La tragedia del Muotathal, fra storia e mitizzazione

LUGANO - Quanto i luoghi del riposo eterno possano esser evocativi, più delle dimore dei vivi, lo hanno scritto e rimato letterati e poeti. Non di rado, come nei Sepolcri del Foscolo o in Spoon River di Lee Masters, steli e lapidi rimandano, tra sculture e iscrizioni, echi delle vicende dei defunti – talora insolite e indecifrabili ai profani – o ammonimenti. Tra i viali del cimitero di Locarno, ad esempio, non passa inosservata una tomba costituita da un blocco di pietra scura con il rilievo stilizzato in marmo nero di un aereo, sormontato da un casco militare e la seguente scritta: «Decio Bacilieri capitano aviatore 1905-1938». Pochi, è probabile, saprebbero indicare, sotto simili rimandi, i contorni della fine immatura dell'aviatore, ottant'anni fa. Eppure la sua vicenda ha lasciato una traccia profonda in cronache private e pubbliche, in cenotafi, persino in un popolare motivetto musicale. Ecco, allora, dal deposito delle memorie risalire in superficie i dettagli.
Per sabato 27 e domenica 28 agosto 1938 in occasione dell'inaugurazione del locale aeroporto, sono indette a Lugano due giornate aviatorie internazionali, nelle quali equipaggi di vari Paesi, militari e civili, maschili e femminili (!), sono chiamati ad eseguire complicati esercizi di abilità, da singoli o in formazione. Designata per la Svizzera è la compagnia aviatoria 10, nota come «squadriglia ticinese», di base all'aeroporto di Dübendorf, canton Zurigo, e comandata dal nostro Bacilieri. Il 20 agosto questi stila il programma di volo per 5 aerei Fokker CV-E e 10 uomini. Questa la disposizione: punta cap. Decio Bacilieri con I ten. Hugo Sommerhalder, prima ala sinistra ten. Werner Guldimann con cp Arthur Favre, e destra ten Oskar Stäuble con il serg Hans Schlegel, seconda ala sinistra I ten Sven Mumenthaler con I ten Carlo Bonetti, e destra I ten Federico Del Grande con I ten Gino Romegialli.
Mentre fra Gola di Lago e la valle del Vedeggio sono già in corso, sabato 27, le evoluzioni di vari partecipanti all'evento, la «squadriglia ticinese» si alza in volo alle 15.33: tragitto Zurigo-Walensee sino a Coira, poi a sud ovest verso il San Bernardino, oppure verso Disentis-Lucomagno-Bellinzona... La sera, alle 17.30, alla chiusura della prima giornata, la pattuglia però non è ancora giunta in Ticino. Solo verso mezzanotte arriva a Lugano, durante la premiazione e il gran ballo al Kursaal, la notizia di un «grave incidente aereo» sulle Heuberge e sul Drusberg, che induce a chiudere immediatamente la cerimonia e cancellare la seconda giornata della manifestazione. Particolari inizieranno a filtrar la domenica mattina, al recupero, fra le 04.00 e le 10.00, delle salme dei sei aviatori deceduti sul posto – Bonetti, Del Grande, Mumenthaler, Romegialli, Schlegel, Stäuble – e ai primi interrogatori dei superstiti – benché gravemente feriti – Bacilieri e Sommerhalder, e ai sopravvissuti, Guldimann e Favre, giunti di fatto il giorno innanzi a destinazione, a Bellinzona dopo aver compiuto un largo giro fuori formazione, avendo perduti i contatti coi colleghi.
Celebrate a Svitto le esequie collettive dei sei caduti, poi quelle individuali nei vari luoghi di attinenza, il 30 agosto; aggravatosi il bilancio della tragedia con la morte, all'ospedale di Einsiedeln, il 7 settembre, del cap Bacilieri, che porta a sette il numero complessivo delle vittime, la magistratura militare chiude l'inchiesta formale sull'incidente il 13 settembre. Il motivo principale della caduta dei velivoli è individuata nei banchi di nebbia insidiosi, in apparenza in via di diradamento, in realtà infittitisi, che avrebbero tolto al comandante della pattuglia visibilità, portandolo con la formazione addosso alle montagne.
Davvero vasti la partecipazione e il cordoglio, fra le autorità e la popolazione, per l'accaduto. Il «Fall Muotathal» capita infatti fuori impiego bellico e si fa notare. Soprattutto perché accaduto in un anno non tra più sereni: il Terzo Reich s'è infatti annesso l'Austria nel mese di marzo e in quelle stesse settimane stila un ultimatum alla Cecoslovacchia portando l'Europa alle soglie di un conflitto solo rinviato dalla conferenza e dagli accordi di Monaco del 29 e 30 settembre.
In quel clima saturo di tensioni, tutti i Paesi – i più pacifici quanto i più bellicosi – devono comprovar la propria efficienza e la Svizzera, stretta fra la Germania nazista e l'Italia fascista, non può permettersi passi falsi. Nella Confederazione l'aviazione ha fatto la sua comparsa da poco, voluta nel 1920 dal Dipartimento militare federale quale arma ausiliaria e solo di recente, nel 1936, è stata promossa allo status d'armata. Sicché la partecipazione alla manifestazione ticinese il 27 e il 28 agosto 1938 è occasione per «metter in vetrina» la potenza aerea della nazione, sfoderata con piglio marziale a garanzia della sempre più minacciata neutralità. Come confesserà il colonnello divisionario Hans Bandi, comandante delle truppe d'aviazione, «non si trattava di un semplice sorvolo fino a Bellinzona per prendere parte alle giornate aviatorie internazionali di Lugano, bensì vi erano compiti precisi nell'ambito militare da assolvere, quali l'esercizio in formazione, i rilevamenti radio, le riprese fotografiche».
In tale contesto, la tragedia del Muotathal, davanti a una platea europea, può farsi estremamente dannosa per la sostanza non meno che per la reputazione di una Svizzera confrontata, dal profilo politico e militare, con un presente difficile e un futuro aleatorio. Da cui rapido detour dell'attenzione nazionale dagli errori umani di pilotaggio di uno o più ufficiali e graduati coinvolti – sette dei quali peraltro deceduti – per mezzo di solenni celebrazioni, intese a rinsaldare lo «spirito nazionale» valendosi ora del tema del sacrificio «in servizio» di quei soldati. Il 30 agosto 1938 parte dunque l'idea d'un monumento ai sette caduti (inaugurato il 27 agosto 1941) e già il 5 settembre 1939 il compositore e musicista ticinese Waldes Keller risulta avere datato l'autografo del celeberrimo suo motivo Voglio volare, noto anche come La canzone dell'aviatore, divenuto in breve popolarissimo, e in cui le strofe sulle «ali infrante / dei ticinesi» sono sapientemente emulsionate in un contesto patriottico-romantico-bucolico in cui la tragedia a stento è percepibile, soprattutto per chi, ora, ne è lontano o privo degli essenziali riferimenti storiografici.