Gli incendi

L’Australia non è più un Paese per koala

Al di là del dramma in sé e delle vittime umane, a colpire l’attenzione globale è stato il numero evidenziato dal WWF relativo alle ingenti perdite di animali
© WWF-Australia / David Caird / Newspix
Paolo Galli
09.01.2020 06:00

Gli incendi che da settembre stanno devastando l’Australia hanno causato sin qui almeno ventisei vittime umane, ma il numero che forse, più di ogni altro, ha contribuito a destare l’attenzione globale è quello riferito agli animali uccisi. Un miliardo. Sì, il WWF ha parlato di un miliardo di animali, morti tra le fiamme o, indirettamente, a causa della siccità. Le cifre, spiega l’organizzazione, sono state calcolate «utilizzando una metodologia che stima l’impatto del disboscamento sulla fauna australiana ed estrapolate dagli studi del professore Chris Dickman dell’Università di Sydney. Si tratta di una perdita straziante, che comprende migliaia di preziosi koala della costa centro-nord del New South Wales, insieme ad altre specie iconiche come canguri, wallaby, petauri, cacatua, potoroo e uccelli melifagi».

Interventi in corso e futuri
Mentre le autorità australiane continuano a indagare sulla natura, complessa, degli incendi - e a intervenire sulle assurde colpe umane - è proprio quel numero, quel miliardo, ad avere lasciato un segno. Ne abbiamo parlato con Susanna Petrone, portavoce di WWF Svizzera. «I colleghi australiani hanno già stanziato delle raccolte fondi e stanno lavorando sul terreno. Da una parte si tratta di mettere a disposizione, ora come ora, i propri centri sanitari specializzati per curare, operare e recuperare gli animali toccati. Dall’altra, passata la fase più critica, si dovrà cercare di capire dove piantare gli alberi e ricreare la biodiversità andata perduta, anch’essa bruciata, svanita. Le varie sezioni di WWF si stanno adoperando, ciascuna, a raccogliere le donazioni per poi inviarle in Australia. Ci stiamo avviando anche in Svizzera».

Habitat devastato
Quando si parla della morte indiretta di questi animali, ci si riferisce ai danni accusati dalla fauna e dai luoghi selvaggi e incontaminati del Paese, naturali habitat di molte specie. Luoghi che poi impiegheranno decenni per riprendersi. Ma nel frattempo quelle specie rischiano l’estinzione. Susanna Petrone: «È un dramma, perché sono specie legate completamente al proprio habitat. Vale per gli stessi koala, che possono vivere solo in determinate foreste e mangiare solo determinate piante di eucalipto, ma vale anche per gli altri animali».

Il rischio di estinzione
Tra foto autentiche e montaggi a effetto, sono proprio i koala i protagonisti principali, loro malgrado, di questo dramma. Icona dell’animale esotico, agli occhi dell’Occidente, dell’animale da fiaba. «Sono animali pacifici e contribuiscono, con le altre specie, a mantenere intatto l’ordine naturale delle foreste in cui abitano. Ma qualsiasi animale ha un motivo di esistere. Il koala, certo, oltre a essere il simbolo dell’Australia, è il tipico animale che piace ai bambini, di cui popola la fantasia. Non voglio nemmeno pensare alla possibilità di perdere una specie così. Un anno fa se n’era tanto parlato, della sua possibile estinzione. C’era chi vedeva i koala come tecnicamente estinti. I nostri scienziati si erano mantenuti più sobri, sul tema, mentre oggi, dopo queste perdite, dopo questa apocalisse, confermano il rischio». Un rischio legato anche alla deforestazione, non soltanto alle fiamme divampate in questi mesi. «Purtroppo l’Australia continua a puntare sul fossile, devastando intere foreste», sottolinea ancora Susanna Petrone.

La deforestazione
Il tema della deforestazione è tornato d’attualità, nelle cronache di quanto sta accadendo. La stessa Petrone aveva già sottolineato in passato la scarsa predisposizione dell’Australia alla tutela dell’ambiente. «Parliamo di un Paese che mette a rischio la Grande barriera corallina - prosegue Petrone - I leader politici australiani non sembrano curarsi del futuro. Lo dimostrano anche lasciando spazio ai bulldozer, devastando intere foreste, essenziali per l’esistenza di questi animali e delle varie sottospecie. Non è solo una foresta ad andare in fumo, bensì un ecosistema». Chiarisce: «Quando oggi parliamo di un miliardo di animali uccisi, parliamo anche delle sottospecie, di insetti e anfibi, essenziali nel mantenere intatto un sistema, già fragile a causa dei cambiamenti climatici. Ma davvero vogliamo continuare a vivere in un mondo che sacrifica le proprie specie animali? Ma davvero mio figlio non potrà più immaginare animali fantastici come i koala? Ci stiamo andando molto vicino. Questa è la nostra realtà globale, non riguarda solo l’Australia. Tant’è vero che il fumo ha già raggiunto il Sud America. Ciò che oggi vive l’Australia, riguarda tutti noi».

La situazione

Grazie alle recenti piogge e alle continue operazioni di contenimento delle fiamme, la situazione in Australia appare leggermente migliorata rispetto agli scorsi giorni, ma a partire dal prossimo weekend potrebbe tornare a peggiorare. Si teme infatti un nuovo rialzo delle temperature, ma anche che alcuni incendi possano unirsi tra loro, guadagnando quindi in potenza. Insomma, l’ottimismo appare a termine. C’è chi infatti sottolinea una sorta di «stato di guerra». Non sarà una questione di giorni, né di settimane forse. Per quanto riguarda la ricostruzione dell’ecosistema, una volta superata questa drammatica fase, sarà invece una questione di decenni. Per ora, va ricordato, gli incendi (oltre duecento quelli attivi al momento) hanno causato 26 vittime umane, ma anche - stando al WWF, la cifra è frutto di una proiezione - la perdita di oltre un miliardo di animali. Sempre secondo l’organizzazione internazionale, sarebbero 8,4 i miliardi di ettari di terreno bruciati.

Le cause

Gli incendi australiani sono spesso causati dai fulmini, ma (circa la metà) anche dagli uomini. In questi secondi casi, si può trattare di «semplici» colpe, di negligenze, ma anche di intenzioni dolose. Non a caso in questi giorni si è parlato di tanti fermi e di 24 persone accusate di aver appiccato gli incendi deliberatamente. Una volta lanciato, un rogo si propaga molto velocemente quando le temperature sono tanto alte e le piogge così scarse - il 2019 australiano è stato il più secco dal 1900 - anche grazie a quel fenomeno chiamato «firestorm», una sorta di vento di fuoco. E va considerato, naturalmente, il riscaldamento globale, che favorisce alcuni fenomeni estremi, come - è questo il caso - il dipolo dell’oceano Indiano, che portano aria secca e di conseguenza periodi di forte siccità. Il Governo australiano è, non da oggi, accusato di profonda pigrizia in termini di tutela ambientale - d’altronde l’estrazione e l’esportazione di carbone continuano a essere centrali nel mondo Down Under - Ma tale pigrizia, non inedita, non può essere considerata come la miccia del dramma nello specifico.

Tra realtà e finzione

Come spesso accade in questi casi, anche la realtà australiana ha iniziato ad assumere vizi legati alla propria distorsione. I debunker hanno infatti già smascherato vari casi di fake news e, soprattutto, di fotomontaggi. Il fotomontaggio più noto riguarda la ragazzina che, con i piedi nell’acqua - come a fuggire dalle fiamme -, tiene in braccio un koala, indossando una maschera protettiva. Un’immagine diventata in fretta simbolo della situazione, ma appunto frutto di una ricostruzione grafica. Esattamente come la mappa 3D dei roghi: non uno scatto della NASA, come supposto da molti, bensì una ricostruzione appunto tridimensionale della sovrapposizione di un mese di roghi da parte di un artista di Brisbane. Fenomeni virali che non nascono come inganni - e che non sono neppure lontani dalla realtà - ma che hanno finito con l’essere comunque strumentalizzati.

Il messaggio del Papa

«Fra voi c’è un gruppo dell’Australia. Io vorrei chiedere a tutti di pregare il Signore perché aiuti il popolo in questo momento difficile, con quel rogo tanto forte. Sono vicino al popolo dell’Australia». Lo ha detto ieri papa Francesco «a braccio» al termine dell’udienza generale nell’Aula Paolo VI. «Rivolgo un cordiale benvenuto anche ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dall’Iraq, dal Libano, dalla Siria e dal Medio Oriente. Nei momenti più tristi della nostra vita, nei momenti più angoscianti e di prova non dobbiamo avere paura ed essere audaci come lo è stato Paolo, perché Dio veglia su di noi, è sempre vicino a noi. Il Signore vi benedica tutti e vi protegga sempre dal maligno», ha sottolineato il Pontefice.

In questo articolo: