Sotto la lente

La rivincita del vinile

I classici dischi stanno superando i CD un po’ in tutto il mondo, come hype ma anche a livello commerciale – Una moda passeggera, una tendenza di lungo periodo, l’ennesima operazione nostalgia?
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Stefano Olivari
15.03.2023 09:30

I dischi in vinile stanno superando i CD un po’ in tutto il mondo, come hype ma anche a livello commerciale. E negli Stati Uniti il sorpasso è già avvenuto, visto che nel 2022 lì sono stati venduti 41 milioni di album in vinile, contro 33 milioni di Compact Disc. Una moda passeggera, una tendenza di lungo periodo, l’ennesima operazione nostalgia?

Anni zero

La RIAA, Recording Industry Association of America, ha spiegato che nel 2022 il fatturato del vinile è cresciuto del 17% rispetto all’anno precedente e soprattutto che si è trattato del sedicesimo anno consecutivo di crescita: una tendenza che quindi parte da lontano, da metà degli anni Zero, quando lo streaming era marginale e a dominare era il download, con iTunes nato pochi anni prima ed i vari lettori digitali a fare tendenza. Questo non significa che l’industria musicale di oggi si regga sul vinile, anzi: l’84% delle entrate deriva dal vituperato streaming ed il vinile è un di più, un mercato piccolo ma non piccolissimo (1,2 miliardi di dollari l’anno), circa il 5% di un mercato globale della musica da più di 25 miliardi, con un trend crescente che porta a proiezioni oltre i 50 miliardi all’anno entro il 2030. Insomma, il vinile è economicamente marginale ed il CD ancora di più, ma sono comunque agganciati da un treno in corsa: nel mondo si ascolta sempre più musica, in ogni contesto, uno scenario che dovrebbe in teoria arricchire tutti e in cui invece tutti si lamentano. Spotify perde soldi, gli autori incassano meno, i cantanti per arrivare alla fine del mese sono costretti ad un’attività live spesso degradante. Alla fine, come in tanti altri casi riguardanti i media, a guadagnarci sono le grandi piattaforme ed i provider.

Pink Floyd

Al di là degli aspetti finanziari, chi è che nel 2023 ascolta dischi in vinile? Molti critici musicali attribuiscono questa rinascita al successo dell’indie rock e della sua ideologia vagamente anti-tecnologica (salvo poi cercare i click in ogni modo, come il più becero degli influencer), ma la classifica dei vinili più venduti nel 2022 smentisce questa tesi. Sul mercato italiano il vinile più venduto è infatti stato Harry’s House, di Harry Syles, seguito da The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd e Virus di Noyz Narcos. Insomma, il pop più mainstream possibile, una pietra miliare del rock e un rapper. Poi Marracash, Måneskin, Guccini, Fabri Fibra, Arctic Monkeys, Lazza, al decimo posto ancora i Pink Floyd con Animals, i Pinguini Tattici Nucleari, per la terza volta i Pink Floyd con The Wall, Ernia, Cremonini, Blanco, i Queen, Michael Jackson, Red Hot Chili Peppers, Nirvana e al ventesimo posto Springsteen con Only the strong survive (disco recente, pur essendo di cover). Insomma, indie rock nemmeno a cercarlo con il lanternino ma piuttosto un misto di cantanti di oggi e mostri sacri di ieri, con un numero tutto sommato limitato di greatest hits. La tendenza nella tendenza, per quanto riguarda il vinile, è evidentemente quella di premiare i grossi nomi. Nel 45% dei casi, stando ai discografici, al vinile si arriva dopo l’ascolto in streaming: il disco diventa così una sorta di trofeo fisico.

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Vita non eterna

Sembrano davvero di altri tempi i discorsi sulla vita dei dischi, ma certo con vinile e CD si ha la sensazione di possedere qualcosa di eterno. Dal punto di vista tecnico è una semplice sensazione: un disco in vinile ben tenuto ed ascoltato può durare con una buona qualità circa 50 anni, mentre un CD sui 40, con buona pace di chi negli anni Ottanta li ‘vendeva’ come indistruttibili. Chiaramente non è che dopo si decompongano, ma mille fattori (polvere, calore, posizione, eccetera) influiscono sulla loro qualità e quindi ogni disco fa storia a sé: certo la sensazione è unica, e nessuna big tech ti può cancellare le playlist di una vita se non paghi più l’abbonamento. Quanto alla qualità di registrazione, gli addetti ai lavori sostengono che un vinile moderno, ascoltato su un impianto adeguato, offra nella media una qualità superiore al CD e a maggior ragione allo streaming. Dipende ovviamente anche dal genere musicale, ma in generale si può dire che il vinile mantenga il suo perché anche al di fuori della nicchia dei nostalgici.

Usato

Fra pochi giorni a Milano chiuderà Buscemi, storico negozio di dischi del centro ed ultimo rimasto a puntare anche sul nuovo e non soltanto su usato e collezionismo. Inutili i soliti discorsi sui bei tempi andati, chiediamoci quante volte negli ultimi dieci anni abbiamo comprato un disco fisico in un negozio e ci saremo già dati una risposta. Imbattibile Amazon e comunque l’online sul nuovo, sull’usato il vinile va forte anche nei negozi fisici, nei mercatini e nelle fiere. Con l’acquirente che non necessariamente è un collezionista, ma spesso è soltanto un appassionato di musica che si fa guidare dall’ispirazione e dal piacere fisico. Sì, perché il gigantesco non detto del boom del vinile è che spesso chi compra non ascolta. Fra i mille sondaggi citiamo quello della BBC, secondo cui il 48% di chi acquista dischi in vinile poi non li ascolta nemmeno una volta: gli piace averli ed esporli in casa, al limite accarezzarli, poi quelle stesse canzoni magari le ascolta ipercompresse sullo smartphone. Le indagini di mercato e gli ordini online smentiscono comunque il luogo comune sul cinquantenne nostalgico: i principali acquirenti di vinili nel 2023 sono compresi nella fascia di età 25-34 anni (circa il 33% del totale), quindi non ragazzini ma persone abbastanza giovani, seguiti dal popolo 35-44. Interessante è che chi è nella fascia 55-64 (un po’ boomer e un po’ Generazione X, quindi) acquisti meno vinili di chi è nella fascia 18-24. Insomma, questo vecchio supporto ha un passato ma anche un futuro.

 

 

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