«La radicalizzazione politica è figlia del declino sociale»

La violenza politica, il neo-autoritarismo, la sovversione alimentata dalle classi dirigenti sono fenomeni ormai all’ordine del giorno in molti Paesi di democrazia occidentale, attraversati da segnali chiarissimi di radicalizzazione. Segnali che Michele Prospero - ordinario di Filosofia politica alla Sapienza di Roma, uno dei più noti e autorevoli studiosi europei del pensiero politico e dei sistemi istituzionali - interpreta a partire dalle trasformazioni in atto da anni.
«I nuovi processi di radicalizzazione e di polarizzazione sono diversi da quelli del ’900 - dice Prospero al Corriere del Ticino - un tempo nel quale la polarizzazione presupponeva scontri tra organizzazioni forti e con ideologie compatte. Oggi sono scomparsi i grandi partiti e i grandi soggetti collettivi, e le ideologie non hanno più una composizione organica unitaria, mobilitante. Alla radice della nuova polarizzazione non c’è più il pericolo del cambiamento radicale che accompagnava la politica del ’900. Oggi il problema è un altro: il mutamento delle relazioni internazionali e il sentimento di declino che accompagna sia gli Stati Uniti - Paese che percepisce la fine del dominio unipolare - sia molte democrazie occidentali».
Populismo e antipolitica
La crisi della globalizzazione, dice ancora Prospero, «ha portato a fenomeni di populismo e di antipolitica che hanno modificato prima tutti i sistemi politici europei e, dal 2016, con la Brexit e il trionfo del primo Trump, anche Inghilterra e Stati Uniti. Siamo di fronte a un ciclo politico mondiale. Il cosiddetto neoliberismo è tramontato, e trionfano varianti di quello che viene chiamato il capitalismo politico, ovvero: protezionismo, guerre commerciali e rivestimento politico-statale delle leve economico-finanziarie».
Di fronte a questo cambiamento che travolge le certezze di molti, esplodono risposte violente, irrazionali. Ma cambia anche il linguaggio di chi governa. «La violenza è stata molto evocata nel lessico politico americano da Trump, il quale ha fatto esplicitamente ricorso a metafore belliche - spiega Michele Prospero - metafore che, nella politica occidentale erano scomparse da decenni e che nessuno, responsabilmente, più evocava. Trump, invece, in nome della liberazione dalla coercizione del politicamente corretto, ha legittimato un uso militare del linguaggio politico che, quando è cabaret, spettacolo, può fare o meno ridere, ma che fuori dalla rappresentazione scenica può sfociare nella fine del rispetto delle forme linguistiche e istituzionali».
C’è stata una vera e propria «guerra contro le forme - insiste il filosofo della Sapienza - ovvero contro le procedure, la correttezza, il rispetto delle regole del gioco. E ciò accomuna Trump e Jair Bolsonaro. Entrambi appartengono a questa variante del capo politico populista che, ottenuto il mandato, non accetta agevolmente il momento della revoca della delega e vive il responso elettorale negativo come un oltraggio. Ecco spiegato il doppio assalto: quello fallito del gennaio 2021 a Washington dopo la sconfitta con Joe Biden e quello di Jair Bolsonaro, la rivolta dell’8 gennaio 2023, dopo la quale si aspettava l’intervento dell’Esercito poi fortunatamente evitato».
Sovversivimo dall’alto
Secondo Prospero, siamo di fronte a un vero e proprio «sovversivismo dall’alto: le classi dirigenti, quando non riescono a regolare i conti con il nemico attraverso le regole e le procedure, hanno istinti, per così dire, a spezzare e a capovolgere il rispetto delle regole del gioco; il sovversivismo dall’alto è qualcosa che, purtroppo, accomuna molte situazioni. Oggi si parla di “democrature”, di democrazie illiberali. La nostra è una fase storica che mostra proprio questa dinamica di sovversivismo dall’alto».
L’Europa occidentale, almeno sin qui, ha mostrato di avere ancora anticorpi sufficienti a contrastare la torsione neo-autoritaria della democrazia. Ma non è immune dal rischio. «C’è un pericolo reale - dice infatti Prospero - l’Europa non ha saputo gestire la crisi bellica a Est, la guerra d’occupazione russa in Ucraina. Ha rinunciato a ogni azione politico-diplomatica. Sovranismo e populismo si sono alimentati anche delle difficoltà economiche, sociali e culturali che la guerra non controllata politicamente ha accresciuto. Purtroppo, ci saranno ulteriori processi di logoramento delle democrazie, accentuate da crisi come quella del sistema industriale tedesco conseguente al caro energia. Se poi si pensa che il declino economico europeo o le difficoltà della politica industriale possano essere combattute e arginate con politiche di armamento, il rischio di un suicidio delle élite democratico-liberali europee si fa ancora più grande».
Ciò che colpisce, conclude Prospero, «è come tutte le culture politiche democratiche, socialdemocratiche, liberali dell’Europa occidentale non abbiano trovato maniere per governare politicamente questi processi di crisi. Anche l’allargamento a Est dell’Europa, verso mondi molto distanti dal punto di vista politico-istituzionale ed economico, ha generato problemi evidenti. Le culture politiche europee non hanno portato democrazia occidentale nel vecchio “Impero del male”, c’è stato piuttosto un processo inverso, un contagio opposto. Oggi, culture illiberali dettano l’agenda alle politiche fragili della vecchia Europa, hanno imposto il proprio lessico, i propri riferimenti culturali alla vecchia Europa che non ha più capacità di pensare politicamente, di avere una grande politica».