La rana di Galvani

Elettrofisiologia e consumi esuberanti
Oliver Broggini
25.06.2010 07:00

Il tocco della mano è gentile, anche se l?amarezza ogni tanto arresta la sequenza dei suoi movimenti. Ma non ha dimenticato come si fa: nonostante la morte della moglie, nonostante la perdita della cattedra all?Università. Nonostante le critiche di quel pavese, che gli ha fatto passare notti su notti senza sonno. Sorretto dalla fede, l?altra metà del suo mondo di scienziato, il professore non ha perso la speranza di trovare l?elettricità animale. Anche in questa sera di dicembre del 1798 la cercherà, ripetendo l?esperimento che da un ventennio lo ossessiona. Me lo ha sussurrato, con dolcezza, pochi istanti fa: stasera la cercherà, ancora una volta. Dentro di me. Perché io sono l?ultima delle centinaia di rane che, in questi anni, ha decapitato e poi collegato ai suoi elettrodi. Mentre la vita scorre veloce fuori dal mio corpo, sento un nuovo fluido entrarvi e prenderne possesso. Nell?ultima immagine che fisso, prima di morire, il professore sembra sereno: credo di riconoscere l?inizio di un sorriso, che gradualmente solleva gli angoli della sua bocca.

L?anatomista e fisiologo bolognese Luigi Galvani (1737-1798) pubblica il Commentarius nel 1791, dopo undici anni trascorsi a riprodurre e approfondire un esperimento rivoluzionario. Collegando un conduttore metallico ai muscoli di una rana morta, privata della testa e parzialmente scuoiata, se nella stanza viene prodotta una scarica elettrica le zampe dell?animale si contraggono, in maniera ampia e duratura. Come se l?animale fosse ancora vivo. La scoperta suscita grande entusiasmo in tutto il mondo scientifico europeo, e segna la nascita dell?elettrofisiologia. Il tema sarà inoltre al centro di una pluriennale e aspra disputa tra Galvani e il professor Alessandro Volta (1745-1827) dell?Università di Pavia, dapprima entusiasta, poi sempre più scettico sulle teorie del collega felsineo.

Ripenso alla rana di Galvani – reminiscenza universitaria – mentre a pochi passi dal lago sfila sul mio piatto il menu da degustazione del ristorante due stelle guida Michelin, punteggio imprecisato sulla Gault Millau. Ci ripenso mentre provo in negozio, in una pausa del programma wellness allestito per me nelle prealpi austriache, il mio quarto paio di scarpe da ginnastica disegnate da Alexander Mc Queen, 220 euro. Mentre cambio i cerchioni in lega della mia auto sportiva per l?equivalente, pneumatici esclusi, dello stipendio annuo corrisposto alla cassiera del cinema d?essai dove stasera vado a vedere THX 1138, regia di George Lucas, in versione director?s cut.

Penso alla rana di Galvani, e a come l?elettricità riporti artificialmente in vita il suo corpo morto, sostituendosi agli istinti naturali e alla pulsione verso la sopravvivenza. A quanto il suo fremito abbia un?aria molto contemporanea. Ci penso un secondo, prima che il cellulare Vertu in pelle di canguro e acciaio tempestato di Swarovski richiami prepotente la mia attenzione. Manifesti su autobus reportage di costume vetrine del centro pubblicità televisiva banner su internet articoli redazionali su riviste multicolori di design. Mi entrano dentro. Sono il mio essere eterodiretto. Sono la polverizzazione della mia energia vitale in un universo di stimoli a bassa intensità. Vengo agitato da una corrente incontrollabile. Sono l?imitazione della vita. Una fotocopia di cui è andato perso l?originale. Dopo il pensiero debole, sono l?apostolo del desiderio debole. Sono io, la rana di Galvani.