«La Svizzera è ben messa nella prevenzione delle catastrofi naturali»

Secondo gli esperti, la Svizzera ha fatto il suo dovere quando si tratta di prevenire i pericoli naturali. Dagli anni '90, il Consiglio federale, i Cantoni e i Comuni hanno colmato molte lacune dei decenni precedenti. Il cambiamento climatico pone però le autorità di fronte a nuove sfide.
Boris Previšić, direttore dell'Istituto culture delle Alpi di Altdorf, ha chiarito la sua precedente affermazione sulle colonne della «Neue Zürcher Zeitung», secondo cui la Svizzera è stata troppo negligente in passato in materia di protezione dai rischi naturali. In un'intervista rilasciata all'agenzia di stampa Keystone-ATS, egli ha dichiarato che questa affermazione si riferiva principalmente ai cosiddetti anni del boom dopo la Seconda guerra mondiale fino agli anni '80.
A quei tempi si costruiva persino in aree ad alto rischio, nonostante si sapesse che queste erano state ripetutamente colpite da frane, smottamenti e inondazioni. Nel Canton Uri, ad esempio, sono stati costruiti edifici industriali e strutture infrastrutturali anche in luoghi minacciati.
Tuttavia, secondo Previšić, nel Canton Uri vi è stato un ripensamento radicale dopo l'alluvione del 1987 nella piana della Reuss, che ha inondato anche la zona industriale nel fondovalle. In seguito a questo e ad altri eventi meteorologici estremi è stata richiesta una registrazione sistematica in carte dei pericoli naturali. La Svizzera l'ha attuata qualche anno dopo.
Secondo il geologo e mineralogista bernese Hans-Rudolf Keusen, il vero catalizzatore della prevenzione dei pericoli naturali in Svizzera è stato la frana di Randa (VS) del 1991. Egli è convinto che nella Confederazione la prevenzione dei pericoli oggi sia «molto avanzata ed esemplare». Ciò è dimostrato anche dal fatto che nel paese si registrano in effetti solo pochissimi decessi causati da pericoli naturali.
Previšić, da parte sua, ha sottolineato che, sebbene la prevenzione dei rischi funzioni bene per le alluvioni e gli smottamenti, è molto difficile per le frane. Ciò è dovuto al fatto che queste ultime sono, in linea di massima, eventi molto rari. Le alluvioni e le colate detritiche, invece, spesso si verificano ripetutamente nello stesso luogo nel corso dei secoli. È quindi più facile registrare questi rischi sulle carte dei pericoli naturali.
Il cambiamento climatico aumenta il rischio di pericoli naturali, soprattutto per quanto riguarda le precipitazioni estreme e le temperature elevate, ha dichiarato Previšić. Il disgelo del permafrost è un possibile fattore di frane. Dall'estate record del 2003, con un limite di zero gradi al di sopra dei 5000 metri, anno dopo anno, e la mancanza di raffreddamento notturno, in Svizzera si è osservato un accumulo di frane e distaccamenti di rocce dalle aree di permafrost.
Gli studi hanno dimostrato che la temperatura del permafrost è aumentata di 0,5 gradi per decennio, cosa che accresce ulteriormente l'instabilità geologica. Bisogna ancora esaminare più a fondo come tale effetto influisca esattamente sulla stabilità delle montagne. Studi comparativi con altre regioni montane in tutto il mondo dimostrano tuttavia che esiste una connessione tra l'aumento delle temperature e la crescente frequenza di frane dalle aree di permafrost e di crolli di ghiacciai.
«È un dato di fatto che il riscaldamento globale stia causando il disgelo del permafrost», ha dichiarato Keusen. In relazione al permafrost ci sono però molti malintesi. «È importante una visione differenziata del fenomeno», ha detto l'84enne che da decenni osserva i pericoli naturali nelle Alpi.
La convinzione comune che il permafrost agisca come una colla e tenga insieme le montagne è sbagliata. Ad essere determinanti per il verificarsi di grandi frane sono le condizioni geologiche della roccia: «se il materiale roccioso presenta crepe o è friabile, la probabilità che si verifichi una frana è più alta», ha spiegato l'ex membro della piattaforma nazionale Pericoli naturali PLANAT, commissione extraparlamentare istituita dal Consiglio federale nel 1997 che elabora la strategia svizzera per affrontare i rischi derivanti dai pericoli naturali.
Un fattore importante per l'instabilità è l'acqua. «Se il permafrost si scioglie, è più facile per l'acqua penetrare nelle fessure e nelle crepe della roccia, accumulare pressione e destabilizzare la montagna», ha aggiunto Keusen.
Sul Kleines Nesthorn sopra Blatten (VS), tuttavia, già trent'anni fa si verificavano continue cadute di massi. «Ciò dimostra che questa montagna presenta una disposizione geologica sfavorevole già da molto tempo», ha proseguito l'esperto. Il disgelo del permafrost potrebbe essere stato un ulteriore fattore.
Keusen ritiene insostenibile l'affermazione secondo cui il rischio di frane in Svizzera sarebbe decuplicato nell'arco di cinquant'anni a causa dei cambiamenti climatici. Essa non è stata dimostrata statisticamente. Si sospetta invece un aumento di eventi meteorologici estremi con precipitazioni abbondanti: questi favoriscono eventi come frane, colate detritiche e piccole cadute di massi, ma non frane.