La strana scomunica degli Heizer

«Il Papa scomunica la fondatrice del movimento cattolico progressista austriaco "Noi siamo Chiesa" e suo marito». La notizia ha fatto il giro del mondo lo scorso 21 di maggio, offuscata rapidamente dalla fiumana di altre informazioni sul viaggio di Francesco in Terra Santa. Ma nel frattempo, da qualche parte, nella coscienza dell'opinione pubblica mondiale, è rimasta incisa l'idea che il nuovo pontefice, come i suoi predecessori, usi il pugno di ferro coi contestatori interni. In barba al suo stile «misericordioso». La realtà non è proprio quella descritta nei frettolosi titoli dei giornali di quei giorni. Il Papa, infatti, non ha scomunicato nessuno. Ciò non toglie che sì, effettivamente, Martha Heizer e il suo consorte Gert, figure di punta di «Wir sind Kirche» sono stati l'oggetto di questa decisione. Ma come è possibile? Chi ha pronunciato la condanna? Facciamo chiarezza. Anche con l'aiuto del teologo don Azzolino Chiappini.
Mercoledì, 21 maggio 2014 la diocesi di Innsbruck, nell'ovest dell'Austria, ha scomunicato Martha Heizer, 67 anni, presidente del movimento cattolico riformatore «Wir sind Kirche» e suo marito Gert per aver celebrato la messa senza prete. La scelta è stata annunciata dal vescovo di Innsbruck, mons. Manfred Scheuer, secondo il quale «è stata una sconfitta non aver potuto convincere gli sposi a rivedere la loro opinione e evitare la procedura». Il vescovo ha poi comunicato la decisione ai coniugi, che dal canto loro l'hanno respinta. Proprio così: «Non l'abbiamo accettato (il decreto di scomunica, ndr) perché rimettiamo in causa l'integralità della procedura», ha reagito la Heizer, «questa procedura mostra fino a che punto la Chiesa cattolica ha bisogno di rinnovamento».
Don Azzolino Chiappini è il rettore della Facoltà di Teologia di Lugano. A lui chiediamo un commento sulla vicenda della scomunica contro Martha e Gert Heizer.
«Questa vicenda – spiega – va chiarita bene su alcuni punti. Prima di tutto il Papa non è intervenuto direttamente. La scomunica è un atto che deriva dal codice di diritto canonico e dal vescovo della regione. In secondo luogo non è vero quanto sembra emergere dai resoconti di alcuni mass media, e cioè che la scomunica tocca tutte le persone che fanno parte del movimento 'Wir sind Kirche'. Non è così».
Insomma, si è trattato di un'applicazione di una norma canonica.
«Esatto. Un'applicazione che fa parte dell'ordinaria amministrazione. Forse è più importante chiedersi il motivo per cui situazioni del genere possono cadere sotto la pena canonica della scomunica».
Appunto, quali sono?
«Se le informazioni sono esatte, e cioè se in questa casa è stata celebrata l'eucarestia in maniera non regolare, fatta cioè da ministri non ordinati, allora questa pratica rompe gravemente la comunione dentro la Chiesa. Non si tratta di una concezione clericale, ma della comprensione della natura della Chiesa e del ministero dentro la Chiesa. Una concezione comune a tutta la tradizione antica e condivisa con Roma da tutta la tradizione delle Chiese orientali, comprese quelle separate da Roma».
A cosa serve una scomunica?
«Lo scopo, il primo, non è tanto quello di condannare (come vale per tutte le pene inflitte dalla legge canonica), ma di far riflettere le persone coinvolte perché si ravvedano. Più che un castigo va letta come un aiuto a considerare la propria posizione dentro la comunità della Chiesa».
Significa che se qualcuno viene scomunicato e si ravvede, la separazione dalla Chiesa decade?
«La scomunica non butta fuori dalla Chiesa nessuno, lascia chi ne è toccato dentro la Chiesa anche se gli viene impedito di partecipare ad alcuni atti della vita sacramentale ecclesiale. Uno scomunicato, poi, non è dannato».
Nel Primo PIano del 6 giugno tutti i dettagli sulla vicenda, la spiegazione delle leggi canoniche sulle scomuniche e l'intervista integrale al cattolico ticinese don Azzolino Chiappini