Guerra

La Russia rischia di perdere i suoi specialisti informatici

Il governo starebbe cercando il modo per richiamare in patria chi lavora in smart working dall'estero – I legislatori della Duma pensano ad aumentare le tasse
© KEYSTONE (EPA/Anatoly Maltsev)
Jenny Covelli
03.01.2023 10:35

Lo smart working rischia di infliggere un duro colpo alla Russia. In particolare, per quanto riguarda gli specialisti del settore IT. E le autorità stanno cercando tutti i modi possibili per non perdere i suoi informatici di alto livello. È quanto riferisce la Reuters, secondo cui sarebbero decine di migliaia i russi con residenza all'estero che attualmente lavorano per aziende russe. Una conseguenza dell'invasione dell'Ucraina e, soprattutto, della mobilitazione decretata da Mosca il 21 settembre 2022. Persone che non avevano nessuna intenzione di tornare a casa la sera dal lavoro e ritrovarsi il giorno seguente in prima linea, senza (quasi) alcun addestramento a combattere.

Il governo russo stima che sono almeno 100.000 i suoi specialisti del settore informatico che vivono all'estero. Ecco perché sta cercando il modo di «convincerli» a tornare in patria. Come? Una delle misure che sta prendendo in considerazione è il divieto dello smart working. Addirittura, alcuni dei legislatori più estremisti vorrebbero vietare a questi lavoratori di lasciare la Russia, con la scusa del possibile «tradimento», soprattutto se andassero a lavorare per i paesi della NATO, avendo potenzialmente accesso a informazioni sensibili.

Più tasse per chi se n'è andato

Ma riportare forzatamente in Russia 100 mila specialisti IT che già vivono all'estero è davvero complicato. Servirebbero dei rimpatri forzati. E non è fattibile. Ecco perché appare più «sensato» minacciare licenziamenti o toccare il portafoglio. I legislatori della Duma, la camera bassa del Parlamento russo, stanno proprio sviluppando un disegno di legge che aumenterebbe le tasse per i russi che hanno lasciato il paese dopo l'inizio della guerra. Lo ha affermato Vyacheslav Volodin, presidente della Duma. «C'è chi crede che sia necessario dare dei benefici a chi ha lasciato il nostro Paese perché ritorni. Questo è sbagliato. Per chi ha lasciato la Federazione è giusto introdurre un'aliquota maggiorata e noi stiamo lavorando a delle modifiche alla legislazione in tal senso», ha scritto una settimana fa su Telegram. Secondo lo speaker della Duma i russi che hanno lasciato il loro paese devono capire che la maggior parte della società russa «non li sostiene per ciò che hanno fatto e crede che abbiano tradito il loro paese, i loro familiari e i loro cari. Fino ad oggi, coloro che se ne sono andati non solo lavorano a distanza nelle aziende russe, ma godono anche di tutti i vantaggi che ciò offre loro in conformità con la legislazione del nostro Paese». Una mossa che, però, potrebbe indebolire le aziende russe che si occupano di IT.

Le reazioni

Mentre molti giovani russi, con lo scoppio della guerra, si sono spostati in paesi come la Lettonia, la Georgia o l'Armenia, dove si parla russo, altri sono finiti addirittura in Argentina. La Reuters ha raccolto alcune testimonianze per comprendere come vengono percepite le decisioni prese in patria. Un 36.enne che opera come IT specialist ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di tornare in Russia, in nessun caso. «Volevo andarmene da tempo. Il 24 febbraio è diventato tutto chiaro. Ho capito che non c'era più vita in Russia». Una designer di 26 anni ha definito l'ultimatum del Cremlino come una richiesta di «negoziare con i terroristi. Dicono "torna o renderemo il tuo lavoro impossibile, per la tua azienda e i tuoi dipendenti"».

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