La Turchia, un laboratorio per l'Islam più moderato

Più volte, nella lotta all'ISIS, si è evocato il ruolo ambiguo della Turchia. Da che parte sta il Paese di Erdogan? Dopo l'abbattimento nei propri cieli di un aereo russo che era lì per attaccare lo Stato islamico l'interrogativo si ripropone con maggiore forza. Mosca è arrivata ad sostenere che Istanbul fa affari col petrolio del Califfato ed Erdogan ha rispedito al mittente ogni accusa. L'Occidente osserva perplesso le oscillazioni turche, tra lotta al terrorismo dell'ISIS (che ha colpito duro anche in Turchia) e lotta alla sfida rappresentata dai curdi. Ci si può davvero fidare di Istanbul? E che tipo di Islam prevale in Turchia, quello «fondamentalista» o quello più aperto alla laicità? Paese tra i più importanti dal punto di vista geopolitico e strategico nella vasta regione mediorientale, la Turchia è un grande laboratorio sperimentale delle trasformazioni all'interno dell'universo musulmano, e «questo fa del Paese un caso unico, un prototipo di Islam alternativo». Parola di Alberto Fabio Ambrosio, insegnante associato all'Université de Lorraine (Metz), visiting professor in varie università e membro del gruppo di ricerca di storia ottomana dell'École des Hautes en Sciences Sociales di Parigi, autore de «L'Islam in Turchia» (Carocci editore, 126 pagine), che spiega la storia dell'espansione dell'islamismo in questo Stato dell'Asia Minore. L'abbiamo intervistato.
Nel primo capitolo del breve saggio suddiviso in quattro parti, Ambrosio esamina come l'Islam giunse e si diffuse nell'altipiano anatolico; nel secondo spiega la pratica religiosa nella sua eccezione ufficiale; nel terzo analizza le caratteristiche del popolo turco, e nel quarto quella forma di Islam che si è sviluppata specialmente in Turchia e si è espressa in lingua turca.
Alberto Fabio Ambrosio, la Turchia che sembrava al riparo da attacchi terroristici dell'ISIS, è stata duramente colpita a Suruc, in ottobre in una marcia per la pace organizzata dai filo-curdi: ci furono un centinaio di morti. Perché quest'attacco?
«Ho assistito in passato a diversi attentati assieme ad altri analisti stranieri, e la riflessione che ne è nata verte sul fatto che la Turchia non può diventare sede di attentati se non di quelli interni. Nel bene o nel male, è una zona franca, e se la zona franca viene colpita, i controlli si faranno più pressanti, perciò colpire la Turchia, non credo sia conveniente neanche per i terroristi. In Turchia c'è un gruppo estremista islamico che potrebbe anche allearsi con l'ISIS, ma non ritengo che ciò possa avvenire in breve tempo».