assistenza

«I negozi di Caritas Ticino sono sempre ben frequentati», ci dice il nostro interlocutore, difficile quindi notare ad oggi se ci sia già stato un aumento delle persone e degli acquisti. «In realtà i nostri negozi fungono anche da primo approccio, più light, per chi cerca assistenza da noi ma non lo vuole magari manifestare esplicitamente, perché esiste ancora uno stigma molto forte per alcune persone nel fatto di annunciarsi presso di noi. Quindi, cercare di rendere questo passaggio il più facilitato possibile diventa un elemento importante di contatto». Anche perché sono diverse le spese che la gente fa fatica a sostenere, complice il rincaro generalizzato su un po’ tutto il nostro quotidiano, ci spiega Frisoli. «Dalla nafta che ha avuto un’impennata dei prezzi tra ottobre e gennaio, alle casse malati che incidono mensilmente sul budget. Senza contare poi le spese straordinarie che possono essere le più variate in una famiglia, soprattutto se si hanno dei figli». Come far fronte a tutti questi problemi? Secondo il direttore di Caritas Ticino è importante fare il punto della situazione nel modo più razionale e sereno possibile per capire quale sia il punto dolente, come risolverlo con il budget a disposizione e creando rapporti di prossimità. «Allarmismo e scenari apocalittici non aiutano veramente le persone, perché generano un clima crescente di paura che non fa leggere la situazione nel modo più adeguato possibile».

Lotta alla frammentazione

Anche secondo Boulé, nella lotta alla povertà a livello svizzero, esistono alcune soluzioni che Caritas Svizzera promuove da anni, «perché sappiamo che funzionano e sono efficaci». Desta una certa preoccupazione, per il portavoce, la «lentezza con cui si sta muovendo la Confederazione» in materia di monitoring su scala nazionale. «Berna dovrebbe prendere l’iniziativa e promuovere l’applicazione di metodi identici in ogni cantone affinché si possa vedere dove, quando e come agire nel modo più rapido possibile per aiutare le persone che si trovano nella precarietà». È fondamentale, secondo Boulé, avere questo sistema sull’insieme del Paese: «Bisogna sorpassare questa frammentazione cantone per cantone, affinché la Confederazione possa lottare appieno contro la povertà, al fianco dei Cantoni e dei Comuni». Molto importante anche poter contare su una buona politica familiare e una protezione del salario, che permetta alle persone di vivere dignitosamente. «Tutto questo non lo si ottiene con uno schiocco di dita, ci sono delle direzioni nelle quali bisogna andare per lottare in modo coerente ed efficace conto la povertà».

© Chiara Zocchetti
© Chiara Zocchetti
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