«L’Anno Santo di papa Francesco nel segno della speranza»

Simona Negruzzo insegna Storia moderna all’Università di Pavia e Storia della Chiesa alla Facoltà di Teologia di Lugano. Con lei tracciamo il profilo storico dell’Anno Santo della speranza indetto da papa Francesco e analizziamo il senso delle celebrazioni a esso legate.
Professoressa Negruzzo, nella notte del 24 dicembre prossimo papa Francesco aprirà la porta di San Pietro dando il via alle celebrazioni del 31.esimo Anno Santo della Chiesa cattolica. Che cos’è, in sintesi, un Anno Santo? E perché si celebra?
«La tradizione cristiana ha ripreso una tradizione ebraica relativa al tempo del giubileo: un tempo straordinario, quasi una parentesi di riposo, di consolazione e di ripartenza. Un momento di grazia, nel quale è contenuta una dimensione anche ideale e profetica. Il vocabolo giubileo, come sappiamo, deriva dal termine ebraico Yobel, e fa riferimento al corno di ariete e al suono che richiamava l’inizio di questo anno particolare. Lo Yobel era legato anche alla tradizione mosaica e al principio secondo cui nel tempo è concesso agli esseri umani la possibilità di ritrovare sé stessi e soprattutto Dio. In questo recupero c’è una valenza simbolica, un richiamo a tornare al senso autentico dell’adesione al messaggio di fede, il messaggio di un Dio padre che in qualche modo libera Israele, e al tempo stesso gli restituisce una dignità».
Il Cristianesimo ha recuperato dalla tradizione ebraica dello Yobel quattro elementi, che lei definisce «misure sociali», di straordinaria attualità. Vuole descriverli?
«Certamente. La prima misura riguarda la necessità di lasciar riposare la Terra. Di darle, cioè, un ritmo, far sì che non sia in qualche modo erosa da tutto ciò che gli uomini vogliono trarne. La Terra è madre, ma è essa stessa prodotto della creazione. Ha quindi bisogno di rispetto e di attese. Nulla di più attuale, se si pensa allo sfruttamento delle risorse o alla questione climatica. La seconda misura è la cancellazione dei debiti. Altro tema su cui papa Francesco è tornato in maniera veemente, chiedendo di eliminare soprattutto l’indebitamento dei Paesi più poveri e sottolineando ancora una volta come il Giubileo sia un tempo di generosità e di perdono. La terza misura richiama la liberazione degli schiavi, ovviamente in una società in cui la schiavitù era un elemento consustanziale. Tuttavia, per certi aspetti esistono forme moderne di schiavitù che si potrebbero in qualche modo accostare, per analogia, a quelle storiche: pensiamo al lavoro e alla prostituzione minorile o alla tratta delle donne. Infine, la quarta misura identificata dalla tradizione ebraica è la rinuncia alla proprietà, ovvero comprendere come nulla ci sia stato dato per sempre».


Il motto scelto da papa Francesco per questo Anno Santo è «Peregrinantes in spem», pellegrini nella speranza. Il viaggio, il pellegrinaggio, sono da sempre fondamento delle celebrazioni giubilari. Perché?
«Perché il pellegrinaggio è simbolicamente l’attuazione della messa, la realizzazione concreta del viaggio che ciascuno di noi compie verso la casa del Padre. Di qui, l’idea di promuoverlo lungo un intero anno: un momento di riscoperta dei valori a cui tutti siamo chiamati a intonare la nostra vita, se siamo credenti, ovviamente. Questa disponibilità la inventa san Francesco e la suggerisce anche Pietro da Morrone, papa Celestino V, con la perdonanza legata al pellegrinaggio alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio. Ed è quindi fatta propria e codificata da papa Bonifacio VIII con il Giubileo del 1300, facendo leva sull’utilizzo della pratica indulgenziaria in funzione della remissione della pene».
Indulgenze che, due secoli dopo, divennero il duro terreno di scontro con Martin Lutero e causa scatenante della riforma protestante.
«Sì. Da un lato, Martin Lutero mette in discussione il principio della mediazione. Com’è possibile, si chiede Lutero, che la Chiesa, istituzione voluta e immaginata da Cristo stesso ma con un volto terreno, possa arrogarsi l’autorità o l’autorevolezza di infliggere o annullare queste pene? Dall’altro lato, al di là della pratica in sé, forse il problema più grande per Lutero è la progressiva associazione delle indulgenze alle erogazioni di denaro, inizialmente pensate come offerte libere e poi diventate praticamente obbligatorie. Se ci pensiamo, ancora oggi la tradizione della raccolta delle offerte durante la messa è una bellissima realtà che viene svilita da un gesto un po’ automatico, filtrato dal denaro. Ecco, la pratica indulgenziaria, con il passare dei secoli, soprattutto dal XV in poi, divenne un automatismo: a un tot di sconto di pena fu attribuita una cifra, trasformandosi quasi in una sorta di compravendita della remissione delle pene».


Professoressa Negruzzo, veniamo al tempo nostro. E a questo Papa, che un anno dopo la sua elezione ha convocato un Anno Santo straordinario dedicato alla Misericordia. E adesso si appresta a celebrare il suo secondo Giubileo - dedicato alla speranza - nella cadenza ordinaria del venticinquesimo. La speranza di un cambiamento che il pontefice giudica necessario: nel rapporto tra l’uomo e la natura e tra l’uomo e i suoi simili. Pensa che questa possa essere una chiave di lettura?
«Credo di sì. Sicuramente, nel discorso di Bergoglio torna spesso il richiamo alla maternità della Terra e alla necessità di concepire il pianeta come uno degli elementi che il Creatore ha plasmato per l’uomo, ma di cui l’uomo deve godere evitando ogni sfruttamento o umiliazione. E poi c’è la speranza intesa come la disponibilità di portare il proprio cuore a chi ha più bisogno: miseri cor dare. Un gesto che è un po’ il leitmotiv di questo papato e, se vuole, anche dell’impegno stesso di Jorge Mario Bergoglio vescovo, il quale lo ha scelto come motto episcopale (Miserando atque eligendo, “Guardando con sentimento di amore e scegliendo”, una frase tratta dalle omelie di san Beda il Venerabile, ndr) e ha poi continuato ad associarlo alla sua azione come pontefice. Francesco intende la misericordia come l’apertura del singolo, dell’individuo, verso una speranza da compiere assieme agli altri. Ai peregrinantes, a coloro che muovono insieme verso Dio. Perché non è solo il singolo che riceve la misericordia; non è il singolo, da solo, a essere chiamato ad andare verso la speranza».
Molti si domandano se nel XXI secolo abbia ancora un senso celebrare un Anno Santo. Le chiedo, allora: qual è, oggi, il significato di un Anno Santo?
«Penso che questo tempo straordinario rimanga una necessità. È un momento che stimola la riflessione e il ripensamento anche in chi non crede. L’Anno Santo, in qualche modo, sollecita un approfondimento e indirizza verso una conversione che non va intesa soltanto dal punto di vista della fede. Convertire significa cambiare verso, provare a mettere qualcosa di nuovo nella nostra esistenza, nel tempo presente. Abbiamo bisogno di questo. Perché è vero che i fatti sono dirompenti e che l’attualità entra nella nostra vita con tutta la drammaticità, la confusione e a volte l’incomprensione di certe situazioni. Ma nel groviglio di questi conflitti ci si deve pure fermare. E pensare. Ad esempio, quanto sia scandaloso che oggi il mondo sia in guerra».
Il varco a San Pietro sarà aperto la notte di Natale
L’inaugurazione
Papa Francesco inaugurerà il Giubileo con il rito di apertura della porta santa della Basilica di San Pietro alle 19 del 24 dicembre prossimo. Subito dopo presiederà la messa di Natale.
L’indizione
Francesco ha indetto l’Anno Santo 2025 con la bolla Spes non confundit il 9 maggio scorso. Il Papa ha scelto come motto del Giubileo Peregrinantes in spem. Pellegrini nella speranza.
La storia
L’Anno Santo del 2025 è il 31.esimo della storia. Il primo fu indetto da papa Bonifacio VIII con la bolla Antiquorum habet il 22 febbraio 1300. Il XX secolo è stato quello con il maggior numero di Anni Santi (ben 7).
In Ticino
Nella diocesi di Lugano il Giubileo sarà aperto domenica 29 dicembre, alle 10, con una solenne celebrazione pontificale nella Cattedrale di San Lorenzo presieduta dall’amministratore apostolico, monsignor Alain de Raemy. Nell’àmbito dell’Anno Santo, in Ticino sono previsti in totale altri 30 eventi (l’elenco è pubblicato sul sito della diocesi).
La chiusura
L’Anno Santo terminerà il 6 gennaio 2026 con la cerimonia di chiusura della porta a San Pietro. Nella diocesi di Lugano la chiusura sarà anticipata a domenica 28 dicembre 2025.