Aviazione

L’appello degli aerodromi svizzeri: «Così rischiamo di non sopravvivere»

L’associazione che difende gli interessi dei piccoli e dei medi scali della Confederazione, fra cui quello di Lugano-Agno, chiede un ripensamento alla politica sulle misure di risparmio nel settore del controllo del traffico aereo - Il direttore: «Avremmo seri problemi finanziari»
©Gabriele Putzu
Giona Carcano
26.05.2025 06:00

L’ultimo allarme è stato lanciato dalle associazioni economiche ticinesi, che a metà aprile avevano espresso «forte preoccupazione per gli effetti che un eventuale taglio dei circa 5 milioni di franchi annui destinati all’aeroporto di Lugano-Agno avrebbe sulla sopravvivenza dello scalo. Tali fondi, destinati in gran parte a garantire la sicurezza tramite Skyguide, sono irrinunciabili». L’aeroporto ticinese «è un nodo strategico per l’economia, la mobilità e l’attrattività dell’intero Paese»: di qui, l’appello a non tagliare sul settore. «Il ruolo nazionale dell’unico scalo a sud delle Alpi deve essere riconosciuto». Il tema, lo avrete capito, è la sforbiciata prevista nel piano di riequilibrio dei conti della Confederazione commissionato a un gruppo di esperti e messo in consultazione a inizio maggio. Le misure riguardanti gli aeroporti regionali svizzeri (8 in tutto, compreso appunto quello di Lugano-Agno) ammontano a una trentina di milioni di franchi.

I fondi vanno altrove

L’associazione svizzera degli aerodromi si è da subito schierata contro il taglio che potrebbe portare a un ridimensionamento - se non alla chiusura - di alcuni scali. Per fare il punto alla situazione, abbiamo interpellato Jorge V. Pardo, direttore dell’associazione, il quale innanzitutto chiarisce la natura dei tagli proposti. «Molti non sanno che le risorse finanziarie utilizzate per finanziare il controllo del traffico aereo negli aeroporti regionali provengono da un fondo che non è alimentato dalla Confederazione, bensì dai proventi delle tasse provenienti dal carburante per gli aerei». I soldi, come fa notare Pardo, provengono solo dall’aviazione generale e dall’aeronautica (che comprende le tasse di avvicinamento), non dalla grande aviazione. «In questo senso, la Confederazione ha solo il compito di eseguire l’esecuzione del fondo, ossia la distribuzione dei finanziamenti agli aeroporti», secondo una chiave di riparto basata sulle fatture emesse annualmente da Skyguide per il controllo del traffico aereo regionale. A questa somma, di circa 35 milioni di franchi, viene poi addebitata l’IVA. Al di là degli aspetti tecnici, resta la questione fondamentale: «La misura contenuta nel pacchetto di risparmi propone di utilizzare i soldi di quel fondo per altri compiti di Skyguide», sottolinea il direttore dell’associazione. «A conti fatti non si tratta dunque di un risparmio, ma di dirottare quei soldi altrove, a scapito degli aeroporti regionali». Una mossa che, se si concretizzasse, sarebbe una mazzata per il settore. Il piccolo scalo di San Gallo-Altenrhein, ad esempio, potrebbe non esistere più. «Al momento non è ancora chiaro se ci saranno delle chiusure», osserva Pardo. «Tuttavia, se in futuro gli aeroporti regionali non potessero più contare sulle risorse finanziarie del fondo speciale per il trasporto aereo, gli scali di Berna, Lugano, San Gallo-Altenrhein, Grenchen, La Chaux-de-Fonds/Les Éplatures, Buochs, Sion e Samedan si troverebbero ad affrontare problemi finanziari molto seri, tali da metterne in discussione la sopravvivenza».

Se la scuola varca il confine

In generale, il taglio dei finanziamenti andrebbe a colpire un settore particolare, e che da anni va avanti (con qualche eccezione) con fatica. «Gli aeroporti svizzeri di piccole e medie dimensioni costituiscono un sistema altamente specializzato, che serve un mercato di nicchia», spiega il direttore dell’associazione. «Il personale è relativamente poco mentre i margini di guadagno sono ridotti. Tutto questo rende l’intero settore sensibile alle decisioni politiche e all’eccessiva regolamentazione». Ma la funzione di queste strutture va oltre gli appassionati di volo o all’aviazione business. «La maggior parte degli aeroporti regionali genera un valore aggiunto a tutta l’economia e non vengono utilizzati per divertimento», aggiunge ancora il dirigente. Un’altra caratteristica è l’indotto generato dagli scali regionali: «Il panorama aeroportuale svizzero è caratterizzato da infrastrutture decentralizzate: i privati, le aziende di servizi aeroportuali, i fornitori e alcune società multinazionali si appoggiano a queste strutture. Ed è da qui che nasce la prossima generazione di professionisti dell’aviazione svizzera». Strutture da cui dipendono, quindi, un gran numero di posti di lavoro. Un altro pilastro dell’aviazione svizzera è poi costituito dalle scuole di volo. In caso di tagli, anche loro potrebbero essere toccate da vicino. «O costrette a spostarsi oltre confine per mantenere l’attività», nota Pardo.

Costi troppo elevati

L’associazione, viste le prospettive poco serene, sta lavorando da mesi per cercare di scongiurare le misure di risparmio che toccano il settore. «Cerchiamo di informare i politici che esiste una soluzione per garantire un controllo del traffico aereo più economica per quanto riguarda gli aeroporti regionali». La parola chiave, in questo senso, è esternalizzare. Il progetto «Skyguide National», propone infatti di affidare il controllo aereo negli aeroporti regionali a una filiale specializzata. L’associazione, inoltre, critica l’evoluzione dei costi di Skyguide. «A parità di volume di traffico, rispetto al 2011 i costi del personale sono aumentati in modo sproporzionato fino al 2023», scrive l’associazione in una nota. «In quanto proprietaria di Skyguide, la Confederazione dovrebbe esaminare criticamente questo andamento dei costi, soprattutto perché - al contrario - ci si aspettava una riduzione dei costi grazie all’ottimizzazione delle attrezzature tecniche degli aeroporti, già messa in atto dagli scali regionali». Molte compagnie aeree e operatori escludono di utilizzare gli aerodromi senza controllo del traffico aereo. Il mix di traffico (di linea e charter, business jet, elicotteri, piccoli aerei, alianti, voli di addestramento, droni e paracadutisti) comporta un elevato livello di complessità, che richiede il controllo del traffico aereo per una gestione sicura. Ecco perché, per abbattere i costi di gestione, si potrebbe pensare di appoggiarsi a un altro fornitore di servizi di controllo aereo. «Ci sono quattro aziende straniere attive in questo settore che vorrebbero accedere al mercato svizzero», commenta Pardo. Un mercato che però, di fatto, è un monopolio. «Non ci sono le condizioni quadro che consentano la concorrenza in questo settore. Inoltre, aprire il mercato all’estero non sarebbe nemmeno necessario se si creasse una filiale di Skyguide dedicata al traffico aereo regionale e calibrata in maniera corretta in termini di costi».

Come noto, anche l’aeroporto di Lugano-Agno potrebbe essere vittima delle misure di risparmio della Confederazione. Lo scalo luganese, che rientra nella categoria degli aerodromi regionali svizzeri, rischia di perdere circa 5 milioni di franchi all’anno. Un «buco» che costringerebbe la struttura a chiedere dei finanziamenti alla Città o al Cantone. Contro l’eventualità di questi tagli, si è espresso recentemente anche il Consiglio di Stato. Nella risposta alla consultazione inviata al Dipartimento federale della finanze, il Governo ticinese - oltre a chiudere la porta a qualsiasi misura proposta nel documento - ha dedicato un corposo capitolo anche al tema dei piccoli aeroporti. «La riduzione del finanziamento federale destinato ai servizi di sicurezza di avvicinamento e di decollo presso gli aerodromi regionali di Buochs, La Chaux-de-Fonds, Lugano, Samedan, Sion e San Gallo-Altenrhein - salvaguardando unicamente gli interessi della Confederazione legati alla garanzia della formazione aeronautica nella procedura strumentale e all’esecuzione dei voli di Stato per gli aeroporti di Grenchen e Berna - è assolutamente inspiegabile, ingiustificata se non addirittura punitiva nei confronti dei sei aeroporti regionali, che si vedrebbero privati delle risorse federali sin qui erogate a danno dell’intero settore dell’aviazione generale», scrive il Governo. Ma non finisce qui: l’Esecutivo, infatti, invita a rispettare quanto deciso dal Parlamento cinque anni fa. «Questa decisione», riprende la risposta, «appare ancora più inspiegabile alla luce dell’accoglimento nel dicembre del 2020 della mozione che chiedeva al Consiglio federale di modificare le,basi legali in modo da garantire a lungo termine il sostegno finanziario degli aerodromi regionali, oggi assicurato dalla Confederazione, senza introdurre un nuovo compito congiunto con i Cantoni, riconoscendo esplicitamente il ruolo fondamentale degli aeroporti regionali». Nella mozione, infatti, è riportato che «oltre agli aeroporti nazionali, anche gli aerodromi regionali svolgono importanti funzioni per il settore aeronautico, l’economia e la sicurezza del Paese». Il Governo indica quindi altri passaggi del citato atto parlamentare. «Si sottolinea che gli aerodromi regionali - dato il loro numero di movimenti relativamente modesto - non hanno le stesse possibilità degli aeroporti nazionali di trasferire i costi generati dalla sicurezza sui passeggeri o sulle compagnie aeree». Allo stesso modo, l’eventuale creazione di un nuovo compito congiunto con i Cantoni non è «né opportuno né conforme ai principi di ripartizione dei compiti, secondo cui i compiti statali devono essere attribuiti nel modo più chiaro e trasparente possibile. Infine, la Confederazione dispone anche di fonti di finanziamento per l’adempimento di questo compito». Insomma, la via da seguire per sostenere gli aeroporti regionali è già stata scritta e approvata, e non va tradita con un colpo di spugna. Di qui, la richiesta del Consiglio di Stato «di rinunciare alla messa in vigore del pacchetto di misure di sgravio della Confederazione che risulterebbe particolarmente penalizzante per l’intero settore dell’aviazione generale e in netta contrapposizione con il ruolo fondamentale svolto dagli aeroporti regionali a favore dell’economia e della sicurezza del Paese».