L’arrocchino senza Zali scalda la politica ticinese

Claudio Zali, uno dei due protagonisti del cosiddetto «arrocchino», non presenzierà alla seduta straordinaria del Gran Consiglio in programma lunedì a Palazzo dei Congressi di Lugano. Con poche righe inviate all’Ufficio presidenziale del Parlamento, il consigliere di Stato ha fatto sapere - come anticipato dalla Regione - che, appunto, non sarà presente assieme ai colleghi di governo, senza specificare le ragioni. Anche se, va detto, secondo la Legge sul Gran Consiglio non sussiste l’obbligo formale di presenza alle sedute del Legislativo da parte dei membri dell’Esecutivo. Ad ogni modo, la scelza di Zali, vista la portata istituzionale della questione dello scambio di competenze dipartimentali, è andata di traverso a buona parte dello spettro politico ticinese. Se il presidente dell’UDC Piero Marchesi (cfr. pagina 4) spiega che «l’assenza si commenta da sé», il Movimento per il Socialismo – primo promotore della seduta straordinaria – ci va giù pesante. «Poco importa se 37 deputati hanno chiesto spiegazioni precise e un documento che l’Esecutivo probabilmente non consegnerà (ndr. il Governo era stato incaricato di redigere un rapporto sulla decisione presa in Valle Bedretto)», attacca l’MpS sulla sua pagina Facebook. «Ci si trincera dietro la legge, ma resta la questione politica: cosa significa sfuggire dal confronto proprio quando si è i protagonisti del dossier»? L’MpS va oltre, e se la prende anche con il Governo: «Sembra l’ennesima prova di arroganza: decisioni prese a porte chiuse e mal digerite, senza la volontà reale di spiegare nulla né al Parlamento né ai cittadini».
Un’assenza che non piace
Ad ogni modo, l’assenza del consigliere di Stato non va giù nemmeno ai partiti di Governo. «Si tratta dell’ennesima occasione sprecata da parte di Zali di dare un minimo segnale di apertura, di rispetto istituzionale e di dialogo nei confronti del Parlamento», argomenta Fabrizio Sirica, co-presidente socialista. «Ormai non si contano più le occasioni sprecate da parte sua. Se in questo modo pensa di portare qualcosa di positivo al Cantone, si sbaglia di grosso». Lapidario anche il commento di Fiorenzo Dadò, presidente del Centro. «Premetto che personalmente non ero d’accordo di convocare la seduta straordinaria. Ma visto che comunque la riunione ci sarà, il minimo che doveva fare il consigliere di Stato - tra gli artefici di questo casino - era quello di presenziare alla seduta e dare risposte al Paese». Dadò aggiunge, con una certa ironia: «Da quel che si vede, nonostante i suoi colleghi di Governo - anche quelli contrari all’arrocco - abbiano cercato una soluzione per assecondare i suoi desideri e disdetto i loro impegni per partecipare alla seduta di lunedì, lo spirito collaborativo è tornato quello di sempre». Anche Alessandro Speziali presidente del PLR, non le manda a dire. «Come partito, nonostante riteniamo totalmente inutile la seduta, di fronte alla convocazione per rispetto istituzionale abbiamo deciso di partecipare», dice. Ciò che invece non ha fatto Zali, «un consigliere di Stato direttamente coinvolto. Non condividiamo la sua decisione di non esserci». Ma Speziali va oltre: «Dopo tutto quello che è successo, mi aspettavo che il Consiglio di Stato cambiasse marcia e non arrivasse sulla difensiva, bensì a petto in fuori spiegando i motivi di tale decisione».
Più cauto, evidentemente, il commento di Daniele Piccaluga, coordinatore della Lega e ideatore dell’arrocchino, il quale fa sapere di aver preso atto della decisione di Zali. E, ribadendo che si tratta di una scelta che spetta al singolo consigliere di Stato, Piccaluga aggiunge che in questi giorni ne discuterà personalmente con lo stesso Zali.