Sanità

Le cure a domicilio alzano l’asticella: esteso l’obbligo del contratto collettivo

Il Consiglio di Stato ha introdotto requisiti più restrittivi per gli operatori del settore – Con la modifica, tutti gli attori saranno obbligati ad aderire alle medesime condizioni lavorative - Il presidente della paritetica Roberto Mora: «Contro chi specula sui salari»
©Chiara Zocchetti
Francesco Pellegrinelli
23.12.2025 06:00

Più controlli e maggiore trasparenza. Il settore delle cure a domicilio compie un ulteriore passo nella lotta contro gli abusi. Dopo aver introdotto nel 2024 una moratoria sulle nuove autorizzazioni a esercitare a carico della LAMal per gli infermieri indipendenti e per le organizzazioni che li impiegano, il Consiglio di Stato, ora, ha esteso l’obbligo di adesione al Contratto collettivo di lavoro (CCL) a tutti i attori attivi nel settore in Ticino. «Fino ad oggi questo requisito riguardava unicamente i servizi di assistenza e cure a domicilio (SACD) che avevano stipulato un contratto di prestazione con il Cantone», spiega al Corriere del Ticino il direttore della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie del Dipartimento della sanità e socialità (DSS), Gabriele Fattorini.

I servizi di assistenza e cure a domicilio (SACD) autorizzati a esercitare in Ticino – ricordiamo – sono 81; di questi, 67 hanno stipulato nel 2025 un contratto di prestazione con il Cantone. In sostanza, anche i 14 SACD che operano senza un contratto di prestazione saranno ora tenuti ad aderire al CCL del settore oppure, in alternativa, a garantire condizioni di impiego equivalenti: «Con questa decisione il Cantone ha voluto estendere all’intero settore condizioni di lavoro chiare e disciplinate, in termini di salario minimo, tempo di lavoro, riposo e qualità delle cure», spiega ancora Fattorini. Una scelta che al contempo mira a garantire una maggiore tutela dei dipendenti e una qualità omogenea delle cure a beneficio degli utenti finali. «Anche chi non sarà firmatario di un CCL sarà tenuto a rispettare queste condizioni». In particolare, sarà la commissione paritetica a occuparsi di verificare il rispetto dei requisiti lavorativi. «Per i detentori di un CCL, questa verifica avverrà attraverso le ispezioni ordinarie; per chi, invece, non aderisce formalmente al CCL, saranno richieste certificazioni di conformità». La revisione del regolamento sui requisiti essenziali decisa dal Consiglio di Stato su proposta del DSS riguarderà anche i centri diurni. La norma entrerà in vigore il 1. gennaio, con un termine transitorio di adeguamento sino al 30 giugno 2026. Come detto, in primo luogo, l’estensione dell’obbligo del CCL consentirà di uniformare le condizioni di impiego tra gli attori, con un impatto positivo sulla qualità del servizio. «L’obiettivo è di applicare a tutti gli attori le medesime condizioni di lavoro, evitando possibili speculazioni legate alla mancata applicazione del CCL», sottolinea.

Servirà un master

Parallelamente, spiega ancora Fattorini, verrà elevato anche il livello formativo richiesto per esercitare la funzione di direttore sanitario SACD: mentre finora era di principio sufficiente un diploma of advanced studies (DAS), verrà d’ora in avanti richiesto l’ottenimento di un master of advanced studies (MAS) in gestione sanitaria. Chiediamo: è ipotizzabile che qualcuno sia costretto a rinunciare alla propria attività poiché privo della necessaria formazione specialistica? «In realtà, anche in questo caso è previsto un congruo periodo per adeguarsi al nuovo regolamento. Il termine è stato fissato al 2031, tenuto conto che il ciclo biennale del master inizierà nel 2029».

Per evitare il fuggi fuggi

Se è vero che la revisione del regolamento riguarda un numero limitato di attori (attualmente sono 14 le strutture non soggette al CCL), è altrettanto vero che la decisione del Governo mira anche a evitare che qualcuno in futuro possa scegliere di uscire dalla convenzione con il Cantone e dall’obbligo di sottostare al CCL, spiega ancora Fattorini: «In effetti, con il Preventivo 2026 il Gran Consiglio ha approvato l’introduzione di una partecipazione finanziaria ai costi cantonali delle cure a domicilio a carico degli utenti finali». Si tratta di una novità prevista già in altri Cantoni. Il costo non è ancora stato fissato, ma le prime stime parlano di circa 7 franchi a prestazione. «Ebbene, il timore era che questo nuovo meccanismo di partecipazione potesse indurre alcune organizzazioni ad abbandonare la convenzione cantonale e il CCL per diventare più concorrenziali nei confronti dei pazienti». Di qui, appunto, la decisione di estendere l’obbligo di adesione al CCL a tutto il settore, disincentivando, di fatto, l’uscita dal contratto di prestazione con il Cantone e quindi dal CCL. In sostanza, l’estensione dell’obbligo del CCL non solo garantisce parità di trattamento e condizioni di lavoro uniformi, ma protegge anche la stabilità del sistema delle cure a domicilio, assicurando che qualità e continuità dei servizi restino saldamente ancorate agli standard cantonali.

Maggiore ordine

«Sono modifiche che accogliamo con grande favore», commenta da noi raggiunto Roberto Mora, presidente della commissione paritetica del settore. «Trattandosi di un comparto economico in cui le prestazioni sono finanziate dalla LAMal, non si applica a pieno titolo il principio della concorrenza. Per questo motivo è fondamentale che tutti gli attori rispettino le medesime condizioni, soprattutto sul piano salariale. E che, al contempo, le risorse siano impiegate correttamente a favore del personale, di cui il settore ha un bisogno crescente», aggiunge Mora. Detto altrimenti, affinché il settore resti attrattivo è necessario riconoscere il valore del lavoro svolto dal personale. «Il livello dei salari rappresenta il 90% dei nostri costi». Allo stesso tempo, precisa Mora, con l’estensione dell’obbligatorietà del CCL a tutto il settore, le 14 organizzazioni che fino a oggi fatturavano alla LAMal senza richiedere al Cantone la partecipazione ai costi residui, avranno poche possibilità di continuare senza stipulare un contratto. «Indirettamente, di fatto, saranno spinte – per non dire obbligate – a firmare un contratto di prestazione con il Cantone», aggiunge Mora. Andando ad aumentare i salari minimi, difficilmente questi attori potranno infatti evitare di chiedere la partecipazione del Cantone ai costi. «Questo meccanismo, in definitiva, porterà maggiore trasparenza e uniformità tra gli attori, ad eccezione degli infermieri indipendenti, che non sono soggetti al CCL. Proprio su questo punto dovremo continuare a lavorare per garantire le tutele necessarie», conclude Mora.