«L’abbraccio di mio figlio mi ha commosso»

Quando ci apre la porta di casa, Igor Righini è tranquillo. A Pollegio il sole sta pian piano sorgendo e il presidente del Partito socialista si muove con naturalezza in cucina, mentre l’odore del caffè si diffonde nell’aria. Sul frigo, i disegni e le fotografie dei figli. «Sono un uomo di casa – ci confida – o meglio, lo ero già prima di assumere la presidenza del partito. Sapete, è stata un’esperienza bellissima e che ti permette di entrare in contatto con molte persone, non solo del PS». Ma come in tutte le cose, c’è sempre il rovescio della medaglia. E si chiama tempo rubato agli affetti e alle proprie passioni. «È stata una scelta ragionata ma anche sofferta: quando decidi di lasciare è come chiudere una porta alle tue spalle e spegnere la luce. C’è nostalgia. Ma alla fine ho capito che quattro anni potevano bastare. Voglio ritrovare il tempo per la famiglia e il lavoro. Pensate che stamattina, quando mio figlio più piccolo mi ha visto, mi ha abbracciato ringraziandomi per questa scelta. Mi sono commosso». Ma allora quello di Righini è un addio definitivo alla politica? «Sicuramente rimarrà una componente della mia vita, ma le priorità di adesso sono altre. Ho dato quattro anni al partito, assentandomi forse troppo spesso da casa. L’ambiente politico mi piace molto, ma come presidente mi ha assorbito a tal punto da pesare sulla famiglia. Diciamo che i miei figli mi hanno richiamato un po’ all’ordine. Perché, lo ammetto, ci sono stati momenti in questi quattro anni dove non sono stato sufficientemente presente e attento alle loro necessità». Mentre parliamo Lola, il cane di Righini, si aggira in cerca di coccole. «Beh, avrò più tempo anche per portarla a spasso nei boschi o per andare a pescare – sorride Righini – frequenterò più la natura che la politica. E per Natale tornerò a fare i cappelletti».
Il rapporto con Manuele Bertoli
E se Righini ha deciso di comunicare ora la sua scelta forse non è un caso. Insomma, si può scegliere di andarsene dopo aver accusato una sonora sconfitta o sull’onda di un risultato positivo. E Righini appartiene a quest’ultima categoria. È vero che alle federali di ottobre il PS ha perso terreno, ma l’area progressista ha saputo allearsi dopo anni trascorsi a guardarsi in cagnesco - ci scusi Lola - venendo premiata alle urne. Senza dimenticare che sotto la sua guida, il PS ha portato in Consiglio degli Stati la prima donna ticinese, Marina Carobbio, e ha salvato il seggio in Governo di Manuele Bertoli. Consigliere di Stato con il quale, anche nel recente passato, non è però mancato qualche attrito. Leggasi Riforma fiscale. «La base voleva una certa linea politica ed è quella che, in veste di presidente, ho tracciato. Al di là di cosa ne potesse pensare il nostro consigliere di Stato che chiaramente ha un ruolo da rispettare. Non l’avessi fatto - rileva Righini - adesso questo tema starebbe bruciando dentro al partito, indebolendolo. Detto questo, una volta tracciata la rotta il ruolo del presidente è anche quello del mediatore, di riunire le persone attorno a un tavolo e preparare un progetto dal quale ripartire». Ricordando le battaglie passate il presidente non nasconde come «Bertoli ha sicuramente un carattere forte e vuole imporre la sua visione, ma tratta le persone alla pari, indipendentemente dal ruolo. È una persona schietta con la quale si riesce a collaborare bene. Anche se ce n’è voluto di tempo per capirsi».
I Verdi, amici o nemici?
Volgendo lo sguardo ai quattro anni alla testa del partito, il 53.enne traccia un bilancio tutto sommato positivo: «Il momento dove ho provato più soddisfazione è stato quando siamo riusciti a costruire un progetto politico insieme all’area rossoverde. Per contro, il mio maggior rimpianto è stato quando non siamo riusciti a stringere questa collaborazione per le cantonali. Avanzando a ranghi sparsi non si ottengono i risultati». Un messaggio questo che vuole forse essere d’invito alle sezioni? Non dimentichiamo che le comunali di aprile sono dietro l’angolo e che, a Bellinzona, questa collaborazione non c’è. «Purtroppo si sta verificando quanto già accaduto alle cantonali - rileva - le diatribe vengono spostate su un piano personale rendendo impossibile una collaborazione». Per il presidente del PS «oggi i Verdi sono così forti perché rappresentano i primattori nella lotta al cambiamento climatico. Sono l’originale. D’altra parte ho l’impressione che con il tempo l’emergenza climatica farà parte del DNA di tutti i partiti. In futuro la vera emergenza sarà dunque quella sociale ed è lì che il PS dovrà recitare un ruolo di primo piano». Il tempo scorre veloce. Salutandoci sulla porta di casa, lo sguardo di Righini cade sull’orto. «Quest’anno non è stato al suo massimo splendore, ma dall’anno prossimo avrò più tempo per occuparmene».
L’architetto prestato alla politica e quell’invito a sognare
Quando è stato eletto dal Congresso cantonale, nel 2016, Igor Righini era l’outsider della politica, l’uomo arrivato dal nulla. Lontano dai banchi del Gran Consiglio, nel suo primo intervento davanti alla base si era descritto come «non un trascinatore, ma una persona umile e determinata a portare avanti un discorso d’insieme». «Scegliendo me - commenta oggi Righini - il partito ha optato per una persona del popolo, non un leader del partito. E questo è stato un chiaro segnale anche all’indirizzo del PS che doveva tornare ad essere vicino alla gente». Un appello che Righini auspica possa essere ripreso anche da chi - a metà febbraio quando si riunirà il Congresso - raccoglierà il testimone. Successore o successori. Sì perché per la prima volta nel PS a prendere le redini del PS potrebbe essere una copresidenza uomo-donna. «Gli statuti sono stati modificati per consentire una simile eventualità, non dimentichiamo che una copresidenza permette di dividere lo sforzo permettendo magari anche a delle giovani mamme di assumere la carica». Nell’attesa, per Righini «il PS non deve dimenticarsi di sognare un mondo migliore e di porre sul tavolo della politica delle soluzioni, anche utopiche, per raggiungere questo obiettivo». Significa che il gruppo parlamentare è diventato troppo istituzionale dimenticandosi, appunto, di sognare? «Sì. Il mio è un invito al gruppo parlamentare del PS ma più in generale a tutta l’area progressista del Parlamento che deve imparare ad unirsi per portare avanti un progetto politico d’insieme su due problematiche - l’emergenza sociale e climatica - che sono prioritarie». Ma la vena da architetto non si riflette solo sulla casa, progettata proprio da Righini e dove a predominare è un connubio di legno, vetro e granito, ma anche quando parla di politica. «La politica è realtà. Ma le idee servono a costruire il mondo. Non c’è progetto di architettura che non nasca da un’idea».