La Svizzera nel Consiglio di sicurezza «per una pace sostenibile»

A partire da domani la Svizzera entrerà nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) come membro non permanente per il biennio 2023-2024.La Confederazione, eletta lo scorso 9 giugno, partecipa già da ottobre in veste di Paese osservatore senza diritto di voto. È la prima volta che Berna si siede attorno al prestigioso tavolo semicircolare al Palazzo di vetro di New York.
Che cosa è il Consiglio di sicurezza dell’ONU?
Il Consiglio di sicurezza, creato nel 1945 e operativo dall’anno seguente, è uno dei sei organi principali delle Nazioni Unite: la sua responsabilità principale è il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Può adottare sanzioni economiche, embarghi sulle armi, restrizioni finanziarie, divieti di viaggio, cessazione delle relazioni diplomatiche e azioni militari. Ogni anno adotta tra 50 e 70 risoluzioni relative a missioni politiche e di mantenimento della pace dell’ONU. La prima decisione di rilievo nel nuovo anno riguarderà probabilmente la Siria, con l’eventuale proroga di sei mesi del sistema di aiuti transfrontalieri.
Chi ne fa parte?
Il Consiglio di sicurezza si compone di quindici membri, cinque permanenti e dieci non permanenti. I membri permanenti – ovvero le potenze uscite vincitrici dalla Seconda guerra mondiale – sono Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti, che dispongono del diritto di veto. Di norma, sulle cosiddette «questioni procedurali», una risoluzione è approvata se ottiene almeno nove voti. Con il suo voto, uno dei cinque membri permanenti può invece impedire l’adozione di una risoluzione sulle altre questioni, dette «sostanziali». Ogni anno vengono assegnati cinque seggi non permanenti – anche su base geografica – che restano in carica per un biennio: lo scorso anno sono stati eletti Albania, Brasile, Gabon, Ghana, Emirati Arabi Uniti. Oltre alla Svizzera, a partire dal primo gennaio 2023 faranno parte del Consiglio di sicurezza anche Ecuador, Giappone, Malta e Mozambico. Questi cinque paesi da domani prenderanno il posto di India, Irlanda, Kenya, Messico e Norvegia. Sono circa sessanta, su 193, gli Stati membri delle Nazioni Unite che non hanno ancora fatto parte dell’UNSC. La Svizzera si adopera da anni – insieme ad altri Paesi – per una riforma di questo organo: attualmente, infatti, il Consiglio di sicurezza è sostanzialmente «bloccato» a causa di alcuni membri permanenti, con la Russia impegnata in una guerra e i rapporti sempre tesi tra Stati Uniti e Cina. Due settimane fa, in un’intervista al Corriere del Ticino, il presidente della Confederazione (lo sarà fino a stasera) Ignazio Cassis aveva affermato che l’UNSC «è un organo in crisi. Tocca alle grandi potenze sbloccare questa situazione, anche se in questo momento non si vede come».
Quale sarà il ruolo della Svizzera?
Il Consiglio federale ha stabilito quattro priorità tematiche: costruire una pace sostenibile, proteggere la popolazione civile, affrontare la questione della sicurezza climatica e rafforzare l’efficienza dei lavori all’interno del Consiglio di sicurezza. Le priorità proposte dall’Esecutivo sono considerate pertinenti rispetto all’attuale situazione geopolitica, anche a fronte dell’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina. A detta del DFAE, con questo seggio la Svizzera «potrà mettere a disposizione della comunità internazionale la sua pluriennale esperienza e la sua credibilità nel campo della risoluzione pacifica delle controversie».
Chi prenderà posizione per la Svizzera?
Per gli affari del Consiglio di sicurezza le scadenze possono essere molto brevi: di regola è la Divisone ONU del DFAE ad esprimersi sulle decisioni e sulle posizioni da assumere nel Consiglio di sicurezza. Nei casi politicamente importanti spetterà invece al Consiglio federale, come le questioni di politica interna o estera di grande portata (ad esempio il riconoscimento di un territorio conteso sul piano internazionale), o se il Consiglio di sicurezza adottasse un nuovo regime sanzionatorio (l’ultima volta è accaduto per il Mali nel 2017) oppure se decidesse in merito all’autorizzazione di un intervento militare (l’ultima volta è avvenuto per la Libia nel 2011). L’Esecutivo dovrà però coinvolgere anche le Commissioni di politica estera del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati. Fornirà ad esempio rapporti periodici sugli ultimi sviluppi e sulle iniziative della Svizzera.
Chi rappresenterà la Confederazione?
Generalmente Berna sarà rappresentata dall’ambasciatrice alle Nazioni Unite Pascale Baeriswyl. Anche i consiglieri federali però possono essere presenti, soprattutto quando la Svizzera avrà la presidenza, nel mese di maggio 2023 e nell’ottobre 2024. Un rappresentante elvetico – così come quello di ogni Paese membro – deve essere costantemente presente presso la sede di New York, in modo che il Consiglio possa riunirsi in ogni momento. L’UNCR e i suoi organi sussidiari si riuniscono più volte al giorno per un totale di circa 800 volte all’anno. Per questo mandato sono stati predisposti 25 posti di lavoro supplementari: dal 2025 è però previsto il completo ritorno al livello anteriore alla candidatura.
Quanto costa, in termini finanziari, alla Svizzera?
Il budget previsto per il periodo 2020-2025 dovrebbe aggirarsi attorno ai 25 milioni di franchi. La maggior parte dei costi – circa due terzi – è assorbita dal DFAE, ma dovranno ricorrere a risorse aggiuntive anche il Dipartimento federale della difesa e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO). Tra il 2020 e l’elezione dello scorso giugno sono stati spesi circa 500 mila franchi. Circa dieci nuovi membri del personale hanno raggiunto la missione svizzera a New York, anche con l’obiettivo difendere pubblicamente la candidatura.
Come si è arrivati a questa elezione e quali sono i rischi?
L’adesione della Svizzera all’ONU risale al 2002. Da allora Berna ha rivestito cariche in tutti i principali organi delle Nazioni Unite, ad eccezione del Consiglio di sicurezza. La candidatura è stata presentata nel 2011 e confermata a più riprese dal Parlamento e dall’Esecutivo. Il 9 giugno 2022 l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato la candidatura elvetica con 187 voti favorevoli su 190 schede valide. Per essere eletti bisogna ottenere una maggioranza superiore ai due terzi. La candidatura ha però incontrato anche molte resistenze interne, in particolare da parte dell’UDC che nutre dubbi in merito alla neutralità. Per il partito, l’unico presente in Governo contrario alla candidatura, questa elezione trascinerà il Paese in conflitti esteri, poiché «questo organismo di superpotenze decide chi va in guerra e chi in pace». Un rapporto approvato nel 2015 dal Consiglio federale giunge però alla conclusione che il seggio «è perfettamente compatibile con la neutralità della Svizzera».