Il libro

La via «europea» del Ceneri

Un nuovo volume edito da Giampiero Casagrande racconta la storia e le tappe del passaggio ferroviario attraverso il monte - Come si legge in quarta di copertina, «un segmento apparentemente secondario che diventa centrale sia nella narrazione sia quale terza galleria di base»
© CDT/Gabriele Putzu
Paolo Galli
03.10.2023 21:00

Piaccia o meno, la Svizzera si ritrova nel cuore dell’Europa. E il Ticino rappresenta, da sempre, un asse di passaggio verticale per chi da un estremo vuole passare a un altro estremo. Da Sud verso Nord, o viceversa. Siamo, insomma, in mezzo alle scatole. Noi e le nostre Alpi, noi e i nostri monti. E il Monte Ceneri non è ostacolo da poco. Al punto che dividiamo - non solo geograficamente - il nostro cantone in Sopra e Sottoceneri. Attraversare il Monte Ceneri non è mai stato un gioco da ragazzi. Ora Walter Finkbohner e Roland Arnet dedicano alla sua storia, alla storia della via del Monte Ceneri, un ricco volume (La ferrovia del Monte Ceneri. La via del «Monte Ceneri» e l’asse del San Gottardo, ferrovia d’Europa, Giampiero Casagrande editore), presentato lunedì a Bellinzona. Come ricorda in quarta di copertina l’editore stesso, «gli autori di questo volume partono da un segmento apparentemente secondario - la ferrovia del Monte Ceneri, tra Lugano e Bellinzona, lungo l’asse europeo del San Gottardo - ma che diventa centrale sia nella narrazione storica, sia quale terza galleria di base sotto le Alpi svizzere, che tramuta in questo secondo decennio del secolo una ferrovia alpina in una ferrovia di pianura».

Gara con Lucomagno e Spluga

Ma gli investimenti nelle linee di trasporto, nelle grandi infrastrutture, non sono mai qualcosa di scontato, bensì il frutto, come ricorda Remigio Ratti, «di vere e proprie lotte per la loro definizione». La ferrovia del Ceneri rientra in questo discorso e «va inserita in una rete di relazioni, quale prodotto di compromessi tra visioni e obiettivi più ampi, spesso inquadrati da tensioni e interessi divergenti». Già la scelta della via del San Gottardo, infine preferita a quelle attraverso Lucomagno e Spluga, non fu immediata, anzi, al contrario travagliata. Allo stesso modo, ancora oggi assistiamo a un tira e molla tra gruppi di interesse e politica, tra varie realtà regionali e la Confederazione, per un sistema che sembra non accontentare mai nessuno. Basti pensare al prolungamento a Sud di AlpTransit. Lo stesso Ratti, in questo nuovo volume dedicato alla ferrovia del Monte Ceneri, spiega: «La governanza di un sistema infrastrutturale dovrebbe andare di pari passo con gli scenari dello sviluppo territoriale e ambientale, con le relative esigenze di mobilità. Raramente è così; sviluppi o adeguamenti avvengono per salti e con criteri settoriali, sempre sotto la spada di Damocle delle risorse limitate».

Un’epoca di compromessi

Come ricordano gli autori del volume, il Monte Cenere - come è stato chiamato per secoli quello che poi, grazie alla denominazione in lingua tedesca, si è trasformato in Monte Ceneri - «si è sempre rivelato un elemento di divisione. Ci sono sempre state divergenze di opinione tra le due regioni: il Sottocenere, a sud del passo, e il Sopracenere, a nord-ovest. Un esempio è stata sicuramente la scelta sofferta del capoluogo cantonale». Ma nonostante questa divisione, il nostro cantone ha saputo andare oltre, trascinato da alcune figure di spicco, dall’intellettuale Carlo Cattaneo all’ingegnere Pasquale Lucchini, tanto per citarne un paio, e pure dalla spinta dei nostri vicini di casa, di Germania e Italia: si arrivò così, nella seconda metà dell’Ottocento, alla Ferrovia del Gottardo. Nel volume di Finkbohner e Arnet è ben raccontata la successione degli eventi e delle epoche, ma anche delle discussioni, delle pressioni. E si ritorna a quei continui compromessi di cui sopra. Il lavoro di ricerca è stato puntiglioso, e ciò che emerge è in fondo la nostra natura, la natura di un territorio che è sempre stato terra di mezzo e la natura di gente che ha sempre dovuto arrangiarsi. Gente che ha sempre creduto nelle potenzialità della ferrovia. Leggiamo: «I politici e la popolazione ticinese si aspettavano che finalmente con la ferrovia sarebbe arrivata anche la ripresa economica. Questo implicava la creazione di un collegamento affidabile e sicuro dal Sottocenere al Sopracenere. Sull’impervio Monte Cenere vivevano ancora i briganti che assalivano regolarmente non solo i viandanti, ma anche le carrozze». Ecco, terra di briganti, persino.

La corsa inaugurale del 1882

Interessanti, in particolare, quelle pagine in cui si narra delle peripezie per raccogliere i fondi in modo da completare la linea dall’Italia alla Germania, passando per l’appunto da San Gottardo e Ceneri. Peripezie che rendono bene il senso di un territorio legato a ciò che lo circonda. «Il 10 aprile 1882 (110 anni prima rispetto alla votazione su AlpTransit, ndr) partiva la corsa inaugurale del treno a vapore per Lugano con fermate più lunghe a Giubiasco, Bironico e Taverne. La ferrovia del Monte Cenere veniva così aperta ufficialmente al transito, due mesi prima della cerimonia di inaugurazione della galleria del Gottardo e otto mesi prima della messa in funzione della linea via Luino, in un primo tempo pensata come “linea principale”». Il Ticino che si arrabatta e che, alla fine, riesce a cavarsela. Il primo treno che passa e fischia, mentre ancora la linea via Luino è lì che aspetta. È la fotografia di quell’epoca, vissuta in attesa di futuri ricavi, di qualcosa di nuovo. La Ferrovia del Gottardo come una soluzione, insomma, come una via d’uscita dalla povertà di un Ottocento che è stato segnato dalle difficoltà. E da qualche lungimirante (e fischiante) speranza.

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