Le «guerre» cellulari

I mitocondri, questi (s)conosciuti. Si sa che sono i generatori di energia delle nostre cellule sotto forma di molecole di ATP che, come batterie, danno la carica al resto della cellula. Scoperti da Albert von Kölliker nel 1857 nei muscoli volontari degli insetti, questi «piccoli grani» presenti da 100 a 500 nelle cellule umane medie, «in questi ultimi 2-3 hanno visto esplodere la letteratura al loro riguardo che sta aprendo prospettive nuove sia per quello che riguarda la comprensione delle loro funzioni, sia per la loro implicazione in varie patologie umane, il cancro ma forse ancor più le malattie infiammatorie, metaboliche, neurodegenerative come le malattie di Alzheimer e Parkinson». Ad introdurci «nell’incredibile» mondo dei mitocondri è il professore Catapano, dal 2003 al 2023 direttore dell’Istituto oncologico di ricerca (IOR) con sede a Bellinzona e sempre a capo del Gruppo di ricerca di Terapie sperimentali.
In principio erano i batteri
«I mitocondri sono originati probabilmente come batteri - parliamo di un paio di miliardi fa - che sono stati inglobati all’interno della cellula. Da questo deriverebbe la loro struttura a forma di sacchettino con una doppia membrana, esterna e interna, con quest’ultima invaginata a formare le cosiddette creste, che caratterizzano la funzione principale dei mitocondri, la produzione di energia. La loro derivazione da batteri ha inoltre portato i mitocondri a conservare un DNA mitocondriale responsabile della produzione di alcune proteine essenziali per le funzioni mitocondriali, soprattutto della catena respiratoria».
Flessibilità e diversificazione mitocondriale
«La struttura del mitocondrio - sempre più studiata - è estremamente flessibile e corrisponde alle diverse condizioni in cui l’organello può venirsi a trovare. Possono essere rotondeggianti, piccoli, si possono allungare a seguito di mutate condizioni della cellula». Altro aspetto la diversificazione. «In organi diversi o all’interno dello stesso organo come il fegato, i mitocondri sono diversi tra loro, questo implica che le funzioni svolte dai mitocondri siano diverse. Se capiamo quali funzioni determinano quale patologia, allora possiamo agire in maniera selettiva per intervenire»
«Trasduzione di segnali»
«Oltre alle funzioni metaboliche, si è scoperto che i mitocondri hanno funzioni che chiamiamo di «trasduzione di segnali». Non solo centrali che producono energia, quindi, ma anche produttori di segnali che influenzano il comportamento degli altri mitocondri, degli altri organelli presenti nella cellula e del nucleo.
Una molteplicità di funzioni e processi mitocondriali che entrano in gioco per mantenere l’omeostasi, ossia la tendenza naturale degli organismi viventi - siano essi cellule, individui o comunità - al raggiungimento o al mantenimento dell’equilibrio vitale. «Ma come per qualsiasi cosa c’è il rischio che qualcosa non funzioni al meglio innescando processi patologici che si pensa possano avere a che fare con l’origine endosimbiotica dei mitocondri», prosegue il ricercatore dello IOR.
«Mi fanno male i mitocondri»
Comprendere sempre meglio quello che già siamo - incredibilmente complessi – ha portato il Gruppo di ricerca di Terapie sperimentali guidato da Carlo Catapano a sviluppare negli anni linee di studio e di ricerca che vedono protagonisti i mitocondri «nella formazione e nell’evoluzione del tumore verso forme più maligne e aggressive», spiega il professore. «Studiando ad esempio il tumore della prostata e del fegato abbiamo visto che nelle fasi di cosiddetta progressione del tumore primario, quando diventa più aggressivo e invasivo fino a formare metastasi, è in corso un’importante attività mitocondriale». Un’altra linea di studio riguarda «le cellule tumorali staminali, ossia cellule tumorali che mantengono o acquisiscono capacità simili a quelle delle cellule staminali normali, come la capacità di auto rinnovarsi e di mantenersi giovani in continuazione. In questo caso abbiamo osservato che le cellule staminali tumorali non solo iniziano e propagano il tumore, ma determinano anche la metastatizzazione del tumore negli altri organi e il fallimento delle terapie. Qui i mitocondri svolgono un ruolo fondamentale nella possibilità di arrestare il processo di proliferazione». Cercare di capire i processi specifici delle cellule tumorali e il loro legame con le alterazioni mitocondriali è per così dire il «pane» quotidiano dei ricercatori della squadra diretta da Carlo Catapano. «Processi che se compresi, consentono di bloccare le cellule tumorali grazie ad esempio alla veicolazione di farmaci che vanno a colpire in modo mirato queste e non tutte le cellule dell’organismo».
I mitocondri questi «vieppiù» conosciuti, che le cellule tumorali utilizzano per propagarsi e crescere e che a Bellinzona si stanno studiando alacremente per trovare delle terapie e realizzare dei farmaci. «Qualche farmaco lo abbiamo, ma in fase precoce, poi stiamo cercando di sviluppare altri tipi di approccio, non più farmi tradizionali, come anticorpi, RNA...»