L'intervista

«La prepotenza istituzionalizzata di Russia e Stati Uniti rende il mondo più insicuro»

Piero Graglia, ordinario di Storia e politica dell’integrazione europea alla Statale di Milano: «Ogni negoziato internazionale è ormai ridotto a un affare commerciale»
L'ONU ha sempre meno potere e ruolo nella risoluzione delle questioni internazionali. ©OLGA FEDOROVA
Dario Campione
21.11.2025 06:00

Piero Graglia, ordinario di Storia e politica dell’integrazione europea all’Università Statale di Milano, analizza con il Corriere del Ticino la proposta che Donald Trump ha fatto a Vladimir Putin per chiudere la guerra in Ucraina.

«Russia e Stati Uniti vivono tuttora, a livelli diversi, come se fossero in piena guerra fredda. Si pensano superpotenze che controllano i destini di due emisferi. Un atteggiamento, questo, presente in particolare negli USA, la cui politica è caratterizzata da un unilateralismo tossico. Il fatto è - spiega Graglia - che i più forti hanno sempre deciso del destino degli Stati più deboli. Senza andare troppo indietro nel tempo, è successo a Monaco nel 1938, quando Francia, Gran Bretagna, Germania e Italia si misero d’accordo su come spezzettare lo Stato cecoslovacco; e, prima ancora, quando si dissolse l’Impero ottomano, tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900. All’atto della “conquista” della Libia, l’Italia pagò a lungo un affitto all’Impero ottomano per avere il diritto di occupare quei territori».

Il presidente USA «ha proposto ai russi una cosa simile: Mosca resterebbe nel Donbass orientale non come Paese sovrano, ma come Paese occupante, lasciando la sovranità formale all’Ucraina che, per questo, riceverebbe un risarcimento. Siamo di fronte - insiste Graglia - a una perversione della politica internazionale. Ogni negoziato è ridotto a un affare commerciale, tipico di Trump. Credo, e mi ripeto, che sia un modo tossico di intendere le relazioni internazionali: un sistema che emargina non soltanto il Paese interessato - l’Ucraina - ma anche l’Unione europea, che deve accettare e sopportare decisioni prese da due prepotenti senza poter intervenire».

Va da sé che Bruxelles paga, e caro, la propria debolezza politica. E anche la reazione indignata di ieri rischia di restare senza conseguenze.

«“Quante divisioni ha il Papa”?, chiedeva Stalin agli alleati anglo-americani quando questi ponevano il problema del ruolo del Vaticano nella sistemazione dell’Europa post-bellica. Lo stesso accade oggi - dice ancora Graglia - l’Unione europea si lamenta, e Francia, Germania e Italia possono essere contro la soluzione immaginata da Trump, ma come fanno a opporsi? L’Europa ha scelto, per statuto, di essere un gigante economico, un nano politico e un verme militare. A parole può opporsi, ma poi questa sua opposizione come si concretizza? Sanzionando forse gli Stati Uniti?».

Che cosa può allora frenare la «prepotenza istituzionalizzata» di russi e americani in un mondo, come dice Graglia, «sempre più insicuro?». Un mondo in cui «L’ONU è praticamente scomparsa e l’Unione europea può soltanto fare il Grillo parlante, lamentandosi?». Come si struttura un’opposizione vera e credibile, ma soprattutto efficace?

«Io vedo un’unica strada, lenta ma comunque possibile: un’opinione pubblica che contrasti, a livello globale, questo ritorno dell’uso della forza, della prepotenza come criterio regolatore delle relazioni internazionali, e dia più peso alla vecchia ONU, costantemente svuotata negli ultimi anni di senso di credibilità».

Anche la Cina, forse, potrebbe scegliere di contrastare il metodo Trump-Putin. E tuttavia, spiega Graglia, «Pechino è una potenza poco propensa all’uso della forza nelle relazioni internazionali. Forza che utilizza molto di più nelle questioni interne, come dimostra per esempio il caso della minoranza uigura o l’ipercontrollo dei cittadini. La Cina è uno Stato a partito unico, uno Stato autoritario. Sarebbe sbagliato attendersi grandi aperture da parte sua verso un nuovo multilateralismo, anche per le eventuali ricadute democratiche e modernizzatrici sul piano interno».