Il caso

L'acquisizione di Credit Suisse costa 50 miliardi «in più»?

Stando a un'analisi della Schweiz am Wochenende, è sbagliato parlare di 200 miliardi di franchi di investimento da parte di Confederazione e BNS: «Sono 259»
© KEYSTONE / MICHAEL BUHOLZER
Red. Online
25.03.2023 10:18

L'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS avrà un «costo» di 200 miliardi di franchi per Confederazione e Banca nazionale svizzera (BNS). Così è stato detto e ribadito negli ultimi sei giorni. Ma oggi, la Schweiz am Wochenende, solleva una questione: «Non sono 200 miliardi, ma 259».

L'annuncio

Era domenica 19 marzo, sei giorni fa: UBS acquisisce Credit Suisse (CS) per 3 miliardi di franchi e lo Stato interviene con decine di miliardi, con il diritto d’urgenza e mettendo in pratica fuori uso le regole sulla concorrenza. Da due banche «too big to fail» nasce un colosso ancora più grande. Alle 19.30 l'ufficialità di un «salvataggio d’emergenza», come è stato definito in conferenza stampa, e un’operazione che ha visto in prima fila il Consiglio federale. Proprio il Governo, infatti, per ridurre eventuali rischi per UBS, ha deciso di accordare alla banca una garanzia di 9 miliardi di franchi per l’assunzione di potenziali perdite. A questi si aggiungono altri 100 miliardi di franchi in prestiti erogabili al bisogno dalla Banca nazionale svizzera, ma garantiti dalla Confederazione. La linea di credito da 50 miliardi aperta la settimana precedente dalla BNS è stata nel frattempo raddoppiata. In pratica è stato creato un fondo, presente già in altre legislazioni (Emergency LiquidityAssistance, ELA), che eroga prestiti solo a fronte di adeguate garanzie accettate dalla BNS. Il presidente della direzione della Banca nazionale svizzera (BNS) Thomas Jordan ha quindi annunciato che il suo istituto garantirà alle due banche liquidità per al massimo 200 miliardi di franchi. Ma non è tutto: per tutelare UBS la Confederazione ha fornito inoltre una garanzia di 9 miliardi per far fronte ai rischi di perdita dell'operazione.

«Non si tratta di un salvataggio, ma di un'operazione commerciale», ha chiosato la consigliera federale Karin Keller-Sutter. La responsabile del Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha anche difeso la strategia di non rendere noti ulteriori aiuti negli ultimi giorni dopo il primo prestito di 50 miliardi di franchi concesso dalla BNS il mercoledì.

Insomma, per permettere l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS si è reso necessario l'intervento della Confederazione e della Banca nazionale svizzera (BNS), sia in termini di garanzie di liquidità per oltre 200 miliardi di franchi sia di copertura di eventuali perdite per 9 miliardi di franchi. Ma parlare di «200+9» è sbagliato, stando alla Schweiz am Wochenende.

Il presidente della direzione della Banca nazionale svizzera (BNS) Thomas Jordan, due giorni fa, si è espresso in conferenza stampa a Zurigo dopo le decisioni trimestrali di politica monetaria (la BNS ha alzato il tasso guida dall'1,0% all'1,5%). Il vicepresidente della BNS Martin Schlegel ha poi spiegato la concessione di liquidità «a tre livelli» .Innanzitutto «entrambe le banche hanno accesso illimitato agli schemi di finanziamento della BNS in essere già da molto tempo». Possono ottenere liquidità contro titoli di prim’ordine nel quadro del cosiddetto schema di rifinanziamento straordinario (SRS) che permette di superare temporanee e impreviste carenze di liquidità. Inoltre, la BNS fornisce un sostegno straordinario di liquidità («Emergency Liquidity Assistance», ELA). «A copertura dei prestiti ELA è prevista la cessione in garanzia a favore della Banca nazionale di crediti ipotecari svizzeri o la costituzione in pegno di valori mobiliari». Il secondo livello prevede che Credit Suisse e UBS abbiano accesso a un sostegno supplementare di liquidità (ELA+). «Possibilità creata il 16 marzo scorso, sulla base di un’ordinanza di necessità del Consiglio federale, la quale prevede un sostegno straordinario di liquidità per un ammontare complessivo massimo di 100 miliardi di franchi senza alcuna garanzia in contropartita» e gode di un trattamento privilegiato in caso di fallimento. In questo caso, «il credito della BNS verrebbe rimborsato con un elevato grado di priorità. Solo pochi altri crediti hanno precedenza su quello della BNS», come stipendi o depositi protetti da garanzia. Il terzo e ultimo livello dà un sostegno di liquidità fino a un importo massimo di 100 miliardi di franchi, ed è a disposizione di Credit Suisse nell’ambito di un cosiddetto «Public Liquidity Backstop» (PLB). Anche questa possibilità è stata adottata da Berna il 16 marzo scorso. Approvvigionamento di liquidità che gode anch’esso da parte della BNS di un trattamento privilegiato in caso di fallimento. Il credito è inoltre coperto da una garanzia rilasciata dalla Confederazione.

Nel disegno di legge comunicato domenica scorsa, quindi, «mancava l'aiuto di liquidità contro il privilegio fallimentare di 50 miliardi di franchi» quale sostegno supplementare di liquidità (ELA+). «La Svizzera sta quindi investendo un importo di 259 miliardi di franchi, e non di 200 come originariamente annunciato». Un «errore di comunicazione», conclude la Schweiz am Wochenende (che ha ricevuto conferma dalla BNS sulla cifra), probabilmente dovuto al caos che ha preceduto l'annuncio di domenica sera.

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